Europa e ogm, la decisione che delude entrambe le parti
Da un lato gli stati membri potranno opporsi senza motivazioni scientifiche. Dall'altro non ci saranno risarcimenti per la contaminazione e gli ambientalisti temono il potere delle lobby
CRONACA – 480 voti a favore, 159 voti contrari e 58 astenuti. Sono i numeri con i quali il Parlamento europeo a Strasburgo ha approvato le nuove norme in materia di coltivazioni ogm, dopo quattro anni di negoziati, scegliendo di lasciare la libertà di decidere ai singoli: ogni stato membro dell’UE potrà scegliere in totale autonomia di permettere o meno la coltivazione sul proprio territorio, a prescindere dal parere della Commissione europea e delle valutazioni condotte dall’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, che si occupa e occuperà di approvare i singoli ogm.
Nel caso la decisione sia quella di bloccare la coltivazione di uno o più organismi geneticamente modificati, le motivazioni in mano a uno stato possono variare da ragioni di politica ambientale, di pianificazione urbana e rurale, di politica agricola o riguardanti il possibile impatto socio-economico. Come anche proteggere un particolare ecosistema oppure, in parole povere, voler semplicemente scongiurare il rischio che altri prodotti non-ogm vengano contaminati dalle colture ogm. Per “difendere” l’agricoltura biologica e potersi definire ogm-free. Ed è così che sul fronte biotecnologie l’Unione Europea non sarà più un mercato unico.
Questione di mesi
A quando i fatti? Presto pare. “Uno Stato membro potrà decidere per ogni varietà di mais, grano o altro se consentire o vietare la coltivazione”, ha spiegato Giovanni La Via, presidente della commissione Ambiente, Salute pubblica e Sicurezza sociale del Parlamento europeo. “Le nuove regole entreranno in vigore in primavera, credo potremmo avere le prime autorizzazioni per la semina autunnale nei paesi che lo vorranno”.
Anche in Italia i tempi di recepimento sono stimati in mesi: completato il testo questo andrà recepito da tutti gli stati membri, ed è allora che -iniziate anche le domande di approvazione delle multinazionali- ogni singolo stato potrà dare o meno il via libera. E qui da noi, commenta La Via in un’intervista ad Agronotizie, probabilmente vedremo un dibattito in cui detrattori e sostenitori discuteranno ancora della sicurezza degli ogm. E infine sarà il governo a decidere.
Un altro elemento intorno al quale ruota molto scetticismo: le autorizzazioni alla semina per i paesi pro ogm saranno davvero velocizzate e “snellite” rispetto all’iter odierno? Se c’è una certezza, secondo La Via, è che per i paesi che vogliono vietare la coltivazione sul territorio nazionale ora sarà molto più semplice farlo. Perché fino ad adesso non c’era una base giuridica a impedire la coltivazione ogm, mentre il nuovo percorso di autorizzazione è stato pensato in due fasi: in una prima fase la ditta stessa produttrice di ogm fa richiesta di poter coltivare, in una seconda fase prendono posizione gli stati membri che vogliono opporsi a questa coltivazione sul loro territorio.
La questione fa discutere, non ha in realtà mai smesso di farlo, perché se ancora non esistono studi a sostegno del timore che gli ogm siano pericolosi per la salute umana, il timore persiste in una fetta di popolazione piuttosto ampia. Una fetta rappresentata anche da europarlamentari come Kateřina Konečná (Sinistra Unitaria Europea, Sinistra Verde Nordica Gue/Ngl), secondo la quale “il problema è che l’impatto sulla salute non è oggetto di una discussione pubblica e gli studi esistenti sono in gran parte finanziati dalle lobby pro ogm”.
Una libertà di scelta che ha lasciato quasi tutti insoddisfatti
Se da una parte Legambiente si è dichiarata soddisfatta, ritenendo che le nuove decisioni siano comunque un notevole passo avanti, molti ambientalisti pensano si tratti complessivamente di un fallimento. Perché a fronte di una maggiore autonomia degli stati membri vi sarebbe anche una maggior facilità dei singoli a “subire le pressioni” delle multinazionali, un tipo di influenza che finora la decisione a livello comunitario non permetteva. Si tratta di una novità normativa che presenta dei “difetti cruciali”, ha commentato Marco Contiero, Eu agriculture policy director di Greenpeace, perché darà alle industrie biotech la possibilità di negoziare direttamente con i governi eletti.
