SCOPERTE

Cibo sano e poco saporito? Inganna il cervello!

Identificare le precise molecole aromatiche che contribuiscono a determinare il modo in cui riconosciamo il sapore dei cibi potrebbe aiutarci a "ingannare" il cervello, rendendo più appaganti i cibi meno ricchi di grassi e zuccheri.

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Le molecole aromatiche presenti nei cibi contribuiscono a determinare il modo in cui il nostro cervello percepisce i sapori. Crediti immagine: David Blaikie, Flickr

SCOPERTE – “Molti consumatori sanno che dovrebbero mangiare cibi più sani, fatti con una quantità ridotta di grasso, zucchero e sale. La cosa però non è facile, poiché sono proprio questi ingredienti che rendono i cibi che ci piacciono così deliziosi”. Lo ha affermato Thierry Thomas-Danguin, ricercatore in Francia dell’Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica. Una situazione che potrebbe cambiare grazie alla ricerca svolta dal gruppo di ricerca di cui fa parte. Uno strumento da loro sviluppato ha infatti permesso di isolare nel cibo numerose molecole aromatiche capaci di ingannare il nostro cervello sull’effettivo contenuto nutritivo di ciò che stiamo mangiando. Il lavoro è stato presentato al 252mo National Meeting & Exposition della American Chemical Society.

Secondo Thomas-Danguin, “gli aromi possono aiutare a compensare la riduzione di grasso, zucchero e sale nei cibi sani e rendendoli più appetibili per i consumatori”. Contrariamente a ciò che si pensa, infatti, gli aromi sono una componente importante per determinare il modo in cui percepiamo il sapore. In effetti i gusti percepibili dalle papille gustative sono solo cinque, mentre le molecole che determinano l’aroma di un cibo sono decine. Proprio questo ha portato all’utilizzo di aromi chimici, oli essenziali ed estratti botanici per migliorare il sapore di cibi e bevande ed aumentare le vendite. Di recente, invece, l’attenzione si è spostata sul tentativo di migliorare il sapore dei cibi con pochi grassi, zuccheri o sale, spesso evitati dai consumatori per il loro scarso sapore.

In un lavoro precedente, Thomas-Danguin aveva dimostrato che l’aggiunta dell’aroma giusto nel posto giusto e nella giusta quantità può ingannare il cervello. In un esperimento infatti era bastato disporre nel giusto modo il sale e l’aroma di prosciutto in uno sformato per indurre chi lo ha assaggiato ad affermare che avesse lo stesso sapore di uno sformato col 40% in più di sale.

Nel suo ultimo lavoro il ricercatore ha cercato un nuovo metodo per isolare le molecole aromatiche associate ai gusti dolci. Il prodotto è stato un dispositivo primo del suo genere e dal nome ostico, Gas Chromatograph-Olfactometry Associated Taste (GC-OAT). Questo combina due dispositivi già esistenti, il gascromatografo e l’olfattometro. Il primo è uno strumento che permette di fare analisi chimiche di una miscela gassosa e quindi di individuare le molecole aromatiche; il secondo, invece, permette di determinare la quantità di odore emessa da una sorgente. Per far questo però deve ricorrere al naso umano come sensore, in quanto gli analizzatori chimici oggi ci possono dire quali molecole ci siano nell’aria, ma non la percezione dell’odore che vi corrisponde. L’apparecchiatura quindi emette odori a precise concentrazioni che vengono poi annusati e misurati da un gruppo di diverse persone in modo da avere risultati affidabili.

Alle persone che hanno partecipato all’esperimento è stato chiesto di annusare il vero aroma di un succo di frutta attraverso l’olfattometro, mentre i ricercatori individuavano le molecole aromatiche che lo compongono. In seguito ognuna di queste molecole è stata aggiunta, una alla volta, nell’olfattometro all’odore di succo originale. È stato così chiesto ai partecipanti se la molecola di volta in volta aggiunta contribuiva alla percezione di dolcezza del succo di frutta. Questa procedura ha permesso di individuare le esatte molecole che contribuiscono ad aumentare la percezione di dolcezza in un aroma.

Siamo quindi già in grado di modificare il sapore dei cibi aggiungendo specifici aromi? Non ancora. Infatti l’analisi è stata realizzata in condizioni sperimentali, ben distanti da quelle presenti nella quotidianità. I risultati ottenuti però ci avvicinano alla possibilità in futuro di poter godere di cibi sani e allo stesso tempo appaganti.

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale