IPAZIA

Yvonne Brill e lo sviluppo della propulsione spaziale

Il suo lavoro ha migliorato notevolmente l’efficacia dei sistemi di propulsione dei razzi per i satelliti in orbita attorno alla Terra.

Crediti immagine: Society of Women Engineers

IPAZIA – Le telecomunicazioni, le previsioni meteorologiche, il GPS che consente il funzionamento dei nostri navigatori e delle app di geolocalizzazione. Oggi la nostra vita dipende in gran parte dalla fitta rete di satelliti in orbita attorno alla Terra. Tutto questo è possibile anche grazie alle tecnologie di lancio in grado di inviare nello spazio e mantenere in orbita strumenti tanto fragili e sofisticati. In pochi sanno che dietro il sistema di propulsione tuttora in uso nei satelliti, ma anche in navicelle e sonde spaziali, c’è il lavoro di una donna. Il suo nome era Yvonne Brill.

Yvonne Brill nasce nel 1924 nei pressi di Winnipeg, in Canada, figlia di emigranti belgi. I genitori – madre casalinga e padre falegname – non prestano particolare attenzione agli studi della figlia, ma Yvonne va bene a scuola e a soli dieci anni ha già le idee molto chiare: tutti i giorni prende un tram che passa di fronte agli edifici dell’Università del Manitoba e decide che prima o poi frequenterà quell’istituto. Dopo il diploma vorrebbe studiare ingegneria, ma la sua iscrizione non viene accettata perché non esistono alloggi per donne nel campus della facoltà. Si laureerà col massimo dei voti in matematica e poi in chimica. La sua carriera inizia come matematica presso la Douglas Aircraft Company, una delle principali aziende aeronautiche degli Stati Uniti, ma già nel 1946 Yvonne mostra le sue capacità in ambito ingegneristico e viene trasferita alla RAND Corporation, dove diventa analista di ricerca sui sistemi di propellente per razzi. “All’epoca nessuno aveva i titoli di studio specifici per un determinato lavoro, ma non aveva realmente importanza”, dichiarerà in un’intervista, “io non avevo potuto studiare ingegneria, ma gli ingegneri dal canto loro sapevano poco di chimica e matematica”.

Negli anni successivi, la Brill lavora come ingegnera aerospaziale in numerose aziende ed enti governativi, come la United Technologies, la RCA Astro Electronics e la NASA. Le sue ricerche vertono sullo sviluppo di nuovi propellenti chimici per i razzi utilizzati per mandare in orbita i satelliti. Nei primi anni ‘60 contribuisce alla realizzazione di TIROS-I, il primo satellite meteorologico della storia, e lavora alla messa in orbita dell’Explorer 32, il primo satellite in orbita nella parte superiore dell’atmosfera. Nel 1967 sviluppa un nuovo sistema di propulsione spaziale, il resistojet a idrazina, propellente che garantisce maggiore affidabilità e performance più elevate ai motori dei razzi usati per mandare i satelliti in orbita. Il sistema, brevettato nel 1972, è utilizzato tuttora. Tra i numerosi altri contributi di Yvonne Brill allo sviluppo dell’ingegneria aerospaziale, va ricordato poi l’innovativo motore al plasma del NOVA I, satellite utilizzato dalla marina americana per la trasmissione dei dati ai sottomarini. Tra il 1981 e il 1983 si occupa dello sviluppo del motore dello Space Shuttle per la NASA; anche la sonda spaziale Mars Observer, lanciata nel 1992, sfrutta un sistema di propulsione ideato da Yvonne Brill.

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Nel corso degli anni, Yvonne Brill ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 1980, il magazine Harper’s Bazaar e la De Beers Corporation le hanno conferito il Diamond Superwoman Award per essere riuscita a rilanciare la sua carriera dopo aver avuto tre figli. Nel 1986 è stata premiata dalla Society of Women Engineers (SWE) “per gli importanti contributi ai sistemi di propulsione spaziale e per il servizio reso alla crescita professionale delle donne nell’ingegneria” e nel 1987 è entrata a far parte della National Academy of Engineering . Il contributo di Yvonne Brill all’ingegneria aerospaziale è stato riconosciuto anche dalla NASA, dalla Association of Engineering Societies e dall’American Institute of Aeronautics and Astronautics. Nel 2011, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama le ha conferito l’onorificenza più importante, la National Medal of Technology and Innovation, per aver migliorato notevolmente l’efficacia dei sistemi di propulsione dei razzi per i satelliti in orbita attorno alla Terra.

Yvonne Brill è morta il 27 marzo 2013, all’età di 88 anni. Il necrologio del New York Times, pubblicato pochi giorni dopo, iniziava con queste parole: “Sapeva preparare un eccellente manzo alla Stroganoff, ha seguito suo marito di lavoro in lavoro e si è presa otto anni di pausa dal lavoro per crescere tre figli”. L’incipit dell’articolo metteva l’accento sul genere e la vita familiare della Brill piuttosto che sulla sua carriera e sui suoi risultati scientifici. Subissato di critiche da parte di lettori e giornalisti, il New York Times ha subito modificato la frase incriminata, ma questo non è bastato a placare le polemiche. Come abbiamo spiegato in un articolo pubblicato su OggiScienza subito dopo il fatto, il pezzo del New York Times falliva miseramente il Finkbeiner test, metodo proposto dalla giornalista Christie Aschwanden per misurare il livello di sessismo, anche inconsapevole, negli articoli sulle ricercatrici. A onor del vero, ci siamo resi conto che neppure gli articoli di questa rubrica superano appieno il test. Cercheremo di migliorare.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.