Identificato nei pipistrelli un nuovo coronavirus
Il virus, simile a quello responsabile della SARS, sarebbe in grado di compiere il salto di specie verso la nostra specie
RICERCA – La notizia arriva dalle pagine di Nature Medicine. Un gruppo di ricercatori dell’Università del North Carolina ha identificato nei pipistrelli un nuovo coronavirus simile alla SARS, in grado di compiere il salto di specie verso gli esseri umani senza dover subire alcuna mutazione. Non vuole essere un allarme, come ci tengono a precisare gli autori stessi. Non si sa quando questo accadrà e nemmeno se il virus potrà diffondersi da persona a persona. Tuttavia, l“articolo vuole accendere i riflettori su un problema di sicurezza globale. Si stima che esistano circa 5000 coronavirus in circolazione come “ospiti” di alcune specie animali, alcuni dei quali potenzialmente patogeni anche per la nostra specie. Se dovesse ripetersi quanto avvenuto tra il 2002 e il 2004 con la SARS quali possibilità terapeutiche ci sarebbero? Attualmente non molte, a quanto sembra.
La famiglia dei coronavirus comprende numerosi membri responsabili di malattie delle vie respiratorie, in alcuni casi del tutto simili a un raffreddore, in altri ben più gravi. È il caso del coronavirus responsabile della SARS (Severe Acute Respiratory Sindrome), che fece la sua comparsa nel novembre del 2002 nella provincia cinese di Guangdong. L’epidemia coinvolse più di 8000 persone, soprattutto nei Paesi dell’est asiatico e destò particolare preoccupazione per la mancanza di un trattamento efficace o di un vaccino. L’epidemia giunse al suo termine nel 2004 (il 18 maggio l’OMS comunica che “sembra si sia interrotta la catena di trasmissione tra gli esseri umani nella diffusione del virus”).
Studi successivi sembrano aver individuato in alcune specie di pipistrelli il “bacino” naturale di provenienza del virus, arrivato fino alla nostra specie a causa di una sua mutazione. Attualmente un altro coronavirus sta causando non pochi grattacapi. Si tratta del MERS-CoV (Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus), identificato per la prima volta nel 2012 in Arabia Saudita e responsabile fino a oggi di 1611 contagi e 575 decessi. Anche in questo caso si tratta di un virus zoonotico identificato nei cammelli, anche se non è ancora chiaro come sia avvenuto il passaggi alla specie umana. Come per la SARS, anche per la MERS non esistono trattamenti specifici o vaccini.
Fatte le dovute premesse sulle grandi patologie causate dai coronavirus nell’ultimo millennio, ecco che la studio pubblicato su Nature Medicine, seppur non ventilando un rischio imminente, dovrebbe essere, a detta dei ricercatori, una spia per indirizzare nuove ricerche. Ralph Baric, uno degli autori dello studio, ricorda che “la questione non è se ci sarà un’epidemia ma quando si presenterà e quanto saremo preparati ad affrontarla”. Baric e colleghi hanno individuato un nuovo coronavirus, simile a quello responsabile della SARS. Si tratta dell’SHC014-CoV, isolato nei pipistrelli “ferri di cavallo” e in grado di infettare anche gli esseri umani a causa di un recettore condiviso tra noi e questi animali. Come per gli altri coronavirus, il target preferito dal nuovo arrivato è costituito dalle cellule dell’epitelio polmonare. La cattiva notizia è che i trattamenti sviluppati contro il virus SARS e anche il recente ZMapp, messo a punto durante l’epidemia di Ebola non sembrano efficaci contro il nuovo virus.
La pubblicazione dello studio è di poco successiva alla decisione presa dal governo degli Stati Uniti di congelare fino a data da destinarsi i fondi destinati agli esperimenti di gain-of-function che coinvolgono i virus dell’influenza, della SARS e della MERS. Si tratta di esperimenti in grado di aumentare la patogenicità e la trasmissibilità di questi agenti patogeni per meglio studiarne l’interazione con la nostra specie. Lo stop è stato dettato da motivi di sicurezza e, si legge nel comunicato della Casa Bianca, è necessario per capire i rischi e i benefici di questo tipo di esperimenti. Nonostante una parte della comunità scientifica si dica d’accordo con questa decisione, Baric, alla luce dei risultati ottenuti dal suo gruppo di ricerca, sottolinea come si renda invece necessario “costruire risorse, piuttosto che limitarle, e sviluppare nuovi trattamenti per limitare le future epidemie”.
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