Vivere sostenibile. Il baby impatto ambientale
Quanto "pesa" sull'ambiente l'arrivo di un bambino e come è possibile, se è possibile, ridurre la sua impronta ecologica?
SPECIALE GENNAIO – 2016, tempo di affrontare i problemi globali del pianeta partendo dalle nostre azioni quotidiane. Lo dice l’International Council for Science che ha decretato l’anno in corso l’International Year of Global Understanding (#IYGU). Ognuno di noi, con piccole azioni quotidiane, può promuovere uno sviluppo sostenibile che è, in primis, una sfida globale ma che dipende anche dal modo in cui viviamo, lavoriamo, consumiamo, si legge nel sito dell’IYGU.
Nemmeno le scelte più intime e personali, come avere dei figli e il modo in cui crescerli, sono immuni da questo percorso. Cosa hanno a che fare i neonati con il cambiamento climatico? Possibile che dei piccoli cuccioli umani possano avere un impatto ecologico per niente trascurabile? Sembrerebbe proprio di si. Per quanto non sia, a ragione, tra i primi pensieri dei futuri o neo genitori, la nascita di un figlio rappresenta un fardello non indifferente per il nostro sistema ambiente.
Uno studio dell’Università dell’Oregon di qualche anno fa ha provato a calcolare l’impatto ambientale di un nascituro in termini di quantità di anidride carbonica emessa per tutte le attività necessarie alla sua crescita, come l’alimentazione, il gioco, il trasporto, l’istruzione e così via. I ricercatori hanno stimato che ogni nuovo nato negli USA apporta 9441 tonnellate di anidride carbonica emessa all’impronta ecologica dei genitori, contro i 1384 di un bambino cinese e i 56 di un bambino nato in Bangladesh. Certo, sostiene lo studio, uno stile di vita “sostenibile” ed eco-friendly è importante, ma c’è un però. Secondo le stime riportate dallo studio, infatti, una persona che vive in una casa ad alta efficienza energetica, riduce gli spostamenti in macchina, adotta tutte le misure necessarie per il risparmio energetico e ricicla quanto più possibile, avrà emesso circa 486 tonnellate di CO2 in meno durante il corso della sua vita.
Avere due figli apporterà all’atmosfera terrestre anidride carbonica pari a 40 volte questa quantità, circa 18 882 tonnellate. Nel quantificare l’impatto che ciascuno di noi ha sull’ambiente, conclude lo studio, non bisogna quindi tralasciare le scelte riproduttive individuali. Esagerato? Non per tutti. C’è chi, infatti, ha preso molto sul serio le statistiche di questo studio e ha fondato il movimento dei GINK – green inclination, no kids, che nel suo manifesto scrive “ecco una semplice verità: per una persona normale come me il contributo più significativo per un mondo più verde e più pulito è non avere figli”.
E chi invece non si ritrova proprio nei panni di un GINK? Come sposare il proprio desiderio di vivere in modo più sostenibile con il fatto di essere genitori? In rete e su carta stampata non mancano i consigli su come evitare di trasformare un evento così piacevole, la nascita di un bambino, in una piccola catastrofe ambientale. I consigli che vanno per la maggiore spaziano dall’utilizzo di giocattoli in legno o in altri materiali naturali, al riutilizzo di vestitini usati al babywearing. Una menzione d’onore spetta senza dubbio ai pannolini usa e getta, considerati un fardello decisamente faticoso da portare per l’ambiente, non solo per le risorse necessarie per la loro produzione ma anche per il tempo calcolato per il loro smaltimento, circa 500 anni. Si stima che dalla nascita al traguardo del vasino un bambino consumi in media 6000 pannolini, per un totale di due miliardi e duecentomila pannolini usati in un anno solo nel nostro Paese.
Una valida alternativa green all’utilizzo del pannolini usa e getta è rappresentata dai pannolini lavabili, disponibili oggi in più modelli e adattabili alle diverse esigenze. Un acquisto iniziale di circa 20 pannolini è sufficiente per accompagnare il bebè nel suo percorso fino al vasino e possono essere riutilizzati per eventuali altri figli. Ma la scelta di usare i pannolini lavabili fa davvero tirare un respiro di sollievo all’ambiente? Non mancano gli studi che cercano di rispondere a questa domanda. Secondo un’analisi condotta dall’Agenzia per l’Ambiente britannica la risposta è no.
Per produrre un pannolino di qualunque tipo servono elettricità, acqua e materie prime. Per produrre un pannolino lavabile, tuttavia, serve molta più acqua rispetto a uno usa e getta (basti pensare all’acqua necessaria alla crescita del cotone). Se si considerano poi i vari lavaggi che un lavabile dovrà subire, ecco che, sostiene il report, solo in termini di acqua un pannolino lavabile è circa il doppio più dispendioso. Aggiungendo all’equazione le materie prime e l’energia necessarie durante il ciclo di vita di entrambi e la quantità di rifiuti prodotti ecco che l’impatto ambientali di pannolini lavabili e usa e getta si equipara.
Non è dello stesso parere un secondo studio a firma dell’Università di Pavia, riportato dall’associazione Nonsolociripà, che analizza la letteratura internazionale disponibile proprio sull’impatto ambientale dei pannolini per bebè. Dati alla mano, sostiene lo studio, l’utilizzo di pannolini usa e getta per 2 anni e mezzo per un solo bambino corrisponde mediamente all’emissione di 550 kg di CO2, contro i 570 corrispondenti all’utilizzo dei pannolini lavabili lavati in condizioni standard. Quest’ultima cifra, tuttavia, è riducibile del 40% (pari a 200 kg CO2) se i pannolini vengono lavati ad alta efficienza energetica, asciugati al sole e riutilizzati per un secondo figlio.
Tornando al dilemma iniziale, quindi, si può essere genitori minimizzando l’impatto ambientale? Difficile dirlo con i dati che abbiamo a disposizione oggi. Certo, ogni nuovo essere umano che si affaccia al nostro pianeta si porta dietro la sua impronta ecologica, piccola o grande che sia, dovuta al semplice fatto che si dovrà nutrire, prendersi cura della propria igiene, spostarsi e vivere all’interno della società. Esistono scelte più sostenibili di altre per un neo genitore? Sì, ma anche in questo caso il loro reale impatto ambientale resta ancora dibattuto. Rimane sempre il buon senso, le solite semplici regole – ridurre, riciclare, riutilizzare – e, probabilmente, la cosa più importante che un genitore può fare, cioè insegnare questi principi ai propri figli affinché la consapevolezza globale e la sostenibilità siano concetti ben radicati nelle prossime generazioni.
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Crediti immagine: D Sharon Pruitt, Flickr