SLA: non è tutta colpa del cervello
I risultati della sperimentazione clinica condotta su pazienti affetti da SLA nei laboratori della Sapienza indicano un coinvolgimento del muscolo nell'evoluzione della malattia.
SALUTE – La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), nota negli Stati Uniti come Malattia del Neurone Motore (MND) o morbo di Lou Gherig, è una patologia neurodegenerativa dall’esito fatale. Determina una progressiva, ma rapida, debolezza muscolare, innanzitutto degli arti. Il paziente, in poco tempo, perde l’uso della mobilità, diventa sempre più rigido fino a quando sopraggiunge l’impossibilità di deglutire e l’insufficienza respiratoria. Colpisce prevalentemente gli adulti di un’età compresa tra i 40 e i 60 anni, con un’insorgenza maggiore intorno ai 55 anni.
Sebbene la patologia venga principalmente attribuita ad anomalie, malfunzionamenti e distruzione dei motoneuroni – ossia i neuroni che comandano il movimento muscolare –i ricercatori della Sapienza hanno ipotizzato che fossero coinvolte anche le cellule muscolari, oltre a quelle nervose. Un’ipotesi che è stata confermata dalle evidenze cliniche e dai risultati ottenuti dal gruppo di ricerca e successivamente pubblicati su PNAS.
L’esperimento ha coinvolto 93 pazienti con patologie legate alla degenerazione nervosa, seguiti dal prof. Maurizio Inghilleri, direttore del Centro Malattie Neuromuscolari Rare. Tra questi pazienti, 76 erano affetti da SLA.
L’approccio misto adottato dal team, un approccio che va “dal bancone del laboratorio al letto del paziente” e che prevede continui feedback tra il laboratorio e la clinica in entrambe le direzioni, ha permesso al gruppo di capire che anche il muscolo partecipa dell’evoluzione della malattia. Primo risultato è stata la dimostrazione che nei muscoli dei soli pazienti SLA il recettore dell’acetilcolina, responsabile della contrazione muscolare, è risultato alterato.
“Siamo arrivati a questa affermazione – spiega la fisiologa Eleonora Palma in una nota alla stampa – con una tecnica particolarmente innovativa che consiste nell’impiantare le membrane muscolari dei pazienti nell’ovocita di una rana sudafricana, che ha la capacità di ‘fondere’ ed ‘esporre’ le proteine native del paziente sulla propria membrana”.
Dunque, sulla base della sperimentazione effettuata in laboratorio, i medici hanno iniziato a testare un endocannabinoide (PEA) in pazienti affetti da SLA. Rispetto a pazienti non trattati, quelli a cui è stato somministrato il PEA hanno mostrato una riduzione del declino respiratorio.
L’ipotesi dei medici – che ora dovranno fare altri passi verso una possibile traduzione della scoperta in terapia effettiva – è che il PEA, insieme alla terapia standard, renda il recettore dell’acetilcolina più funzionale. Questo aiuterebbe la contrazione di alcuni tipi di muscoli, come, ad esempio, quelli respiratori.
L’incredibile SLA di Stephen Hawking
Stando al Ministero della Salute, in Europa, si registrano circa 1,5-2,5 nuovi casi di malattia su 100.000 persone, mentre si ritiene che in Italia siano più di 4.000 le persone che con vivono con la SLA.
La Sclerosi Laterale Amiotrofica fa parte di una serie di malattie del motoneurone, ma, anche se esistono forme giovanili similari, si tratta di una patologia che insorge nell’adulto, dopo i 40 anni. Il decorso è rapidissimo e l’aspettativa di vita media è di circa 3 anni. La metà dei pazienti muore entro un anno e mezzo dalla diagnosi e solo un 20% supera i cinque anni di vita. Meno del 10% oggi sopravvive 10 anni.
Ci sono le statistiche e poi c’è lui, Stephen Hawking. Il più noto fisico teorico del mondo (ma anche matematico, cosmologo, astrofisico e malato di SLA), a 74 anni, è ancora vivo.
La sua situazione anomala si è vista da subito, quando i medici hanno diagnosticato la sua malattia a soli 21 anni, momento nel quale gli hanno comunicato che avrebbe avuto davanti a sé non più di due anni di vita. Eppure Hawking ha potuto lavorare (e non poco), sposarsi due volte, avere tre figli, e vivere molti anni. Dagli anni Ottanta è costretto in sedia a rotelle, ma è ancora in grado di comunicare attraverso un sistema elettronico.
La sua vicenda è fuori dal comune, tanto che i medici non sanno darsi una spiegazione chiara. Ciò che si ipotizza è che il fisico teorico sia stato colpito non da Sclerosi Laterale Amiotrofica, ma piuttosto dall’Atrofia Muscolare Progressiva, anch’essa una malattia del motoneurone, ma che, a differenza della SLA, colpisce esclusivamente il secondo motoneurone, lasciando intatto il primo e garantendo una sopravvivenza superiore. In qualsiasi dei due casi, quella di Hawking, è una storia straordinaria.
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