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I due mondi rocciosi “cugini” della Terra

Il sistema planetario TRAPPIST-1, che orbita intorno ad una stella nana ultrafredda e si trova a 40 anni luce da noi, ospita due esopianeti rocciosi con atmosfere che ricordano quelle della Terra, di Venere o di Giove.

NASA, ESA, and STScI

SCOPERTE – Due esopianeti rocciosi e con atmosfere compatte, che ricordano quelle della Terra, di Venere o di Marte. I due mondi rocciosi si chiamano TRAPPIST-1b e c e orbitano attorno ad una stella nana ultrafredda in un sistema planetario a 40 anni luce da noi.

A scoprire i due pianeti è stato il team di scienziati guidati da Julien de Wit, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, MIT, che dopo aver individuato il sistema planetario con il telescopio TRAPPIST ha sfruttato le osservazioni con i telescopi spaziali Hubble e Spitzer della Nasa per determinare le caratteristiche dell’atmosfera. I ricercatori si aspettavano una atmosfera diffusa e vaporosa come quella di pianeti giganti gassosi, ad esempio Giove, ma sono rimasti sorpresi.

I dati raccolti da Hubble e Spitzer infatti hanno permesso di osservare una raro evento: una doppia transizione, il momento in cui due pianeti passano quasi simultaneamente davanti alla loro stella, e da questo hanno ricostruito le caratteristiche dell’atmosfera, che si è rivelata compatta, proprio come i pianeti rocciosi del nostro sistema solare, come ha sottolineato de Wit:

“Per la prima volta abbiamo osservazioni spettroscopiche di un doppio transito, che ci permettono di entrare all’interno delle atmosfere di entrambi i pianeti allo stesso tempo”.

I ricercatori hanno osservato il doppio transito e registrato una trasmissione combinata dello spettro grazie ad Hubble, riuscendo così a misurare non solo i cambiamenti di lunghezze d’onda legati a questo fenomeno, ma anche la diminuzione della quantità di luce stellare ad ogni transito. Una raccolta di dati “pura e assolutamente perfetta”, come ha commentato de Wit, molto più dettagliata di quanto il suo team avesse potuto immaginare.

Il risultato è stato che al contrario dei pianeti giganti gassosi come Giove, dove i transiti causano una significativa diminuzione di luce stellare, i due esopianeti hanno mostrato una variazione molto stretta di lunghezze d’onda e un calo di luce stellare ridotta, “sintomo” che le loro atmosfere sono compatte e simili a quelle dei pianeti rocciosi come la Terra. De Wit ha però sottolineato che è ancora presto per dire di che tipo di atmosfera si tratti:

“Ora possiamo dire che questi pianeti sono rocciosi. Ora la domanda è, che tipo di atmosfera hanno? Lo scenario plausibile include una atmosfera simile a quella di Venere, che è dominata dal diossido di carbonio, o come quella della Tera, con nubi pesanti, o ancora una atmosfera esaurita, come quella di Marte. Il prossimo passo sarà quello di cercare di capire quali degli scenari possibili è quello giusto per questi pianeti terrestri”.

Riuscire ad ottenere un’osservazione tanto precisa e dei dati così puliti si deve all’accuratezza con cui i ricercatori hanno scelto cosa osservare. Gli scienziati dell’università di Liège, che hanno collaborato col team del Mit alla stesura dell’articolo pubblicato su Nature, hanno scelto di indagare il sistema planetario dove la stella principale è una stella nana ultrafredda, che tipicamente è molto più fredda del Sole ed emette radiazioni dallo spettro dell’infrarosso a quello del visibile. Proprio le sue emissioni luminose più deboli, che non sono in grado di saturare il segnale emesso dai pianeti stessi, ne fanno un’ottima candidata alla ricerca di esopianeti abitabili e rocciosi nell’universo.

La scoperta è stata possibile grazie a un nuovo tipo di telescopio, il Transiting Plants and PlanetesImals Small Telescope, TRAPPIST, che lavora nello spettro dell’infrarosso e che monitora le oltre 70 stelle nane finora individuate nell’emisfero australe. Il telescopio fa parte del consorzio Search for habitable Planets Eclipsing ULtra-cOOl Stars, SPECULOOS, che vuole costruire una rete di telescopi come TRAPPIST per eseguire un monitoraggio continuo delle stelle nane, sia nel cielo australe che in quello boreale.

Il consorzio sta raccogliendo i fondi per la realizzazione dei telescopi, il cui compito è quello di fare un “prescreening” del cielo. Una volta individuato il punto in cui cercare, proprio come avvenuto nel caso dei due mondi rocciosi, entrano in gioco i grandi telescopi spaziali come Hubble o come il James Webb della Nasa, che sarà lanciato a ottobre 2018, il cui compito è quello di concentrarsi sulla porzione di cielo dove il pianeta è stato individuato e raccogliere più dati possibile, come ha spiegato de Wit:

“Usando Hubble per osservazioni più dettagliate, e in futuro anche il James Web, saremo in grado di sapere non solo che tipo di atmosfera si trova su pianeti come TRAPPIST-1b e c, ma anche la composizione delle stesse atmosfere”.

Un risultato entusiasmante, dove la collaborazione tra i telescopi a terra come TRAPPIST e quelli in orbita come Hubble permette non solo di affinare la raccolta dati, ma anche di svelare sempre più nel dettaglio l’esistenza di quei “cugini” della Terra dove potrebbe essere ospitata la vita.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.