Occhio ai rigori
Alcuni tiri resteranno probabilmente imparabili, ma lo studio dei movimenti oculari può aiutare i portieri e aumentare le probabilità di bloccare la palla
SPORTLAB – Questo rigore storico di Francesco Totti è probabilmente il rigore imparabile per definizione, anche da un punto di vista scientifico. Tiro molto forte, angolato alto, quasi all’incrocio dei pali. Questione di tempi. La porta da calcio è alta 2,44 metri e larga 7,32 metri e il pallone parte da 11 metri di distanza dalla linea di porta. Il portiere, pur molto alto – nel caso di questo rigore, il portiere è l’australiano Mark Schwarzer, alto 1 metro e 95 centimetri – che pure intuisce e mette uno slancio pressoché ottimo, non ha il tempo di coprire lo spazio della porta e di opporre un’adeguata resistenza muscolare con braccia e mani al missile calciato da Totti.
Il portiere è un ruolo solitario, difficile e affascinante. Nel rigore in particolare il portiere è in una condizione di oggettivo svantaggio nei confronti di chi tira. Il perché ce lo spiega Alessandro Piras, professore di Fisiologia dello Sport all’Università di Bologna: “Un pallone calciato a circa 65 km/h fa sì che la palla stia in volo per circa 650 millisecondi. I portieri, se collocati al centro della porta, impiegano circa 1,3 secondi per intercettare un pallone indirizzato a fil di palo”. Tutto si complica ancor di più con un tiro forte (circa 90 km/h) e anche quasi nel “sette” come quello di Totti. Il portiere è in netto svantaggio: se l’attaccante non sbaglia qualcosa, per il portiere è davvero difficile poter intervenire.
I rigori come quelli di Totti rimarranno probabilmente imparabili, tuttavia potrebbe diventare possibile bloccare un tiro alla stessa velocità e indirizzato agli angolini bassi grazie agli studi dei movimenti oculari di cui Piras e l’Università di Bologna sono protagonisti da anni. “Ho iniziato a studiare i movimenti oculari in riferimento ai calci di rigore durante il mio dottorato in Canada, nel 2007”, racconta Piras. Per movimento oculare si deve intendere anche un minimo spostamento dell’occhio da un punto a un altro nello spazio. Sebbene in molte occasioni i portieri si tengano immobili sulla linea di porta, i loro occhi si spostano continuamente sul corpo dell’attaccante e sulla palla. È possibile tenere traccia di questi movimenti attraverso un casco ottico, chiamato EyeLink II, che è il cuore della ricerca di Piras. “Le nostre ricerche sui rigori avvengono in real world situation, ovvero registriamo l’evento che si verifica. In altri casi abbiamo fatto simulazioni in laboratorio su atleti che con un joystick dovevano rispondere a uno stimolo”. Qui invece il rigore si batte sul campo. Il portiere indossa il casco e deve cercare di parare un rigore calciato o con il collo del piede o con il piatto. L’operazione viene ripetuta per 30 volte. Grazie al casco ottico è stato possibile mappare lo sguardo del portiere: “Quello che abbiamo notato è che, in entrambi i tipi di tiro, non cambiava il numero di fissazioni oculari nelle diverse aree di interesse quali gambe, anche, piedi, palla, viso del calciatore”, spiega Piras. Quello che cambia e che è scientificamente rilevante è il fatto che più movimenti oculari venivano fatti, ovvero più aree venivano fissate, più era alta la percentuale di rigori non parati.
I ricercatori hanno così identificato un punto di interesse che, se fissato, diminuiva la probabilità di non parare il tiro. Questo punto è collocato all’incirca tra gamba d’appoggio, gamba che calcia e palla, e Piras e colleghi lo hanno chiamato visual pivot. “Il visual pivot è necessario quando l’informazione spaziale è complessa e c’è bisogno di spostare l’attenzione visiva velocemente fra diversi punti dello spazio”. Quello che è emerso dagli studi di Piras è che nell’istante appena precedente il tuffo del portiere, quest’ultimo guardava nel 60% la palla e nel 40% il visual pivot: “L’analisi ha dimostrato qualcosa di nuovo, ossia che se l’ultima fissazione prima del tuffo avveniva sul visual pivot e non sulla palla la probabilità dei portieri di parare il rigore aumentava” è la conclusione di Piras. Ma perché accade? “Guardare quel punto prima del tuffo consente di mantenere un grado di informazione maggiore rispetto al contesto circostante che può essere utile al fine di parare il tiro; informazione che viene invece dispersa se si passa con lo sguardo sulla palla” è la risposta di Piras.
Questo ambito di studio non si limita al calcio. Piras e colleghi hanno studiato anche alcune prese del judo, azioni della pallavolo e del tennis tavolo. Nell’ambito del calcio un nuovo sviluppo di ricerca sarà il cosiddetto passaggio “no look”, ovvero il passaggio fatto senza guardare, molto popolare anche nel basket. “Abbiamo scoperto che movimenti rapidissimi e inconsapevoli dell’occhio – chiamate microsaccadi – avvengono continuamente e si dirigono spontaneamente verso la zona di interesse, ovvero un compagno di squadra o la sua zona di campo, nel caso di un passaggio calcistico, anche se consciamente dirigiamo il movimento oculare e quindi lo sguardo altrove”.
Queste ricerche non rispondono solo a curiosità teoriche che riguardano la fisiologia. I portieri del futuro, infatti, potrebbero crescere sin dalla tenera età imparando l’importanza della fissazione del visual pivot. “Aver scoperto l’interesse scientifico del visual pivot non può tradursi immediatamente nel dire a portieri professionisti di fissarlo: sarebbe ingenuo pensare che dire a persone già formate calcisticamente e con meccanismi fisiologici e neurali ben fissati e stabiliti di modificare le loro abitudini li aiuterebbe a parare più rigori”, commenta Piras. C’è da agire a livello di scuola calcio, con giovani portieri di circa 8-10 anni: “Quello che si potrà fare nei prossimi anni è spiegare queste tecniche visuali quando si inizia a imparare il ruolo, ovvero quando vengono appresi i fondamentali: solo così sarà possibile pian piano allenare lo sguardo, sincronizzarlo con i movimenti e formare quindi connessioni neurali peculiari come quelle di tutti gli altri movimenti di uno sport”, afferma lo scienziato. In questo modo la scienza che da un lato “condanna” i portieri spiegandogli che i rigori come quelli di Totti non sono parabili, dall’altro lato ridà loro un po’ di speranza: agendo di anticipo grazie a un maggior numero di informazioni fornite dalla fissazione di un punto preciso dello spazio, per gli attaccanti potrebbe essere più complicato segnare un rigore.
di Giulia Rocco ed Enrico Bergianti
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