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Disturbi della condotta: meno materia grigia nei giovani che ne soffrono

Una rassegna delle ricerche effettuate mette a confronto i risultati di 13 studi degli ultimi anni, sottolineando la necessità di approfondire una linea di ricerca ancora carente.

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SCOPERTE – Nei bambini e negli adolescenti alcuni problemi comportamentali, come l’aggressività e l’antisocialità – tutti quelli ascrivibili alla categoria sociologica dei disturbi della condotta sono associati a un volume minore di materia grigia in svariate aree del cervello. In particolare l’attenzione è caduta sull’amigdala, l’insula e la corteccia prefrontale, le regioni note per essere coinvolte nella capacità di prendere decisioni, nell’empatia e nella regolazione e comprensione delle emozioni. L’osservazione è di due ricercatori dell’Università di Birmingham, che hanno appena pubblicato i risultati della loro analisi sulla rivista JAMA Psychiatry.

Rispetto a un giovane il cui sviluppo procede in maniera normale, quelli che mostrano problemi comportamentali hanno dei deficit nei processi cognitivi legati all’affezione: la questione non va sottovalutata, spiega in un comunicato Stephane De Brito, leader della ricerca, perché questo tipo di problemi si può tradurre, in età adulta, con l’abuso di sostanze e condizioni di salute carenti sia a livello mentale che fisico.

Il campione esaminato è molto ampio: gli scienziati hanno combinato i dati di brain imaging di 13 studi condotti in passato (tra il gennaio 2007 e il marzo 2015), che hanno coinvolto 394 giovani con problemi comportamentali per confrontarli con 350 che stavano crescendo senza problematiche di sorta, il gruppo di controllo. La tecnica sfruttata in  tutti gli studi presi in considerazione è la morfometria basata sui voxel, un’analisi di neuroimaging che si usa per studiare il cervello e valutare il diverso di volume delle aree d’interesse. Data la mole di informazioni presa in considerazione, si tratta della più ampia indagine condotta finora in quest’ambito, con l’obiettivo – tra gli altri – di capire fino a che punto determinate aree del cervello siano coinvolte nei problemi comportamentali.

L’area di ricerca, precisa De Brito, è poco esplorata in generale, e tra le cose da studiare più approfonditamente c’è l’associazione tra queste problematiche e fattori ambientali come l’utilizzo di sostanze stupefacenti o di tabacco della madre in gravidanza, oppure gli abusi in giovane età. Molti degli studi condotti in passato, compresi quelli analizzati, aggiunge, non sono stati replicati o hanno messo sul tavolo risultati a volte contrastanti. Da qui l’importanza di continuare a esaminare i dati a disposizione, per colmare le lacune.

@Eleonoraseeing

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.

Crediti immagine: Igor Mojzes, Fotolia

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".