STRANIMONDI

Si può tornare indietro? Passato, futuro e tecnologie

Le tecnologie del presente sono il male? La retorica di un passato migliore e più innocente non è certo nuova, e trova largo spazio nel cinema, nella musica e nella letteratura.

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Le nuove tecnologie hanno modificato il nostro stile di vita: meglio un ritorno al passato? Crediti immagine: Edwin Lee, Flickr

STRANIMONDI – Negli ultimi giorni diversi media hanno a lungo dibattuto sui pericoli del web e dei social network in seguito a drammatici fatti di cronaca legati alle interazioni online e al cyberbullismo. In particolare, in una puntata della trasmissione di approfondimento “Otto e mezzo” condotta da Lilli Gruber diversi ospiti, fra cui lo pischiatra Paolo Crepet e l’attore Kim Rossi Stuart, hanno sottolineato i rischi del web invocando un “ritorno al passato” che ponga seri limiti all’utilizzo e alla diffusione degli strumenti social e informatici. Rossi Stuart si è definito “pretecnologico” e ha esplicitamente chiesto il perché non si possa fare un passo indietro (“Non si può tornare indietro?”, afferma), lasciando intendere che questi strumenti debbano essere limitati e regolati in modo più stringente.

Crepet si è soffermato soprattutto su quelle che sono, a suo dire, differenze costitutive tra media tradizionali – simboleggiati, in una sua metafora, da uno strumento che media non è, ovvero il citofono – e internet. Dice Crepet: “[il social network, nota dell’autore] non è una tecnologia qualsiasi, non è vero che è uguale a tutte le altre, perché quando hanno messo il citofono a mia nonna non è che mia nonna è rimasta 24 ore su 24 attaccata al citofono quindi evidentemente le cose sono molto diverse”. Le frasi di Crepet e Rossi Stuart sono state fortemente criticate da Massimo Mantellini, giornalista e scrittore esperto di tecnologia in un post del suo blog, nel quale elenca tutti i passaggi più critici, ispirati al luogo comune del “ritorno al passato”.

Tecnologie vecchie contro tecnologie nuove

Le posizioni di Crepet e Rossi Stuart sono una forte per quanto legittima forma di critica del presente e dei problemi portati da avanzamenti scientifici e tecnologici. Senza negare rischi e lati negativi di web e social media, che certamente esistono e dei quali è bene essere consapevoli, la domanda “Non è possibile tornare indietro?” intende però qualcosa di più ampio. Tracciare futuri probabilmente peggiori del passato (e del presente) a causa di una determinata tecnologia ha ispirato “distopie” e narrazioni di ogni tipo e di diversi registri. Prima contro dopo, passato contro futuro. Tecnologie vecchie sono viste come innocue o, perlomeno, meno pericolose; mentre le tecnologie nuove vengono identificate come potenti ma proprio per questo molto pericolose. Vecchia maniera contro novità moderne: andando su contenuti affini a Stranimondi, questo succedeva già nell’ultimo film su James Bond, Spectre, dove le spie 3.0 sono concentrati di tecnologia e lavorano davanti a uno schermo mentre le spie “di una volta”– come il buon James – erano tutti azione sul campo e muscoli. Anche in Spectre veniva sottolineato come lo spionaggio ultratecnologico fosse da un lato potenzialmente molto efficiente, ma anche estremamente pericoloso per la privacy delle persone.

Sui pericoli della tecnologia c’è anche una memorabile clip tratta da Futurama: persino nel 3000, quando la tecnologia ci farà – almeno secondo gli autori del cartone – viaggiare nello spazio profondo e indietro nel tempo, clonarci, trapiantare parti del corpo con estrema facilità, conservare teste vive senza il corpo, e tanto altro ancora, alcune tecnologie saranno viste con sospetto perché potenzialmente dannose per il genere umano. Qual è questa tecnologia ve lo lascio scoprire dal video che segue.

Dalla natura all’urbanizzazione

Se tecnologia nuova contro tecnologia vecchia è la più attuale e dibattuta dicotomia di questo filone, non si può dimenticare che diversi film, canzoni e libri hanno invece affrontato il tema di un passato perduto concentrandosi sul complesso passaggio fra natura e urbanizzazione. Nel contesto rurale la tecnologia è poca, marginale, mentre gli spazi urbani sono tali soprattutto per via della tecnica. Un possibile manifesto è la canzone di Adriano Celentano Il ragazzo della Via Gluck, dove la cementificazione moderna è il nuovo che succede al vecchio, descritto quasi come un paesaggio naturale e incontaminato.

