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Incensi e inquinamento indoor: gli ultimi dati ISS

Rilevate concentrazioni di benzene e di PM10 di 40 e 60 volte superiori rispetto alla soglia consentita

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SALUTE – A confermarlo è un nuovo studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS): gli incensi che ci piace molto bruciare nelle nostre case facendoci sentire immersi in un ashram indiano in realtà possono rivelarsi potenti fonti di inquinamento indoor, con livelli di benzene, PM10 e particelle ultrafini ben al di sopra della soglia fissata dai regolamenti europei. Va detto che questo non vale per tutti gli incensi presenti sul mercato. Ma per molti di questi prodotti, analizzati da un gruppo di ricercatori tra cui Gaetano Settimo (ISS) e Werner Tirler (Eco-Research, Bolzano), pare proprio di sì. I risultati, pubblicati recentemente negli Annali dell’ISS, hanno mostrato concentrazioni di benzene che toccano addirittura i 200 microgrammi per metro cubo, laddove il valore medio annuale non dovrebbe superare i 5 microgrammi. E questo pur tenendo conto del breve periodo di attività dell’incenso. Per il PM10 si sono riscontrati valori di 342 microgrammi per metro cubo, mentre il valore medio prima dell’accensione era 6 microgrammi. Infine, durante la combustione di incenso sono state rilevate in media 173 700 particelle ultrafini per centimetro cubo, quando la media pre-accensione si attesta sulle 18 500 particelle per centimetro cubo.
“Il nostro è stato un lavoro eseguito a tappeto – racconta Settimo – dal momento che abbiamo acquistato una serie di incensi, sia nei negozi specializzati sia nei grandi magazzini. In alcuni casi i valori riscontrati sono stati bassissimi, in altri decisamente allarmanti. E il problema è che spesso non è presente nessuna etichetta che riporti i principali componenti e soprattutto le avvertenze sull’utilizzo in ambienti indoor, come ventilare durante l’utilizzo e utilizzare saltuariamente, come richiesto dal Codice del Consumo”.
Che i consumatori debbano prestare molta attenzione nell’acquisto di questi prodotti non è certo una novità. Già a metà degli anni Duemila la Comunità Europea aveva pubblicato uno studio che riguardava 74 prodotti appartenenti al comparto “air fresheners” cioè non solo incensi ma anche deodoranti per ambienti, candele profumate, gli aerosol, e i diffusori liquidi ed elettrici. “Già dieci anni fa si rilevavano per gli incensi concentrazioni di benzene che oscillavano dai 19 ai 221 microgrammi per metro cubo, un rischio espositivo elevatissimo” spiega Settimo. “Piano piano stiamo migliorando, anche grazie al lavoro massiccio effettuato dalle dogane, ma quello degli incensi è un mercato spesso non regolare, non semplice da mappare e controllare.”
Quello che è certo è che non si tratta di un tema di poco conto, come è testimoniato dal fatto che a livello internazionale ed europeo vi sia una presa di posizione piuttosto netta in merito. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sta portando avanti una campagna di sensibilizzazione sul tema, attraverso per esempio la pubblicazione di un documento specifico sui rischi derivanti dalle combustioni domestiche, compreso l’incenso. “In Francia per esempio – prosegue Settimo – l’obiettivo a cui si mira è quello di proibire la vendita di questi prodotti con emissioni di benzene superiori ai 2 microgrammi metro cubo, in linea con le indicazioni OMS e meno della metà rispetto ai 5 microgrammi fissati dalla direttiva comunitaria 2008/50.”
Come proteggersi dunque? “Sebbene la frequente mancanza di etichette informative faccia sì che non sia semplice per il consumatore scegliere quale incenso acquistare per non rischiare esposizioni elevate, va detto che ci sono alcune accortezze che possono ridurre molto la pericolosità di eventuali incensi inquinanti” conclude Settimo. “Anzitutto aprire sempre le finestre quando si sta bruciando l’incenso e poi soggiornare in un’altra stanza che non sia quella dove la combustione sta avendo luogo e ventilare continuamente”.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Rapporto WHO 2012: sette milioni i morti per l’inquinamento atmosferico

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: van Simkowitz, Flickr

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.