Sul fronte opposto, secondo il gruppo The European Association for Bioindustries (EuropaBio), i nuovi provvedimenti faranno sì che gli stati possano chiudere la porta agli ogm anche senza valide motivazioni scientifiche per farlo. Si tratta di un grave precedente in tema di regolazione del mercato interno, ha commentato Beat Spaeth di EuropaBio, che danneggerà in futuro tutte quelle decisioni che dovrebbero basarsi unicamente su criteri scientifici.
Ancora nel dimenticatoio rimangono alcune questioni non secondarie: ad esempio quella delle importazioni delle colture ogm. Che in Europa coltiviamo decisamente poco, ma se non le importassimo da altri paesi difficilmente soddisferemmo la richiesta degli allevamenti nostrani. Come anche il fatto che, di conseguenza, ogm sono gran parte dei mangimi animali che si utilizzano in tutto il continente (ma difficilmente lo troverete scritto sull’etichetta delle bistecche).
Compromessi
Quello raggiunto “rappresenta l’unico accordo possibile, e come ogni buon compromesso lascia un po’ di amaro in bocca a tutte le parti coinvolte”, ha spiegato La Via. E infatti anche sull’altro fronte rimangono elementi nebulosi: chi avrà il permesso di coltivare ogm sui propri terreni dovrà impegnarsi a non contaminare in alcun modo i raccolti altrui. Eppure non si è parlato di eventuali provvedimenti in merito, o di istituire un fondo dedicato ai risarcimenti per chi vedesse gli ogm del vicino arrivare nei suoi campi non-ogm.
Questo nonostante la contaminazione, tra trasporto e stoccaggio dei prodotti, sia difficile da evitare. Oltre ovviamente al normale “lavoro” di impollinazione effettuato dalle piante. Il dibattito in merito è stato piuttosto acceso, ha spiegato La Via, “un dialogo forte tra Consiglio e Parlamento” ma non si è arrivati a una maggioranza tale da poter introdurre i risarcimenti.
Un rischio difficilmente scongiurabile, quello della contaminazione, se non utilizzando delle serre per la coltivazione o interponendo tra i campi ogm e non ogm una distanza che non dovrebbe essere inferiore ai 200 metri di distanza. Il che, probabilmente, non sarebbe comunque sufficiente. Per quanto riguarda le serre è proprio quanto pianifica di fare Giorgio Fidenato, il leader degli Agricoltori Federati che tempo in Friuli porta avanti la sua battaglia pro-biotech e ha dichiarato “Il Friuli Venezia Giulia non è assolutamente ogm free, come ha trionfalmente annunciato il vicepresidente della Regione, Bolzonello: nelle prossime settimane procederemo all’ennesima semina di Mon 810, questa volta utilizzando delle serre. La Regione si prepari, la comunicazione preventiva alla semina di ogm è già pronta ad essere inviata alle autorità competenti e stavolta non sarò soltanto io a procedere con questo tipo di sementi ogm”.
In Europa intanto -dopo la bocciatura della patata ogm Amflora nel 2013- l’unica coltivazione ogm permessa è proprio quella del mais MON 810 della multinazionale americana Monsanto, concentrato principalmente sul territorio della Spagna (che insieme al Regno Unito chiedeva da tempo dei cambiamenti nelle politiche europee sugli ogm) e in minima parte in Slovacchia, Repubblica Ceca, Portogallo e Romania, per un totale di 0.07% delle superfici agricole europee.
In Italia non è vietato importare il MON 810 ma dal 2013 lo è coltivarlo. Un divieto che il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina ha già annunciato di voler rinnovare. Non resta quindi che aspettare per vedere se effettivamente i provvedimenti saranno questione di mesi, mentre una decisione a lungo termine è già stata presa in sede parlamentare: tra quattro anni esatti questa nuova normativa in materia di ogm verrà sottoposta a revisione, per stabilirne l’efficacia.
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Crediti immagine: European Parliament, Flickr