Progressi e sfide della cardiochirurgia pediatrica
La cultura della donazione e gli orizzonti della ricerca nel congresso internazionale che si è tenuto a Verona
SALUTE – Al 22 giugno 2015 sono 63 i pazienti in età pediatrica in lista d’attesa al Centro Nazionale Trapianti (CNT), che hanno necessità di ricevere un cuore nuovo per sperare in un futuro di salute.
La mortalità infantile alla nascita rilevata dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) nel 2012 è di 1710 neonati, pari allo 0,33% dei nati vivi nello stesso anno. Al 9,8% dei nati morti viene attribuita una causa legata a malformazioni congenite del sistema circolatorio. Sul totale dei nati vivi, invece, otto su mille sono affetti da cardiopatie congenite, quelle del cuore essendo in assoluto le malformazioni congenite più comuni. «Ci sono cardiopatie che, se non operate entro sette giorni dalla nascita, portano al decesso del neonato» afferma il Prof. Giovanni Battista Luciani, responsabile dell’Unità di Cardiochirurgia Pediatrica di Verona e responsabile scientifico dell’undicesimo Congresso internazionale di Cardiochirurgia pediatrica e sistemi di assistenza circolatoria extracorporea che si è tenuto dal 11 al 13 giugno a Verona. Si tratta dell’appuntamento più importante a livello mondiale su questo tema e si è svolto in Italia grazie ad una collaborazione tra la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ateneo veronese e la Penn State Hershey University.
Tre sono i grandi temi trattati nel convegno. Sono state presentate le tecniche chirurgiche studiate per bambini il cui cuore non funziona in modo corretto: un ponte verso il trapianto oppure meccanismi inseriti in maniera permanente, detti VAD (Ventricular assist device). Altri ricercartori hanno discusso le tecniche di ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), sviluppate in primis sui bambini e poi estese anche agli adulti, che hanno l’obiettivo di far recuperare al cuore una funzione adeguata dopo un danno acuto (infezione, aritmia o intervento chirurgico). Infine, l’incontro è stata l’occasione per presentare i risultati delle tecniche di perfusione extracorporea per proteggere gli organi nobili (cuore e cervello) durante interventi di cardiochirurgia neonatale.
Un “cuore artificiale” pediatrico (Crediti: Giovanni Battista Luciani)
Le cardiopatie congenite vengono diagnosticate in epoca prenatale. Nei centri altamente specializzati, i genitori vengono accompagnati in un percorso dalla diagnosi all’intervento chirurgico sul neonato da una squadra multidisciplinare: ginecologo-ostetrico, pediatra, cardiologo pediatrico, cardiochirurgo pediatrico, perfusionista e anestesista-rianimatore. È il caso dell’Unità di Cardiochirurgia Pediatrica, inserita nell’Unità Complessa di Cardiochirugia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, diretta dal Prof. Giuseppe Faggian. «Il messaggio fondamentale del convegno è che, grazie a tecniche chirurgiche e a macchinari sempre più raffinati, rispetto ai quali l’Italia è tra l’altro leader a livello mondiale, al giorno d’oggi, il 95% di questi neonati supera brillantemente l’intervento di correzione chirurgica. La loro qualità di vita, grazie a controlli periodici, sarà simile a quella di un bambino sano, avendo soprattutto – sottolinea Luciani – la possibilità di diventare adulti e godere di una esistenza piena. Con la possibilità di completare la formazione scolastica e professionale, trovare un impiego, svolgere attività fisica e ricreativa, inclusa la pianificazione di una famiglia e, per le donne, affrontare l’esperienza della gravidanza».
Purtroppo, secondo il responsabile scientifico dell’evento, l’Italia si trova ad affrontare un duplice problema: sia la carenza di donazioni – «e in questo è in linea con la tendenza a livello europeo e mondiale» – sia le carenze culturali relative all’importanza della sperimentazione animale, fondamentale per la ricerca traslazionale, ovvero per tradurre in cure per il malato i progressi della ricerca di base.
«Su 9000 pazienti in lista solo 3000 arriva al trapianto», conferma Vincenzo Passarelli, Presidente dell’Associazione italiana donatori di organi, tessuti e cellule (Aido). Tuttavia, prosegue, «dal punto di vista pediatrico il nostro Paese funziona, contrariamente a quanto avviene per il paziente adulto. Il programma di trapianto pediatrico è organizzato a livello nazionale ed è monitorato e gestito ventiquattro ore su ventiquattro direttamente dal Centro Nazionale Trapianti». Ma i tempi di attesa? «Quello è il problema principale: per un cuore bisogna attendere dagli otto ai dodici mesi».
Nel nostro paese la donazione di organi è regolata dalla legge n. 91 del 1 aprile 1999, per la quale non vale il principio del silenzio assenso, ma il principio dell’assenso informato, ovvero è necessaria una esplicita dichiarazione del cittadino a donare o meno i propri organi. La legge, infatti, stabilisce che ai “soggetti cui non sia stata notificata la richiesta di manifestazione della propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti […] [siano] considerati non donatori”. «Tuttavia, questo meccanismo di notifica non è mai partito – prosegue Passarelli – perché il problema nel nostro Paese è a livello di organizzazione delle ASL, che devono informare il cittadino. Fortunatamente, negli ultimi anni in Italia, grazie alle campagne di sensibilizzazione, abbiamo una media di 23,1 persone per milione di popolazione e siamo al terzo posto in Europa».
Sul tema della sperimentazione animale, secondo Giovanni Battista Luciani «bisogna ammettere che la diffidenza sull’utilizzo del modello animale è sì frutto dei movimenti animalisti ma è anche responsabilità degli stessi medici e ricercatori, talvolta chiusi in una torre dorata e incapaci di comunicare ai non addetti ai lavori la necessità assoluta di ricorrere a modelli animali per il progresso della scienza medica». Tuttavia, prosegue, «in questo convegno si è parlato anche di altre possibilità di sperimentazione, dette in silico, ovvero modelli matematici che partono da dati clinici e che attraverso studi di fluidodinamica eseguiti da ingegneri biomedici ottengono risultati che possono essere applicati direttamente al paziente. Queste metodiche sperimentali sono comunque complementari rispetto a quelle tradizionali, che necessitano del modello animale anche nella cardiochirurgia pediatrica». Inoltre, «un altro importante traguardo dell’evoluzione tecnologica e clinica, cui ha contribuito anche il gruppo di Verona – sottolinea Luciani – riguarda lo sviluppo di dispositivi d’avanguardia per l’assistenza circolatoria temporanea tipo ECMO, che permette, al giorno d’oggi, di restituire ad una funzione cardiaca e, quindi, una vita normale a oltre l’80% dei bambini con miocarditi, gravi infezioni del cuore, e di quelli con gravi aritmie non sensibili alle cure mediche».
Luciani ricorda che «il cuore è l’organo più complesso dal punto di vista embriologico e questo convegno ha esposto risultati eccellenti sull’uso delle pompe VAD come ponte verso il trapianto anche in bambini al di sotto dei 10 chilogrammi, un miglioramento nell’impiego delle VAD in bambini fino ai 15 chili e importanti aggiornamenti delle tecniche di protezione degli organi durante interventi a cuore aperto – che durano dalle quattro alle cinque ore – perché la necessità di dare una corretta protezione e ossigenazione a cuore e cervello in queste situazioni è un problema tuttora aperto».
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