CRONACA – Dopo l’accusa, e cioè la lettera aperta contro lo Human Brain Project inviata alla Commissione europea da un gruppo di neuroscienziati “dissidenti”, è arrivato il momento della difesa. La Commissione stessa, infatti, ha risposto: da un lato, accogliendo le critiche come naturale momento di confronto e di discussione su un progetto ambizioso e complesso. Dall’altro, ricordando il carattere innovativo e di “grande sfida”, dall’esito non scontato, del progetto stesso. E infine, invitando ad attendere per qualche settimana che i previsti step di revisione facciano il loro corso.
«Come agenzia di finanziamento pubblico della ricerca, prendiamo molto seriamente questo tipo di segnali e invitiamo al confronto», scrive Robert Madelin, a capo della Direzione generale Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie della Commissione europea. Madelin apre agli scontenti di HBP («Faremo del nostro meglio per affrontare le preoccupazioni sollevate»), ma senza allargarsi troppo («Sempre tenendo in mente che le scienze del cervello sono rappresentate, in Europa come nel resto del mondo, da una comunità molto grande e sempre più variegata, con decine di migliaia di attori nel solo settore delle neuroscienze»). Una precisazione che, a voler leggere tra le righe, sembra sottintendere che i 700 e più firmatari della lettera aperta siano comunque poca cosa rispetto alle masse in campo.
Non ci sono, nella risposta di Madelin, osservazioni circostanziate e dettagliate rispetto alle critiche all’HBP già avanzate. Con evidente riferimento all’accusa di avere un campo di indagine troppo ristretto, però, si dice che «l’obiettivo preciso del progetto è questione ancora aperta per il progetto stesso, oltre che essere oggetto di discussione dell’attuale dibattito pubblico». Quanto ai temi della governance e dell’esclusione delle neuroscienze cognitive dai progetti “core” di HBP, quelli finanziati direttamente con fondi della Commissione europea, si sottolinea come l’accordo relativo all’equilibrio tra progetti “core” e “partner” sia attualmente sotto valutazione da parte di un gruppo di esperti indipendenti. Che entro settembre daranno il loro parere, comprensivo di raccomandazioni specifiche sulla struttura della partnership e sulla governance. Come a dire che qualche assetto potrebbe ancora venire modificato.
Nel frattempo, tuttavia, l’invito è alla pazienza: «In questo momento è utile che tutti i punti di vista siano resi espliciti, ma ora non resta che aspettare», prosegue Madelin. «Del resto, mettere a punto progetti così rivoluzionari non è un compito facile e tutti i ricercatori devono svolgere la loro parte per affrontare la sfida».
Insomma, una risposta più che misurata, che soddisfa i membri di HBP, ma difficilmente poteva essere accolta con grande entusiasmo da parte dei firmatari della famosa lettera. In un’intervista alla BBC, Zachary Mainen, uno dei principali organizzatori della protesta, parla di «cauto ottimismo», dichiarando di apprezzare il riconoscimento da parte della Commissione «delle nostre preoccupazioni e dell’importanza dei vari approcci possibili nell’ambito delle neuroscienze». Ma l’insoddisfazione in realtà serpeggia. Alcuni ritengono che i temi di fondo (per esempio la validità delle basi scientifiche del progetto e la fattibilità dei suoi obiettivi) rimangano aperti e che, invece di unire, il progetto rischi di spaccare la comunità internazionale di ricerca. Ancora più drastico Alessandro Treves, professore di neuroscienze alla SISSA di Trieste e tra i primi ad aderire alla open letter: «Mi sembra che a questo punto la preoccupazione principale dei funzionari della Commissione sia coprire l’errore che hanno fatto scegliendo quel progetto come Flagship, e cercare di uscire dall’accusa di cattiva gestione dei fondi. Forse sarebbe da rivalutare il ruolo di organismi come la Commissione europea nelle decisioni che riguardano la ricerca scientifica».
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Immagine: Brain in Blue by SilverGryphon8/CC