SCOPERTE

Come nasce una convenzione sociale

Dai nomi più strani per i bambini fino a quelle "regole" che seguiamo in modo automatico: il consenso sociale emerge spontaneamente

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SCOPERTE – Fortunatamente viviamo ancora in un momento storico in cui è difficile ci venga in mente di chiamare i nostri figli Chanel o Nathan Falco, ma non è detto che la sobrietà nel dare i nomi ai figli duri ancora a lungo. Circa 15 anni fa negli Stati Uniti ben pochi avrebbero dato ai pargoli il nome Aiden, che si trovava nella triste 324esima posizione nella lista dei nomi più popolari. Ma a un certo punto tutto è cambiato e Aiden è saltato tra i preferiti, addirittura nella top 20. Come è successo?

C’è chi dà la colpa a Sex and the City (ve lo ricordate il povero Aiden e il suo sventurato amore per Carrie?) ma uno studio dell’Università della Pennsylvania propone una spiegazione alternativa, più scientifica dicono: tutto, dai nomi più “normali” da dare ai bambini fino agli standard e alle convenzioni che rispettiamo ogni giorno quasi automaticamente, emerge nelle società all’improvviso, praticamente dal nulla, anche senza l’intervento di fattori esterni.

Lo studio è The Spontaneous Emergence of Conventions ed è stato pubblicato sulla rivista PNAS a firma di Andrea Baronchelli della City University London e David Centola della University of Pennsylvania. “È un errore comune pensare che questi processi facciano capo a un qualche leader o ai media, coordinando la popolazione”, spiega Centola”. Abbiamo mostrato che possono essere dovuti a nulla più che la normale interazione tra le persone nelle reti sociali”. I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni sfruttando un gioco al computer online, un Name Game che si sono inventati di sana pianta.

I vari partecipanti guardavano delle fotografie di persone con accanto dei nomi e dovevano scegliere il nome più adatto alla foto. Ogniqualvolta si trovavano d’accordo con un compagno di gioco vincevano un po’ di soldi, altrimenti li perdevano ma potevano guardare cos’aveva scelto l’altro. Gli scienziati hanno reclutato 24 persone e le hanno accoppiate (nessuno di loro sapeva con chi era in coppia né conosceva lo scopo del gioco) prima a gruppi di quattro in base alla vicinanza geografica, poi in gruppi di quattro casuali e infine hanno fatto “giocare” ogni persona con tutte le altre per 40 turni. Hanno poi ripetuto l’esperimento con 48 persone e con 96.

La struttura del gioco era sempre la stessa, a cambiare era il modo in cui i partecipanti interagivano gli uni con gli altri. Lo scopo di Centola? Capire in che modo (e se) le persone sarebbero arrivate a un consenso sui nomi. Nei primi due casi, entrambe le tipologie di gruppi di quattro persone, non è successo: alcuni dei nomi possibili sono subito diventati i preferiti (Sarah, Elena, Charlene e Julie), ma non è stato trovato un accordo su un vincitore.

Nello scenario più ampio, invece, quello in cui ogni partecipante è stato appaiato casualmente con tutti gli altri, sembrava a un certo punto che un accordo fosse nuovamente impossibile. Invece nel giro di qualche turno, spiegano i ricercatori, tutti si sono trovati d’accordo su un unico nome. “Il consenso è spontaneamente uscito dal nulla”, commenta Centola. “Prima era il caos, tutti dicevano cose diverse e non si riusciva a coordinarsi. Poi all’improvviso persone che non avevano mai interagito tra loro cominciavano ‘a parlare la stessa lingua’”. I risultati del Name Game si sono sovrapposti al modello matematico dei ricercatori, che avevano cercato di prevedere come la struttura di una rete sociale possa influenzare il processo di coordinazione.

In base al modello sarebbe stato proprio l’appaiamento casuale a permettere a un nome di emergere, un concetto che in fisica prende il nome di symmetry breaking. “Siamo rimasti scioccati da come il comportamento umano abbia rispecchiato così precisamente i nostri modelli”, spiega Centola. La consistenza della scoperta, secondo lui, potrebbe portare la teoria a funzionare su qualsiasi scala. Ad esempio riuscendo a spiegare come le convenzioni sociali riescano a formarsi in gruppi grandi come una nazione. Il lavoro del team di ricerca, compreso come si affermano queste convenzioni, cercherà in futuro di capire come scardinarle. Ovvero in che modo una piccola minoranza possa cambiare le sorti del consenso. E quanto piccola possa essere questa minoranza “rivoluzionaria”. Il che è qualcosa che probabilmente vorremmo tutti sapere.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Travis Wise, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".