“Là dove c’era l’erba ora c’è una città” è un verso iconico e divenuto simbolico degli anni Sessanta italiani del boom economico. Il “benessere” – o presunto tale – portato dall’industria costa un caro prezzo, ovvero l’abbandono della naturalità, il cemento sostituisce il verde. Questo è un tema legato anche a un film che vede protagonista il Molleggiato, ovvero Il bisbetico domato, del 1980. Qui c’è una scena in cui Elia Codogno, il personaggio interpretato da Celentano, sfida una macchina per la pigiatura in una vera e propria gara. Chi vincerà fra la moderna tecnologia e gli antichi metodi contadini? Ovviamente i secondi, grazie alla grande abilità di Elia.

Queste scene si collocano in una dimensione in cui il passato è una situazione idilliaca da rimpiangere, a fronte di un presente in cui la tecnologia sta disumanizzando le persone. Una descrizione analoga del passaggio tra un passato caratterizzato dalla natura selvaggia e un futuro industrializzato è offerta dalla lunga cavalcata rock di Telegraph Road, brano di oltre 14 minuti scritto dal chitarrista e cantante Mark Knopfler e incluso nel quarto disco in studio del gruppo britannico Dire Straits, ovvero Love Over Gold del 1982 (album che include anche i 12 minuti di Industrial disease, altro brano affine a questi temi).

Il passato, concretizzato da una strada polverosa, muta in un presente tecnologico, segnato dalla presenza del telegrafo, che con le sue strutture e i suoi fili cambia per moltissime miglia il paesaggio (la Telegraph Road del titolo è la US Route 24, che collega il Colorado al Michigan). Una strada che all’inizio della canzone è un sentiero che vede l’arrivo a piedi di un uomo che ha camminato 20 miglia con uno zaino sulle spalle, mentre dopo il primo ritornello è diventata una strada immensa, intasata dalle automobili dei lavoratori che vanno e tornano dalle fabbriche. Così la canzone si avvia verso un finale molto negativo, in cui la natura prende una rivincita sugli esseri umani: mentre le persone sono bloccate nelle loro auto lungo la Telegraph Road gli uccelli appollaiati sui pali del telegrafo volano via liberi: “and the birds up on the wires/and the telegraph poles/they can always fly away/from this rain and this cold”. Celentano e Knopfler, in modi diversi, si fanno testimoni di un cambiamento, sottolineandone in particolar modo i lati negativi. Tuttavia il passaggio, in entrambe le canzoni, è ormai avvenuto.

Le favole di Marcovaldo: lo sguardo di Italo Calvino

Sarebbe errato dire che nelle nostre moderne città la natura sia del tutto inesistente. Lo sottolinea con straordinario acume la penna di Italo Calvino. In Marcovaldo Calvino dipinge 20 brevi fiabe moderne. Il protagonista è appunto Marcovaldo, operaio di una azienda di nome “Sbav” in una metropoli italiana negli anni Sessanta. Il protagonista sente una forte attrazione verso gli elementi naturali che vede in città. Così, per lui, raccogliere funghi spuntati dopo una pioggia o dormire una notte nel parco cittadino sono un concreto riavvicinamento a una condizione primigenia in cui l’opprimente routine della città non esisteva. Tuttavia, ogni tentativo di Marcovaldo di vivere con pienezza la natura in città è destinato al fallimento. Nel caso dei funghi che raccoglie e mangia, sono velenosi; la nottata al parco è un vero e proprio incubo. Questo perché Calvino coglie da un lato la nostalgia per una natura estromessa in larga parte dalla città, ma dall’altro, punendo il suo protagonista con finali tragicomici, mette in guardia il lettore: un acritico vagheggiare al passato che ignori gli inevitabili cambiamenti in atto è una posizione altrettanto sconsigliabile al pari di una cieca fiducia nel progresso.

@enricobergianti

Leggi anche: Mostri, ragazzini e nostalgia. Stranger Things

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Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.