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Da Alan Alda a Robert DeNiro: quando le star incontrano la scienza

Non è raro che una celebrità del mondo dello spettacolo si faccia portavoce di una causa scientifica, guadagnando spesso la fiducia del pubblico

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Robert De Niro ha inizialmente supportato la proiezione del documentario “Vaxxed: from cover-up to Catastrophe” sul rapporto tra vaccini e autismo, per poi ricredersi dopo le polemiche. Crediti immagine: Raffi Asdourian, Flickr

COSTUME E SOCIETÀ – “Vaxxed: from cover-up to Catastrophe” è il titolo del film che ha fatto entrare la diatriba vaccini-autismo al TriBeCa Film Festival di New York. Il film, diretto da Andrew Wakefield (l’autore del famigerato studio che ha dato il via al movimento anti-vaccini) è stato in realtà ritirato all’ultimo momento dal programma della XV edizione del festival. È stato proprio Robert De Niro, uno dei fondatori storici del TriBeCa nonché padre di un ragazzo autistico, a cedere alle pressioni dopo aver annunciato la volontà di incoraggiare la proiezione, scatenando in pochi giorni un caso mediatico e in sostanza riaccendendo il dibattito, non certo nei toni propositivi sperati.

Robert De Niro è l’ultimo attore in ordine cronologico a essere coinvolto in un dibattito su un delicato tema medico-scientifico, ma è in buona compagnia di altri V.I.P. Negli ultimi anni infatti, si è allungata la lista delle celebrità (non solo del mondo dello spettacolo) che hanno prestato il volto per difendere (o attaccare) una causa scientifica, una cura o un prodotto farmaceutico. In quest’ultimo caso  il coinvolgimento ha spesso a che fare, non troppo velatamente, con questioni di puro marketing.

Pensiamo a Jim Carrey -come De Niro padre di un bimbo autistico- che gli scorsi mesi è intervento personalmente sulla stessa questione del rapporto tra autismo e vaccini, tenendo viva l’attenzione ben più a lungo, così come l’attrice Jenny McCartney. O Leonardo Di Caprio sul tema del cambiamento climatico, che ha approfittato del palco della vittoria agli Academy Awards per contribuire alla battaglia ambientalista in cui è coinvolto da tempo. Se consideriamo gli esempi delle tante star adottate in battaglie e movimenti nel mondo scientifico, è interessante notare che il palcoscenico è condiviso spesso con scienziati che hanno conquistato una popolarità pari a quella delle personalità dello spettacolo.

L’endorsement da parte di personaggi dello spettacolo a cause e movimenti di diverso tipo non è certo un fenomeno nuovo. È relativamente in tempi recenti però, che le celebrità continuano a godere di una stima e di una credibilità crescente in fatto di scienza. Come mai al pubblico interessa così tanto il parere dei personaggi famosi, anche quando non proprio esperti in materia? Il fenomeno sembra essere piuttosto liquido, si registrano casi e circostanze diverse, ma un filo rosso che li lega può essere individuato nelle nuove, ormai consolidate, vie di comunicazione con il pubblico.

Celebrità amiche (o nemiche) della scienza…

La prima categoria di Very Important Person che incontrano la scienza si può individuare in quelli che offrono la propria popolarità a servizio di una causa, che li coinvolge personalmente o in cui credono per ragioni ideologiche.  Gli ambiti interessati sono i più disparati. Qualche esempio: il gruppo musicale There Might be Giants ha registrato un disco dal titolo Here comes science, pensato per raccontare la scienza ai bambini, Tim Minchin ha prodotto un video d’animazione per scagliarsi contro alcune credenze new age, il conduttore televisivo  Stephen Colbert invita spesso al suo Late Night ospiti nei panni di difensori del pensiero scientifico. E tra gli esperimenti più interessanti e importanti di divulgazione scientifica figli dello show business c’è sicuramente l’attività di Alan Alda, protagonista del celebre telefilm M.A.S.H. con il suo Center for Communicating Science.

Una sottocategoria è costituita dalle star che hanno già un background di studi scientifici, o che ne perfezionano uno durante la loro carriera (a volte proprio per sentirsi più accreditati a parlare in pubblico di scienza), come Danika McKeller, la protagonista di Wonder Years, che è riuscita a concludere i suoi studi in matematica e ha scritto un libro per incoraggiare, soprattuto il popolo femminile, a non demordere con le scienze. Una lista di celebrità simpatizzanti o coinvolte attivamente nelle scienze è stata stilata dal Perimeter Institute.

Da tenere particolarmente d’occhio, ci sono anche una serie di pessimi esempi individuati dall’associazione Sense about Science, che dal 2007 al 2013 ha stilato dei rapporti sui più insoliti e pericolosi interventi pubblici su temi scientifici. Secondo i rapporti Celebrities and Science, le accoppiate scienza-personaggi famosi diventano piuttosto dannosi, oltre che bizzarri, soprattutto quando si lascia spazio a consigli di salute, come nel caso della “blood type diet“, una dieta che prescrive un’alimentazione diversa a seconda del gruppo sanguigno, sponsorizzata da Naomi Champbell e Demi Moore. Oppure dell’invito di January Jones, attrice del serial Mad Men, a mangiare quello che resta della placenta subito dopo la nascita del proprio bambino.

