Quel 170% in più di bambini in provetta in 7 anni
Nonostante la crescita nazionale, PMA significa ancora oggi disuguaglianze. A raccontarlo il recente report del Censis
APPROFONDIMENTO – Una crescita vertiginosa quella dei bambini nati grazie alla fecondazione assistita, che nel 2012 sono stati 9800, il 170% in più rispetto al 2005. Le coppie trattate, sempre nel 2012, l’anno più recente di cui si posseggono i dati, sono state 54.458, quasi l’80% in più rispetto a sette anni prima, quando se ne erano contate 30.749. Un ricorso alla Procreazione medicalmente assistita (PMA) che andrebbe di pari passo con una percentuale crescente di infertilità e sterilità delle coppie italiane. Le ragioni? Scarsa informazione sui problemi di infertilità e sulle tecniche di procreazione assistita, oltre alla crisi economica, che secondo il 75% degli intervistati ci avrebbe messo non poco lo zampino. A raccontare questi dati è un recente rapporto curato dal Censis in collaborazione con la fondazione Ibsa, “Diventare genitori oggi”, condotto su un campione di medici e specialisti.
I dati sulla PMA in Italia però, anche se testimoniano che gli italiani si avvicinano sempre di più a questa forma di aiuto, denotano anche profonde disuguaglianze a livello regionale. Due sono i perni attorno a cui ruotano queste disuguaglianze di salute: la presenza di centri specializzati di primo, di secondo e di terzo livello, e la tipologia di questi centri, se si tratta cioè di centri pubblici, convenzionati o privati.
La mappa qui sotto riporta il numero di cicli iniziati con qualsiasi tecnica in donne dai 15 ai 45 anni per milione di donne, e mette il fatto che le differenze regionali sono lapalissiane: al sud il numero dei cicli è mediamente molto inferiore rispetto alle regioni del nord, nord-est in testa. I dati sono tratti dal Registro nazionale PMA.
I numeri in questo senso parlano chiaro: la fecondazione medicalmente assistita è in grossa parte un affare privato: 5 centri su 10 a livello nazionale e addirittura 7 su 10 nel meridione sono privati. Secondo il report del Censis, nel 2012 il 46% dei pazienti con problemi di infertilità sono stati trattati in strutture private (46,6%), il 13,7% sia nel pubblico che nel privato e il rimanente 39,7% unicamente in strutture pubbliche.
La distribuzione dei centri lungo la penisola mostra una distinzione ancora più netta, specie per quanto riguarda quelli in cui si praticano tecniche di I livello, ovvero l’inseminazione intrauterina. Se nelle regioni del nord sono presenti sia centri pubblici che privati, anche se per la maggior parte sono privati, al sud il pubblico è quasi inesistente.
Per quanto riguarda i centri di secondo e terzo livello, dove si praticano tecniche di fecondazione in vitro come FIVET (Fertilization In Vitro Embryo Transfer), GIFT (Gamete Intra-Fallopian Transfer) e ICSI (IntraCytoplasmatic Sperm Injection), il pubblico si presenta in maniera più omogenea, anche se rimane comunque una minoranza rispetto al totale.
Queste differenze riguardanti la possibilità di accedere alla PMA senza dover ricorrere a cure private, non le sottolineano solo questi dati, tratti dal Registro per la procreazione medicalmente assistita, ma anche gli specialisti intervistati dal Censis, e significherebbero, rilevano sempre i medici, un diverso grado di applicazione della famosa legge 40. L’88,7% dei medici evidenzia che non tutte le regioni italiane garantiscono lo stesso livello di qualità nei trattamenti poiché in pratica solo 8 regioni su 10 assicurano la gratuità dell’accesso alle cure per la Pma.
Un dato interessante è che il 76% degli specialisti si è detto d’accordo con una revisione della legge 40 e altrettanti medici affermano che chi ha problemi di fertilità e sterilità in Italia è svantaggiato rispetto a quello che accade nei paesi stranier. 6 medici su 10 dichiarano che la legge abbia di fatto ridotto la possibilità di diventare genitori e uno su 3 è certo che in tutti questi processi la salute della donna viene in questo modo messa in secondo piano.
N.B. Per scaricare gratuitamente al report completo è necessario registrarsi (sempre gratuitamente) sul sito del Censis.
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