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Ricostruito al computer un frammento di cervello di topo. Un risultato convincente?

Il risultato rappresenta il primo successo del Blue Brain Project, ma si porta dietro anche numerose critiche

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APPROFONDIMENTO – Circa 31 000 neuroni divisi in 207 diversi sottotipi, 8 milioni di collegamenti tra cellule cerebrali e 40 milioni di sinapsi. Questi sono i numeri del frammento di cervello di topo che i ricercatori del consorzio internazionale Blue Brain Project sono riusciti con successo a riprodurre al computer. I risultati sono stati appena pubblicati in un articolo su Cell e rappresentano un importante successo del progetto. Nonostante questo una parte della comunità scientifica è rimasta perplessa. Vediamo perché.

Il Blue Brain Project (BBP) è un progetto nato dalla collaborazione tra IBM e l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), in Svizzera, con l’obiettivo di ricostruire un cervello in digitale per studiarne la struttura e le connessioni. Per la precisione, il BBP era nato per simulare la colonna neocorticale, ovvero la più piccola unità funzionale della neocorteccia. Negli anni il progetto si è evoluto ed è diventato il “cuore” operativo delle simulazioni di un altro progetto, lo Human Brain Project (HBP), il cui fine è realizzare, entro il 2023, una modellizzazione al computer del funzionamento completo del cervello umano.

Il lavoro quindi appena presentato rappresenta il primo vero risultato scientifico rilevante di uno sforzo ingente a livello europeo. La ricostruzione è stata ottenuta utilizzando un supercomputer (Blue Gene) e non consiste semplicemente in una rete neurale artificiale, ma una simulazione che implica un modello biologicamente realistico di neuroni. Per questo motivo i ricercatori, hanno scoperto che è possibile ottenere modelli di attività dei circuiti cerebrali molto differenti, facendo piccole variazioni di pochi parametri. Per esempio la sola variazione del livello di ioni calcio che attraversano le membrane dei neuroni sarebbe sufficiente a far cambiare “stato” ai circuiti e ognuno di questi stati potrebbe essere la base di comportamenti fondamentali, come la risposta “combatti o fuggi”. E queste informazioni non si sarebbero potute prevedere dalle sole caratteristiche dei singoli neuroni.

La soddisfazione per il risultato ottenuto sono quindi molte e per i promotori dello Human Brain Project si tratta di uno dei più importanti successi legati alla ricerca in ambito biologico e informatico. Ma non tutti sono convinti e le critiche non si sono fatte attendere.

A dire il vero critiche sull’intero progetto arrivano da lontano. Già da tempo, infatti, l’idea di concentrarsi sull’aspetto computazionale è considerato da molti prematuro, perché le conoscenze sul cervello sono ancora troppo poche per buttarsi su lunghe e complicate simulazioni. Dopo i primi segni di malcontento, l’esclusione dal nucleo principale del progetto delle ricerche in ambito cognitivo ha spinto, circa un anno fa, numerosi neuroscienziati a scrivere una lettera, lamentando il fatto che l’attenzione fosse troppo sbilanciata a favore degli aspetti informatici, piuttosto che a quelli neuroscientifici. Da un lato quindi una questione di priorità e fondi (un miliardo di euro in totale da destinare alle varie ricerche), ma non solo: l’approccio di integrare tutti i dati disponibili, dal momento che sono stati ottenuti con paradigmi e procedure differenti, non convince e potrebbe essere, secondo alcuni, addirittura fallimentare.

A seguito di questa protesta, è arrivata la risposta della Commissione Europea che  ha accolto le critiche come normale momento di confronto, ricordando che si tratta di un progetto-sfida dagli esiti non scontati. E da allora alcune cose sono effettivamente cambiate: a marzo, è stata intrapresa un’azione di riforma della governance proposte da un gruppo di esperti e il comitato esecutivo dell’Human Brain Project, è stato ampliato da 3 a 22 persone.

Con la pubblicazione di questo nuovo risultato, però, le polemiche si sono riaccese. Per Yves Frégnac, Direttore della Ricerca del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique), il risultato ottenuto, seppur importante, sarebbe più coerente con il completamento del Blue Brain Project che con i primi passi dello HBP, considerato che la ricerca riguardava il topo e non l’essere umano.

Ancora una volta, Henry Markram, direttore dei due grandi progetti, replica alle critiche e conferma che l’uso della modellazione informatica è un cambiamento di paradigmi metodologici necessario, anche per gli studi di neuroscienze e che sviluppare nuove tecnologie informatiche, obiettivo sia del BBP che dell’HBP, non andrà a sminuire l’importanza delle neuroscienze di base.

Il risultato appena ottenuto, quindi, non è che un primo traguardo che va di pari passo con il dibattito all’interno della comunità scientifica per rendere lo Human Brain Project un progetto veramente di successo e dai grandi potenziali applicativi.

@FedeBaglioni88

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Immagine di apertura: EPFL/Blue Brain Project

 

 

 

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Federico Baglioni
Biotecnologo curioso, musicista e appassionato di divulgazione scientifica. Ho frequentato un Master di giornalismo scientifico a Roma e partecipato come animatore ai vari festival scientifici. Scrivo su testate come LeScienze, Wired e Today, ho fatto parte della redazione di RAI Nautilus e faccio divulgazione scientifica in scuole, Università, musei e attraverso il movimento culturale Italia Unita Per La Scienza, del quale sono fondatore e coordinatore. Mi trovate anche sul blog Ritagli di Scienza, Facebook e Twitter @FedeBaglioni88