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Musica e adolescenti, perché suonare fa bene

Imparare a suonare uno strumento può modificare la risposta del nostro cervello ai suoni del linguaggio, anche quando non avviene nella prima infanzia ma durante l'adolescenza

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SCOPERTE – Nei primi anni di vita, il nostro cervello è particolarmente plastico; risponde cioè alle stimolazioni esterne modificandosi, lasciando spesso una traccia che influisce sul comportamento e sulle capacità future. Lo sanno bene molti genitori, impegnati ad arricchire di esperienze la crescita dei propri figli sfruttando proprio questa facilità di cambiamento: dai corsi di lingue straniere all’educazione musicale, dalla pittura all’attività fisica. Se per mancanza di tempo o di occasioni, o per gli effetti negativi della crisi economica, qualcuno temesse di aver perso il momento d’oro della plasticità, non dovrebbe dar tutto per perso: anche durante l’adolescenza il cervello sembra mostrare gli effetti positivi di una stimolazione, almeno per quanto riguarda la musica.

Già diversi studi hanno evidenziato che l’educazione musicale lascia una traccia in alcune capacità cognitive quando l’esposizione inizia nei primi anni di età: i musicisti tendono infatti a mostrare migliori risultati in diversi compiti di riconoscimento dei suoni, di lettura e di memoria verbale. Ma che succede quando l’esposizione alla musica avviene più tardi, durante l’adolescenza? Una ricerca condotta da neuroscienziati della Northwestern University, negli Stati Uniti, suggerisce che anche dopo i 14 anni l’educazione musicale possa influenzare lo sviluppo e il funzionamento del cervello.

Allo studio hanno partecipato due gruppi di studenti, coinvolti all’inizio delle scuole superiori e testati successivamente dopo tre anni. Soltanto un gruppo ha seguito un corso scolastico di musica, che prevedeva due o tre ore a settimana di lezioni ed esercitazioni con uno strumento, mentre l’altro gruppo è stato impegnato in un programma di attività fisiche. Alla fine dei tre anni, i ricercatori hanno osservato alcune differenze nell’attività cerebrale dei ragazzi: gli studenti che avevano imparato a suonare uno strumento tendevano ad avere un miglior riconoscimento di suoni legati al linguaggio e una più rapida maturazione della risposta del cervello ai suoni. L’educazione musicale, secondo gli autori dello studio, potrebbe aver stimolato il sistema uditivo degli studenti, rallentando la perdita di connessioni tra neuroni che avviene normalmente dopo l’infanzia e durante l’adolescenza.

La musica quindi cambia il cervello? Be’, non si tratta certo di un cambiamento radicale. Le differenze riscontrate, sottolineano i ricercatori, non sono enormi, e sicuramente sono minori di quelle che si osservano quando l’educazione musicale inizia nei primi anni di vita. I risultati dello studio potrebbero però inserirsi nel dibattito sull’insegnamento della musica nel programma scolastico: soprattutto per gli studenti che non hanno avuto la possibilità di suonare uno strumento da bambini, l’esposizione a questo tipo di esercizio potrebbe essere una possibilità da non trascurare.

@ValentinaDaelli

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Crediti immagine: Rob Ellis, Flickr

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