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Cento anni di storia americana attraverso i nomi

I risultati di un studio italiano, basato sui Big Data

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RICERCA – Ricostruire la storia d’America studiando i nomi dei suoi abitanti negli ultimi 100 anni. Questa l’idea alla base del lavoro di un gruppo di fisici italiani dell’Università di Roma la Sapienza e dell’INFN, la cui ricerca è stata pubblicata qualche giorno fa sulla rivista PNAS. Oltre 50 000 nomi all’anno esaminati tramite formule statistiche che hanno permesso ai ricercatori di individuare interessanti correlazioni fra aree geografiche anche lontane fra di loro. “Quello che abbiamo fatto noi è semplicemente analizzare i dati nudi e crudi, senza addentrarci in considerazioni di carattere storico – spiega Enzo Marinari, uno degli autori dello studio – ma crediamo che chi si occupa di studiare la storia americana potrà trarre interessanti spunti dal nostro lavoro.”

La correlazione principale che è balzata subito all’occhio è che fino agli anni Sessanta del secolo scorso la diffusione dei nomi dei nuovi nati negli Stati Uniti ripercorreva l’asse storico nord-sud, con forti differenze fra le due aree, mentre negli Stati appartenenti alla stessa zona si riscontravano molte similitudini. “La rivoluzione copernicana è avvenuta a partire dagli anni Settanta” racconta Marinari. “Abbiamo infatti individuato una transizione drammatica in quegli anni: l’asse nord-sud si rompe e cominciano a essere evidenti correlazioni fra la costa est e la costa ovest. I nomi dei bambini californiani e di quelli di Boston iniziano a essere gli stessi, il che suggerisce il possibile avvento di nuovi modelli culturali.”

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Un’altra parte importante del lavoro è stata l’analisi della vita dei nomi, e di come sia cambiata nel corso del tempo. Secondo i ricercatori, gran parte dei nomi ha seguito una dinamica precisa: una forte salita e una rapida discesa. “È l’esempio del nome Jennifer – prosegue Marinari – che non esisteva nella prima metà del secolo, e che dopo un boom verso gli anni Settanta e Ottanta oggi è usato pochissimo.”

Per questa analisi il gruppo ha utilizzato l’equivalente americano del nostro Istat, un database nazionale disponibile da un paio d’anni, che raccoglie l’anagrafe dei cittadini americani dal 1910 al 2012 e che fornisce i nomi di tutti i bambini con accanto il numero di occorrenze. “Già altri hanno utilizzato database come questo per mappare la diffusione dei nomi nel tempo, come una mappa pubblicata qualche tempo fa e ripresa dal Guardian. Il nostro lavoro però è più complesso, perché il nostro obiettivo non era solamente una mappatura, per quanto interessante, ma l’individuazione di correlazioni, utilizzando tecniche complesse che si utilizzano in fisica teorica.”

Ora l’idea è quella di proporre la medesima cosa anche in Italia, anche se a detta degli autori non sarebbe altrettanto semplice come negli Stati Uniti. “Il nostro paese ha una storia complessa e articolata – conclude Marinari – e reperire una mole importante di dati anagrafici andando così indietro nel tempo sarebbe una bella impresa, che potrebbe, chissà, raccontarci qualche cosa che non sappiamo del nostro paese. Certo, perché ciò sia possibile bisogna credere nel potere dei Big Data.”

@CristinaDaRold

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Travis Wise, Flickr

 

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.