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Aspettare il partner perfetto o accontentarsi?

L'evoluzione ha la risposta: meglio scommettere sul compagno/a che si ha a disposizione che aspettare a lungo quello perfetto. Con il rischio che non arrivi mai e i nostri geni non vengano trasmessi

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SCOPERTE – È quasi San Valentino. C’è chi ha un compagno o una compagna, chi è ancora single, chi si trova nel limbo di dover decidere se dare o meno una possibilità a quella persona che sì, è tanto buona e alla fine anche interessante e attraente ma non ha, ecco, quel non so che. Meglio aspettare Mr o Ms Right, la famosa altra metà della mela, o scongiurare ogni rischio e investire nel potenziale partner che già si ha tra le mani?

Il romanticismo vorrebbe che mai ci si “accontenti”, spingendo l’idea che sia meglio aspettare la persona perfetta per noi piuttosto che farsi prendere dalla fretta. Perché tanto la nostra dolce metà ideale a un certo punto arriva. Sì. Ma se non arriva? Qui entra in gioco il consiglio di S. Valentino degli scienziati (e la scienza, si sa, non è particolarmente romantica): scegliere Mr o Ms Okay piuttosto che Mr o Ms Right è la strategia evolutiva migliore. Ed è nella nostra natura agire in questo modo, fin dai primi esseri umani, nel nome del meccanismo noto come avversione al rischio. Ovvero fare la scelta più sicura quando il rischio è particolarmente alto, non nel senso che rimaniamo senza accompagnatore/trice per la serata di San Valentino ma che potremmo attendere talmente a lungo da non riprodurci. E non vedere mai i nostri geni trasmessi alla progenie.

Se invece ci accontentiamo del partner disponibile in quel momento la progenie sì potrebbe essere “qualitativamente inferiore”, ma perlomeno esisterebbe. “Se scegli di aspettare potresti non riprodurti mai”, commenta Chris Adami, professore di microbiologia e genetica molecolare alla Michigan State University e co-autore di uno studio su Scientific Reports davvero poco romantico. “Gli esseri umani primitivi erano costretti a scommettere sulla loro probabilità di trovare o meno un compagno migliore. Potevano scegliere di accoppiarsi con il primo che incontravano, che era potenzialmente inferiore e avrebbe generato con loro una prole inferiore, oppure aspettare per Mr o Ms Right, con la consapevolezza che avrebbero anche potuto non arrivare mai”.

Adami e i suoi colleghi hanno usato un modello creato al computer per tracciare come si evolve il comportamento legato al rischio nel corso di migliaia di generazioni; lo hanno fatto sfruttando degli “organismi digitali” creati apposta e programmati per districarsi tra decisioni rischiose, allo stesso modo in cui lo fanno gli esseri umani in una comunità. “Un singolo potrebbe aspettare per trovare il compagno perfetto ma corre il rischio di ritrovarsi a mani vuote e senza progenie”, spiega Adami. “Prendere la decisione subito e fare la scelta più sicura ti dà un vantaggio evolutivo, se vivi in un gruppo piccolo”.

Ma attenzione, precisano gli scienziati: questa strategia evolutiva ha un senso quando è legata a decisioni fondamentali, che possono fare la differenza. Ad esempio tra trasmettere i propri geni e non farlo. E dipende anche dalle dimensioni della comunità in cui si vive: più è piccola più i suoi componenti eviteranno di correre rischi, principalmente a causa della scarsità di risorse. Il che rende più rilassata la scelta per chi invece vive in comunità più ampie quindi anche voi che abitate in città, piccole o grandi che siano, potete prendere il tempo che vi serve per la scelta. E in generale la scelta è più rilassata per gli esseri umani moderni, che sentono meno l’impellenza di avere una buona fitness.

In ogni caso anche l’evoluzione porta a modifiche su rami differenti, perciò non tutti sviluppano lo stesso livello di avversione al rischio. Non c’è un unico modo corretto di scongiurararlo, ma più comportamenti meno rischiosi che permettono da una parte di non attendere invano e dall’altra di non dover decidere subito. “Non ci evolviamo tutti allo stesso modo”, spiega Adami. “L’evoluzione stabilisce una diversità nei livelli in cui accettiamo il rischio, perciò ci sono persone più propense a correre rischi più grandi rispetto ad altre. Ed è lo stesso fenomeno che abbiamo osservato nella nostra simulazione”.

@Eleonoraseeing

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: fairuz othman, Flickr

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".