Il cervello che compensa per autismo, OCD, dislessia
La memoria dichiarativa sopperisce al malfunzionamento di altri sistemi cerebrali. E aiuta chi soffre di disturbi del neurosviluppo a superarne i limiti
SCOPERTE – Disturbi dello spettro autistico, disturbo ossessivo compulsivo, sindrome di Tourette, dislessia, disturbo specifico del linguaggio (DSL). Tutte le persone che soffrono di uno di questi disordini del neurosviluppo hanno qualcosa in comune: si tratta della memoria dichiarativa (chiamata anche memoria esplicita), un sistema estremamente potente che, nel cervello, cerca di compensare per quello che non funziona.
L’ipotesi arriva dal neuroscienziato Michael Ullman, direttore del Brain and Language Laboratory di Georgetown, che ha pubblicato le sue scoperte su Neuroscience & Biobehavioral Reviews. Secondo Ullman questa compensazione permette alle persone autistiche di imparare una sorta di “copione” per gestire le situazioni sociali. Permette alle persone che soffrono di ocd o di sindrome di Tourette di controllare le proprie compulsioni e tic nervosi, e a chi invece combatte contro la dislessia e il DSL di trovare una qualche strategia per gestire la lettura e i problemi nel linguaggio.
“Ci sono molti sistemi legati all’apprendimento e alla memoria nel cervello, ma tra questi la memoria dichiarativa è la superstar”, spiega Ullman, perché può imparare sia implicitamente che esplicitamente. “È estremamente flessibile e può imparare praticamente tutto. Ed è per questo motivo che può apprendere ogni tipo di strategia di compensazione, arrivando a sostituirsi ai sistemi che non funzionano a dovere”. Come è ovvio, la memoria dichiarativa non riuscirà in tutte le circostanze a svolgere il compito per il quale compensa come lo farebbe il sistema pensato per farlo (ma che non lavora come dovrebbe). Ed è per questo che le persone con questo tipo di disturbi hanno comunque molti problemi anche nella quotidianità.
Ma come sfruttare la teoria di Ullman per migliorare la loro qualità della vita, le terapie che seguono per stare meglio? Prima di tutto elaborando trattamenti che si basino proprio sulla memoria dichiarativa, o che riescano a migliorare l’apprendimento a questo livello. Un accorgimento che va messo in pratica anche in senso contrario: tutti i trattamenti che cercano di evitare la compensazione potrebbero rinforzare i sistemi che non funzionano a dovere. Secondo Ullman queste nuove consapevolezze sciolgono un altro nodo che tiene gli scienziati impegnati da un po’: il fatto che ai maschi questo tipo di disturbi viene diagnosticato più spesso che alle femmine.
“Gli studi suggeriscono che le ragazze e le donne siano ‘più brave’ dei ragazzi e degli uomini a usare la memoria dichiarativa”, spiega il neuroscienziato. “Per questo motivo sono probabilmente in grado di compensare meglio, al punto che la compensazione le mantiene al di fuori di una diagnosi”. Lo stesso tipo di compensazione, conclude, potrebbe entrare in gioco anche in altri disturbi come l’ADHD (il disturbo da deficit di attenzione/iperattività), l’afasia e la malattia di Parkinson. Un’ipotesi che potremmo veder indagata in un prossimo futuro.
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