POLITICA

I dati meteo, bene comune

La scorsa settimana, si teneva la 17° sessione del congresso dell'Organizzazione meteorologica mondiale (WMO). Uno dei temi in discussione era il libero accesso ai dati.

 

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POLITICA – La WMO gestisce il Global Framework for Weather/Climate Services, e quindi mette a disposizione dei paesi membri

dati di buona qualità, provenienti da data-base nazionali e internazionali, su temperatura, precipitazione, vento, umidità del suolo, condizioni oceaniche nonché mappe, analisi di rischi e vulnerabilità, valutazioni, proiezioni e scenari a lungo termine.  

Uniti alle statistiche e alle mappe locali, sono gli strumenti necessari alle amministrazioni pubbliche per pianificare interventi per l’agricoltura, la sanità, i trasporti, le risorse idriche o le infrastrutture, insomma per tutelare il territorio e i suoi abitanti. Ma spesso i dati meteo dei paesi circostanti non sono accessibili perché i servizi nazionali li vendono, come in Gran Bretagna, o sono insufficienti, come in troppi paesi del terzo mondo, oppure sono considerati “segreto militare”, come in India.

Dal 1998 la Commissione Europea finanzia lo European Climate Assessment & Dataset (ECA&D) che

riceve dati da  66 partecipanti in 62 paesi. Consistono in 41.400 serie di osservazioni provenienti da 10.350 stazioni meteo in Europa e attorno al Mediterraneo…

La qualità è ottima, ma soltanto il 77% delle serie quotidiane può essere scaricato dal sito dell’ECA&D a scopo di ricerca e di educazione, come previsto  dal Global Framework, e in stragrande maggioranza dei paesi nordici. Così sulla mappa dell’Europa i puntini rossi sono le stazioni di rilevamento di cui l’ECA&D può divulgare solo la località, a causa di “norme e leggi nazionali” a tutela di interessi commerciali e/o militari.

Victor Venema dell’Università di Bonn, che presiede la Task Team on Homogenization della Commissione per il clima della WMO e quindi garantisce la qualità del data-base comune, trova la situazione intollerabile. Alla vigilia della conferenza di Ginevra, protestava contro le promesse mai mantenute di condividere i dati esistenti e di aiutare i paesi poveri a dotarsi di un servizio meteo efficiente. Ne va anche dell’utilità del lavoro suo e dei suoi colleghi:

Per ridurre gli errori di misura e le variazioni non climatiche (disomogeneità – negli orari del rilevamento, per esempio, ma ci sono differenze molto più complicate), ci servono reti dense, perché rileviamo e correggiamo questi errori comparando una stazione a quelle vicine. Più sono vicine e più riusciamo a farlo. Ed è particolarmente importante per gli eventi meteo gravi o estremi.

LIBERATE I DATI METEO! 

Quel titolone tutto maiuscolo in rosso non è da lui, sempre gentile e pacato anche con chi lo insulta o lo accusa di “manipolare” i dati. Infatti aggiunge:

Scusate se sembro arrabbiato, ma lo sono. Se mi tolgono la presidenza della commissione, pazienza, non posso continuare a star zitto.

La sua protesta ha ottenuto un mezzo successo. Non l’hanno espulso dalla commissione e la WMO ha “raccomandato” il libero accesso ai dati, ma senza renderlo obbligatorio:

un paese può rifiutare di condividere le serie più importanti: le osservazioni storiche delle stazioni. Dati e prodotti satellitari, osservazioni degli oceani e della criosfera (ghiacci), composizione dell’atmosfera (inclusi gli aerosol) saranno accessibili. Tuttavia sono esenti le informazioni sui deflussi, i laghi e i dati della maggior parte delle stazioni climatiche.

Al vertice sul clima (COP21) che si terrà in dicembre a Parigi, i delegati dei governi decideranno a che cosa destinare il Climate Green Fund, per ora 10 miliardi di dollari promessi e metà sottoscritti, che aiuterà i paesi in via di sviluppo ad affrontare i rischi climatici.

Con questi soldi, dovrebbe essere facile sostenere i servizi meteo dei paesi poveri

scrive Victor Venema che però ha un lavoro. Non ha né il tempo né i mezzi di fare il giro del mondo per spiegare ai governanti che il maltempo non ha frontiere e che è assurdo rivendicare la proprietà privata o nazionale dell’intensità di alluvioni, siccità o uragani. Si domanda se

un gruppo di eminenti scienziati del clima non potrebbe lanciare una petizione.

E se la lanciassero dei cittadini, a cominciare da quelli che vivono su un territorio ad alto rischio idro-geologico? E se la prima firma fosse quella di un “eminente” capo di stato… (1)

(1) Il 18 giugno, uscirà l’enciclica del Papa sul clima. In tema, le Ong brasiliane dell’Observatòrio do clima hanno realizzato un esilarante “trailer hollywoodiano” di 1′ 53”. Il Papa è “A man with connections”, infatti c’è pure Gesù che sale sul ring a dargli una mano…

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Crediti immagine: WMO

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