Sul filone salute-benessere, c’è un blog a firma di Gwyneth Paltrow dedicato interamente all’argomento, e a cui si è ispirato Tim Caulfield per il suo libro Is Gwyneth Paltrow wrong about everything? Tra queste circostanze, i rapporti di Sense about Science fanno rientrare anche le diatribe sui vaccini, dedicandone uno spazio fin dalla prima edizione. Si potrebbero ricordare casi analoghi anche in Italia, quando per esempio Adriano Celentano e altri si schierarono a favore del metodo Stamina, poi finito in tribunale.

…e scienziati showmen

C’è poi chi le competenze in scienza le ha e si sforza di portarle su schermi e palcoscenici di varia grandezza. Non è un lavoro arduo individuare una rosa di scienziati – pop star piuttosto noti, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, da Carl Sagan fino ai più giovani Brian Cox,  Brian Green o Susan Greenfield – senza dimenticare ovviamente i primi storici scienziati attivi in pubblico, Albert Einstein in primis. La ragione di questo impegno è certamente la necessità di rendere più accessibile e meno ostile la scienza, anche per evitare battaglie e incidenti come quello che ha coinvolto Robert De Niro. Tuttavia questi sforzi rischiano, paradossalmente, di essere offuscati da una relativa facilità nel parlare di scienza con il grande pubblico.

Quanto contano i riflettori

Come è possibile che siano bastati un intervento e un veloce passo indietro di un attore per mettere in agitazione la comunità scientifica? Come analizzato nel saggio Parola di scienziato, a cura di Marco Ferrazzoli e Francesca Dragotto, fino a non molto tempo fa, in un ambiente sociale che si potrebbe descrivere come villaggio locale, i cittadini tendevano a localizzare in poche figure culturali e istituzionali – come il sindaco, il medico, il prete, o anche l’uomo in uniforme – una forma di autorità a cui riferirsi con deferenza in quanto riferimento del mondo della conoscenza, per via di un persistente gap di istruzione e quindi culturale.

Viceversa, nel nostro villaggio globale,  il gap d’istruzione si è certamente ridotto, e contemporaneamente quella vecchia gerarchia di trasferimento verticale dell’informazione è diventata invece orizzontale. La conoscenza non è più appannaggio solo del “titolato”dell’intellettuale o dello scienziato, ma è spalmata, se non dispersa, tra mille voci e opinioni, con spazi, modi e tempi d’espressione simili indipendentemente dal livello di esperienza offerto. A questo più ampio spazio e libertà d’espressione corrisponde però anche un crescente disorientamento. Una conseguenza è stata appunto l’impatto nella società delle celebrità, che sono arrivate a condizionare gusti, scelte e convinzioni.

E c’è anche un ulteriore fattore da tenere in considerazione. Secondo Oscar Ricci, sociologo dell’Università di Milano-Bicocca, autore del libro Celebrità 2.0. Sociologia delle star nell’epoca dei new media, negli ultimi anni le star si sono velocemente mescolate alla gente comune, soprattutto con gli strumenti di esposizione del proprio privato nei social network. Il risultato è un’umanizzazione, dovuta alla perdita di quella patina di mistero e di esclusività che segnava una distanza con il pubblico. In questo modo, il pubblico percepisce l’attore, il cantante, in rari casi anche il politico, come più simili a se stesso e, di conseguenza, più affidabile. Lo stesso effetto non si registra ancora con gli scienziati, seppur già famosi.

In definitiva, quindi, per questioni complesse come il caso #Vaxxed, il pubblico ha di certo ancora bisogno di essere tranquillizzato, ma la tendenza è quella di fidarsi principalmente di un volto percepito come familiare, nonostante non sia sempre garanzia di competenza o nasconda lo spettro di qualche conflitto di interesse. Tra scienziati-pop star e star-vicine alla scienza, lo scenario attuale sembra essere più a favore dell’immagine che della competenza. Questo si traduce in una grande responsabilità sia per gli scienziati – almeno, quelli votati alla causa della divulgazione, costretti a faticare di più per farsi ascoltare – sia per gli attori o politici che, prima o poi, devono dar conto di quello che dicono.
Robert DeNiro sembra averlo capito giusto in tempo.

@NightTripping

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Marco Milano
Dopo gli studi in Scienza dei Materiali si è specializzato in diagnostica, fonti rinnovabili e comunicazione della scienza. Da diversi anni si occupa di editoria scolastica e divulgazione scientifica. Ha collaborato, tra gli altri, con l’Ufficio Stampa Cnr e l’agenzia Zadig.