Il Sole sintetico
Ricreate in laboratorio le condizioni che si trovano all'interno del nostro astro, un utile punto di partenza per capirne il funzionamento
SCOPERTE – Il luogo più misterioso dell’Universo è il centro di una stella: l’osservazione da lontano è troppo confusa, mentre l’analisi ravvicinata è impossibile a causa delle alte temperature. È pure raro che le teorie che descrivono le condizioni dei nuclei stellari siano dimostrate, perché riprodurre quell’ambiente in laboratorio è un’impresa estrema.
Ma malgrado le difficoltà, Jim Bailey e collaboratori sono riusciti a ricreare il nucleo solare in laboratorio: il ferro è stato portato a temperature pari a 2,2 miliardi di gradi Celsius, e questa volta il pezzo di metallo era grande abbastanza tanto che ha resistito per un tempo sufficiente per consentire le misure sperimentali.
Ci sono voluti dieci anni per ottenere i dati cercati ed è stato necessario usare la più potente sorgente di raggi x, la Z machine dei Sandia Labs, ma tutti gli sforzi del gruppo di ricerca sono valsi a una pubblicazione uscita su Nature all’inizio dell’anno.
Per creare il nucleo solare è stato necessario bombardare il pezzo di ferro con un’energia pari a 80 mila miliardi di watt e con scariche ripetute, ciascuna delle quali durava solo 100 nanosecondi.
Tuttavia l’impresa di Bailey non è tanto importante per le condizioni estreme in cui è stata effettuata o che è riuscita a riprodurre, quanto piuttosto per i dati derivati dalle osservazioni del materiale ottenuto dalla fusione.
Infatti il ferro in queste condizioni sperimentali ha dimostrato un’opacità dal 30 al 400% superiore a quella che si era ipotizzata, dove per opacità si intende la capacità di ostacolare il trasporto di energia radiativa che si sviluppa dalle reazioni di fusione nucleare. L’opacità è un elemento importante nel processo che riguarda il modo in cui l’energia prodotta al centro del Sole viene irradiata fuori.
Se è vero questo ruolo del ferro nell’inibire la trasmissione di energia dal centro del Sole fino ai margini della Zona Radiativa, quella che si estende tra il Nucleo e la Zona Convettiva, allora forse il Modello Solare Standard che descrive il comportamento delle stelle non è una teoria da rivedere.
In questo modello era sorta qualche discrepanza nel 2000, nel momento in cui alcuni scienziati erano stati costratti a diminuire la concentrazione solare di alcuni elementi (come ossigeno, azoto e carbonio) capaci di assorbire energia in seguito all’analisi degli spettri raccolti dal Sole. La rarefazione di questi elementi implicava che l’energia arrivasse ai margini della Zona Radiativa più rapidamente di quanto osservato sperimentalmente, cosa che imponeva una revisione dei calcoli teorici che sostenevano il Modello Solare Standard.
L’introduzione dei dati relativi al ferro non chiarisce completamente le differenze tra la teoria e quanto osservato in pratica. “Quello che è stato rilevato rappresenta solo il 50% del cambiamento di opacità necessaria per risolvere il mistero del Sole”, ha detto Bailey. “Tuttavia il ferro è solo uno degli elementi presenti”. Sono 20 gli elementi da aggiungere al ferro che resta pur sempre più abbondante, e ci sono anche grandi intervalli di temperature e densità da testare. La ricerca, che proseguirà saggiando le differenti condizioni, è importante perché a partire dal Sole, che è la stella più vicina a noi sarà estesa per spiegare il funzionamento di tutte le altre stelle.
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.
Crediti immagine: Martin Cathrae, Flickr