ATTUALITÀ

I fondi ERC sono serviti a qualcosa?

Il denaro pubblico speso in favore della ricerca ha avuto un impatto scientifico e sociale. Un impulso in più per proseguire.

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Un’analisi parziale dei progetti di ricerca finanziati con fondi ERC indica che la maggior parte degli studi ha portato a importanti risultati scientifici. Crediti immagine: Neil Turner, Flickr

ATTUALITÀ – “Un ricercatore si è presentato alle nostre selezioni con un progetto ambizioso e alcuni di noi erano incerti se dargli fiducia, perché il progetto era una grande sfida e il ragazzo era troppo giovane. Alla fine abbiamo deciso di finanziare il suo progetto e oggi è uno dei più grandi matematici di tutti i tempi”. Con questo aneddoto Jean-Pierre Bourguignon, presidente dello European Research Council (ERC), descrive lo spirito dell’organizzazione che presiede. Innovazione, alto rischio e la promessa di risultati eccellenti sono le caratteristiche che portano l’ERC a scommettere sulla ricerca.
È importante però anche capire se la scommessa sul rischio ha portato a risultati oppure se non è altro che una collezione di buchi nell’acqua. Alcune settimane fa, presso lo European Science Open Forum (ESOF) di Manchester, è stata presentata l’analisi che tenta di fare un primo bilancio dell’attività dell’ERC. Del resto, a nove anni dalla fondazione dell’organizzazione, dopo 6000 progetti finanziati e un investimento di 9,8 miliardi di euro, era arrivato il momento di fare bilanci. Anche perché, da qui al 2020, c’è ancora una cospicua somma da spendere dei 13 miliardi di euro che costituiscono il budget ERC, per la realizzazione di progetti nell’ambito di Horizon2020. Da poco si è aperta la prima call per il 2017, con i suoi 1,8 miliardi di euro a disposizione dei giovani ricercatori.

Una prima analisi del 2014 aveva valutato l’impatto dei fondi ERC sulle pubblicazioni scientifiche. Tra gli oltre 30 000 articoli prodotti grazie al sostegno dell’ERC e inclusi nel Reuter’s Database, sono 2005 (il 7%) quelli che ricadono nel gruppo dei più citati e che quindi hanno avuto un maggiore impatto nel mondo della ricerca.
La seconda analisi ha voluto valutare i risultati concreti della ricerca su 199 progetti conclusi: cioè il numero delle pubblicazioni, i premi e i brevetti. Il giudizio, di tipo qualitativo, è stato raccolto da 25 comitati di valutazione composti da tre persone: due scienziati che sono stati membri dell’ERC e uno che invece ne è del tutto estraneo. Da questa valutazione, ancora parziale considerando l’esiguo numero di progetti presi in considerazione, è emerso che il 21% dei progetti ha rappresentato una svolta in ambito scientifico; il 50% ha portato a importanti avanzamenti scientifici; il 25% ha dato un contributo alla disciplina ma avrebbero potuto svilupparsi ulteriormente; il 4% non ha dato risultati.
Le persone coinvolte nei progetti ERC hanno avuto avanzamenti nella loro carriera professionale, un ampliamento delle loro capacità e la possibilità di consolidare il gruppo di ricerca. I progetti inoltre molto spesso hanno mostrato un’impostazione multidisciplinare. E anche questa potrebbe essere una chiave del loro successo. “Nel determinare la buona riuscita dei progetti sono fondamentali anche gli anni di finanziamento, che vanno da tre a cinque. Un periodo abbastanza lungo per consolidare la propria ricerca”, ha commentato Athene Donald, membro del consiglio dell’ERC.
Per adesso solo il 10% dei progetti ha già avuto una ricaduta a livello sociale ed economico. Ma si stima che quasi l’80% dei progetti potrebbe avere un impatto potenziale sul futuro della società intera. Ora questi progetti si sono conclusi da poco, ed è quindi prematuro considerare questa stima.

Ma i finanziamenti e quindi anche la possibilità di far da volano per la ricerca scientifica europea sono distribuiti equamente? “I ricercatori che hanno vinto i finanziamenti per la ricerca provengono da contesti assai diversi”, ha spiegato Bourguignon. “Ci sono istituzioni che sono più adatte a ricevere fondi rispetto ad altre, spesso semplicemente perché hanno un’organizzazione capace di attrarre nuovi ricercatori. Il nostro obiettivo per il futuro è soprattutto coinvolgere i Paesi che si sono uniti da poco all’Unione Europea, perché sono i più svantaggiati nella ricezione dei fondi”.

E in questo servirebbe migliorare la comunicazione e anche un cambiamento nell’ impostazione professionale radicata in alcuni Paesi.

@AnnoviGiulia

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Giulia Annovi
Mi occupo di scienza e innovazione, con un occhio speciale ai dati, al mondo della ricerca e all'uso dei social media in ambito accademico e sanitario. Sono interessata alla salute, all'ambiente e, nel mondo microscopico, alle proteine.