Fairplay per lo SKA
La sede del più grande e preciso radio-osservatorio mai progettato poteva essere a Padova, ma il governo britannico entra nella decisione a gamba tesa. Mentre il nostro se ne infischia
POLITICA – Dall’inizio si sapeva che lo Square Kilometre Array (SKA) avrebbe avuto un parto complicato, ora il governo britannico rischia di farlo abortire.
In gestazione da quasi dieci anni, lo SKA è il radio-osservatorio più grande e preciso mai progettato. Con migliaia di antenne e parabole collegate dall’interferometria, distribuite in zone distanti dall’inquinamento elettromagnetico, in Sudafrica e in Australia, diventa un collettore di 1 milione di metri quadrati, e promette dati attesi a lungo da astrofisici, cosmologi e fisici teorici. Dovrebbe essere costruito in tre “passi”, il primo tra il 2018 e il 2020 con un finanziamento di 650 milioni.
La sua sede temporanea si trova al Centre for Astrophysics di Jodrell Bank, nel Cheshire, e la settimana scorsa il direttivo doveva approvare la sede definitiva scelta da un comitato di esperti nominato dagli 11 paesi finanziatori. In gara c’erano un edificio ancora da costruire a Jodrell Bank, accanto al radiotelescopio Lovell, a circa 45 minuti in macchina da Manchester, e il Castello Carrarese, proposto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, nel centro di Padova, ora in fase di restauro e sulla torre del quale ci sono le cupole di un glorioso telescopio.
Su Nature, Davide Castelvecchi riferiva il 6 marzo che stando al rapporto mandato dal comitato al direttivo
entrambe le proposte superano le necessità dello SKA. Ma a Padova, la comunità degli astronomi è più ampia che a Manchester, ed è migliore l’accesso agli alberghi e ai ristoranti. La proposta italiana forniva anche informazioni più chiare sul bilancio preventivo.
Sembrava fatta. Invece il direttivo ha rimandato la decisione dopo un intervento a gamba tesa del governo britannico. Sì, la proposta dell’INAF è la migliore in base ai criteri stabiliti dai paesi finanziatori, ma questi criteri non danno sufficiente peso al fatto che la Gran Bretagna si è impegnata a versare in futuro più fondi dell’Italia.
Jodrell Bank è un posto bellissimo da visitare nella verde primavera inglese; da quando è entrato in funzione nel 1957 il Lovell ha registrato molte pulsar tra cui una, nella costellazione della Vela, famosa per il ritmo dei suoi impulsi nelle onde radio; e il Manchester United batte sicuramente il Padova 5 a 0. Ma Padova è una città con risorse che Jodrell Bank si sogna e gli italiani sono noti per la capacità di gestire grandi progetti: dal coordinamento dei telescopi spaziali, negli Stati Uniti, agli esperimenti del CERN passando dalle missioni spaziali europee e dai megatelescopi sulle Ande cilene dello European Southern Observatory. E poi tanti cervelli in fuga creano ottimi legami con le comunità scientifiche locali.
In realtà, il governo britannico aveva già tagliato i fondi all’astronomia nei suoi precedenti bilanci, per incrementare quelli destinati alle applicazioni tecnologiche. Il 12 marzo, un editoriale di Nature rivelava inoltre interferenze grevi
Quando il Regno Unito ha saputo di non aver vinto, ha cercato di cambiare le regole, e di far pressione mandando lettere governative a membri del direttivo dello SKA…. Un’altra lettera (non firmata) del Ministero per l’Innovazione dice “A parità di condizioni – e pari sono secondo i criteri per la sede – non ha senso accrescere enormemente il rischio del progetto spostando la leadership dal Regno Unito all’Italia. Trasferire la leadership richiederebbe al Regno Unito di riesaminare radicalmente la propria partecipazione.”
Per alcuni scienziati e amministratori della scienza, lo SKA è una follia: il Sudafrica ha bisogno di acqua potabile, elettricità, fognature, case popolari… Certo che ne ha bisogno, ma non solo. Appena s’è cominciato a parlare dello SKA, nelle università e nei licei c’è stato entusiasmo per la candidatura del paese. La vittoria nel 2012 – anche se contestata dall’Australia e finita con una condivisione – preludeva a un’iniziativa a lungo termine. Era un esempio di quello che si poteva realizzare una volta al riparo della corruzione, per tutta l’Africa.
Finora il processo di selezione era stato “di una trasparenza esemplare”, scrive Alison Abbott nell’editoriale, ora non più. Qui il governo tace mentre quello britannico si comporta da “bullo nel cortile di ricreazione”. Come si sa, la Presidenza del Consiglio e il Ministero italiano per l’innovazione apprezzano la patafisica più dell’astrofisica: sono stati molto solerti, nel concedere il proprio patrocinio al raduno dei reduci della fusione fredda, che si terrà proprio a Padova in aprile. Molto meno nel difendere la proposta dell’INAF.
Il presidente dell’INAF e dei suoi colleghi ce la faranno da soli? In caso di fairplay è probabile, hanno una reputazione scientifica a prova di bomba. All’estero. Se all’aeroporto di Nairobi, prendete un tassì e dite che venite dall’Italia, il giovane autista vi racconterà di Uhuru (libertà, in swahili), il primo satellite astronomico del continente, ideato da un italiano emigrato in USA che poi ha ricevuto il premio Nobel. Se ne conoscete il nome e la scoperta, vi offre pure una lattina di birra.
Un giorno Matteo Renzi dovrebbe provare. Perfino una straniera si sente fiera del suo paese, chissà lui…
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Crediti immagine: SKA/South Africa