SCOPERTE

Per il sangue delle biobanche è fondamentale il fattore tempo

Quando si analizzano campioni di sangue conservati nelle biobanche, bisognerebbe tenere in considerazione anche il tempo di conservazione.

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La duranta della conservazione dei campioni di sangue in una biobanca può influenzare i risultati dei test. Crediti immagine: Tom Mallinson, Wikimedia Commons

SCOPERTE – La durata del periodo durante il quale un campione di sangue, utilizzato per la ricerca medica, viene conservato in una biobanca, può influenzare i risultati dei test. È quanto emerge da un nuovo studio dell’Università di Uppsala, pubblicato sulla rivista scientifica EBioMedicine. Fino a oggi, la ricerca medica aveva tenuto conto solo di fattori come l’età, il sesso e la salute del donatore, ma lo studio rivela che anche il tempo di conservazione del campione è un elemento importante.“Questi risultati cambieranno il modo di lavorare con i campioni di sangue provenienti dalle biobanche. È la prima volta che viene messa in luce l’importanza del fattore tempo, ora andrà tenuto in debita considerazione da tutti”, commenta Stefan Enroth, uno degli autori dello studio.

Nella loro ricerca sul trattamento e la diagnosi del cancro uterino, i ricercatori hanno esaminato molti campioni raccolti durante il programma di intervento Västerbotten dell’Università di Umeå, tra il 1988 e il 2014. Nel complesso sono stati esaminati 380 campioni di sangue di 106 donne diverse, di età compresa tra i 29 e i 73 anni. Per studiare l’impatto del periodo di conservazione sono stati valutati solo quelli delle donne over 50, tenendo conto dell’età al momento del prelievo. Il sangue delle biobanche è poi stato usato nella ricerca farmaceutica e per la sperimentazione di nuovi tipi di trattamento clinico.

Dai risultati dello studio emerge che il tempo di conservazione può condizionare la concentrazione di proteine presenti nel plasma dei campioni conservati, fino a una percentuale del 35%. Il tempo di conservazione dei campioni diventa quindi un elemento cruciale da tenere in considerazione negli studi epidemiologici, per una molteplicità di situazioni: per la raccolta di campioni utili allo studio delle malattie rare, per monitorare variazioni individuali negli studi longitudinali e per studi di tipo prospettico volti a individuare biomarcatori per specifici tipi di malattia. (*)

Anche alla luce dei risultati di questa ricerca, è comunque impensabile ripetere tutti i test effettuati in precedenza sulle biobanche. Come precisano gli autori, “Le imprecisioni precedenti hanno probabilmente creato falsi negativi. Le anomalie potrebbero non essere emerse perché i campioni sono stati raccolti in un periodo di tempo piuttosto lungo”. L’altro importante risultato dello studio è legato ai livelli di plasma nel sangue, che variano a seconda della stagione o del mese in cui sono stati raccolti i campioni. Alcune di queste differenze possono essere spiegate in virtù della diversa quantità di luce solare a cui potevano essere stati esposti i soggetti donatori.

@Vagabondamente

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.

(*) Questo paragrafo è stato aggiunto il 22 settembre 2016 a seguito di una richiesta di chiarimenti

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Sara Moraca
Dopo una prima laurea in comunicazione e una seconda in biologia, ho frequentato il Master in Comunicazione della Scienza della Sissa di Trieste. Da oltre dieci anni mi occupo di scrittura: prima come autore per Treccani e De Agostini, ora come giornalista per testate come Wired, National Geographic, Oggi Scienza, La Stampa.