SCOPERTE

Riscaldamento globale, il massimo termico del Paleocene-Eocene colpa della cometa

Un aumento di temperature di 6 gradi Celsius in appena 20mila anni. Questo il massimo termico del Paleocene-Eocene che si verificò circa 55 milioni di anni fa. Fino a oggi il “colpevole” di questo riscaldamento globale era ignoto, ma un nuovo studio dimostra che è stato causato dall'impatto di una cometa

Escluse attività vulcanica e altre cause, il prossimo passo è andare a caccia del cratere generato dall’impatto, che 56 milioni di anni fa cambiò il clima terrestre. Provocando la più grande estinzione di massa dopo quella del Cretaceo-Paleocene. Crediti immagine: Nasa/Don Davis

SCOPERTE – Circa 56 milioni di anni fa il globo terrestre andò incontro ad un rapido aumento delle temperature, un periodo noto come Massimo Termico del Paleocene-Eocene (PETM). In appena 20mila anni, infatti, ci fu un riscaldamento globale di 6 gradi Celsius che causò l’estinzione di alcuni organismi e la diminuzione delle dimensioni dei mammiferi, favorendone così anche l’evoluzione.

Nei reperti fossili e geologici gli scienziati hanno individuato una grande quantità di carbonio impoverito dell’isotopo 13C che entrò in circolo nell’idrosfera e nell’atmosfera terrestre, ma cosa lo ha causato? Fino a oggi le ipotesi al vaglio degli scienziati per spiegare questo improvviso riscaldamento globale erano diverse. Tra i “colpevoli” figurava una violenta eruzione vulcanica, che avrebbe potuto immettere nell’atmosfera abbastanza gas serra da causare l’aumento delle temperature, o la variazione delle correnti oceaniche tale da variare i flussi di calore dell’atmosfera. O ancora l’impatto di una cometa o di un asteroide, anche se il cratere non è mai stato individuato.

Ora uno studio pubblicato sulla rivista Science svela il mistero e punta il dito proprio contro l’impatto di un oggetto extraterrestre, forse una cometa. Morgan F. Schaller della Rutger University insieme al suo team di ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sull’analisi delle sferule di microtectiti e microkrystite, sfere con caratteristiche vetrose o cristalline che si formano dall’impatto di un oggetto celeste con la Terra in caso di temperature molto elevate. Le sfere prese in esame dai ricercatori hanno mostrato dei reticoli cristallini caratteristici di una fusione ad altissime temperature, di almeno 1750 gradi Celsius. Temperature che, di fatto, escludono che possano essersi formate da attività vulcanica e rappresentano la prima conferma di un impatto da cometa.

I ricercatori hanno preso in esame i campioni minerali provenienti da tre siti specifici: la regione dei Wilson Lake, nel Kansas, e di Millville, nel New Jersey, e i sedimenti marini della piana di Blake Nose nell’oceano Atlantico, raccolti dall’organizzazione Ocean Drilling Program.

L’analisi dei campioni ha permesso di osservare una abbondanza di sferule che risalgono al periodo del Paleocene-Eocene e che sono compatibili con gli stessi valori di altri eventi di impatto di comete o asteroidi. La conclusione degli scienziati è stata che la distribuzione stratigrafica e la morfologia delle sferule indicasse un impatto da cometa o da asteroide avvenuto proprio tra i 55 e i 57 milioni di anni fa. Un impatto avvenuto in corrispondenza dunque del PETM e che sarebbe in grado di spiegare il riscaldamento globale improvviso.

Il mistero che si celava dietro al PETM sembra così essere svelato, ma il risultato dello studio rappresenta solo un primo passo. Ora che l’attività vulcanica e le altre cause di riscaldamento globale sono state escluse, il prossimo passo per i ricercatori è quello di andare a caccia del cratere generato dall’impatto che 56 milioni di anni fa ha cambiato il clima terrestre, portando alla più grande estinzione di massa dopo quella del Cretaceo-Paleocene, avvenuta circa 10 milioni di anni prima, e alla differenziazione dei mammiferi. Uno studio importante per comprendere non solo l’evoluzione del clima terrestre, ma anche i futuri cambiamenti e l’odierno riscaldamento globale del pianeta.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.