Tempo, stress, rete sociale: parole chiave tra smart working e disoccupazione
Mentre la vecchia concezione di lavoro cambia, la scienza esplora il benessere dei lavoratori. Tra ormoni dello stress e tempo libero
APPROFONDIMENTO– Ci sono i guru della settimana lavorativa da quattro giorni (non è un’idea recente, e le possibilità sono illimitate), le aziende in cui si lavora quanto si vuole (leggi anche: tutte le vacanze che si vuole) e quelle che provano a lasciare a casa i dipendenti un giorno a settimana. Mentre la vecchia idea di lavoro ci scivola tra le dita, i due ambiti forse più monitorati – dalla scienza e non solo – sono lo smart working e la disoccupazione. Che in base a due studi recenti sono accomunati dal tempo. Nel primo caso come elemento da gestire bene per un corretto bilanciamento vita-lavoro (e salute), nel secondo come network good: il suo valore deriva dalla condivisione. Vediamoli entrambi.
On-call, cosa comporta essere sempre a disposizione?
“L’opportunità di lavorare in qualsiasi orario e luogo grazie alle nuove tecnologie di comunicazione – premettono i ricercatori nell’abstract del loro studio – ha aumentato nei datori di lavoro l’idea che i dipendenti siano a disposizione per lavorare anche al di là del regolare orario lavorativo”.
Che si lavori da dipendenti o da freelance, raramente l’essere al 100% reperibili è una scelta. Leggere le mail nel fine settimana, essere in simbiosi con il telefono, tutto questo modifica la nostra risposta legata allo stress, il cui protagonista è l’ormone cortisolo. Il profilo normale di questo ormone steroideo inizia con un picco mattutino, che poi cala gradualmente durante la giornata. Nel lavoratore che deve sempre rispondere non solo il picco si verifica più rapidamente, ma non cala durante la giornata.
I 132 partecipanti coinvolti nella ricerca hanno compilato un questionario in tarda serata, dopo una giornata on-call oppure dopo una “normale”. La mattina seguente hanno risposto ad altre domande, per capire quanto l’impegno richiesto dalla giornata precedente avesse influito sul loro umore. Rispetto a una giornata di lavoro classica, i punteggi legati all’umore dopo una on-call erano significativamente più bassi. Riprendersi da quel tipo di impegno è più difficile: nemmeno una notte di sonno allevia gli effetti dello stress, persino se il mattino seguente ci aspetta del lavoro tranquillo. La possibilità di dover essere a disposizione ci mantiene stressati e ci impedisce il recupero.
Se lo stress ci porta all’esaurimento, il profilo del cortisolo cambia ancora, spiegano gli autori: i livelli dell’ormone crollano e il picco mattutino diventa minimo o scompare. Non c’è una bacchetta magica che permetta di lavorare senza stress, ma livelli sballati di cortisolo possono avere effetti sulla salute. Come raggiungere un bilanciamento migliore vita-lavoro? Alcuni dei partecipanti allo studio ci sono riusciti.
Stasera non ho mai pensato al lavoro
Chi ha risposto in questo modo riusciva a distaccarsi psicologicamente dall’impegno e, dedicandosi completamente ad altro, manteneva il cortisolo nel profilo normale. La chiave non va cercata a livello molecolare, confermano gli scienziati, ma si tratta di distacco, di resilienza. Il tempo in cui non siamo al lavoro ma dobbiamo essere reperibili non si può considerare libero, ma una volta terminato anche questo aspetto bisogna fare uno sforzo: staccare davvero.
Il tempo, un network good
Un secondo studio si è concentrato sulla disoccupazione partendo dalla riflessione di uno degli autori, il ricercatore Cristobal Young di Stanford. Abbiamo bisogno di più tempo libero dal lavoro? Se ne avessimo, staremmo meglio? Non è così semplice, dice Young, perché il tempo libero acquista valore quando coincide con quello delle persone che ci sono care. Amici, famiglia: il bilanciamento vita-lavoro non funziona sempre bene se lo raggiungiamo “da soli”.
Partendo dai dati del Gallup Daily Poll, Young e il collega Chaeyoon Lim hanno osservato come cambia l’umore delle persone durante la settimana. La prima cosa che hanno notato è piuttosto intuitiva: il benessere è al minimo il lunedì ma aumenta gradualmente fino a venerdì. Il picco è durante il weekend.
Il secondo aspetto emerso dai dati ha invece sorpreso i due scienziati: questo cambiamento valeva sia per i lavoratori sia per le persone disoccupate, le quali avevano un’organizzazione della giornata praticamente identica tra lunedì e venerdì. Le emozioni positive arrivavano al massimo durante il weekend, per poi colare a picco il lunedì. Se per chi lavora si tratta di due giorni di riposo, perché sabato e domenica sono importanti anche per chi non lo fa?
Perché il tempo è un network good dice Young, la definizione che in sociologia viene data a un bene il cui valore deriva dalla sua condivisione. Come un computer, spiega lo scienziato. Se lo possiedo solo io il suo valore è limitato, perché dipende dalle altre persone che lo possiedono e con le quali posso comunicare. Se tutti lo hanno è fondamentale, se lo ho solo io è decisamente meno importante.
Lo stesso vale per il weekend, perché significa che un gran numero di persone ha tempo libero nello stesso momento e finalmente chi non lavora rientra “in sincrono” con la società. La scoperta è stata confermata dai dati di un secondo sondaggio, l’American Time Use Survey, che ha valutato il tempo impiegato dalle persone in diverse attività: l’andamento del buonumore segue quello del tempo libero trascorso con i nostri cari, famiglia e amici.
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