Il campo magnetico terrestre: tra inversioni e anomalie
Un’area di depressione magnetica, nota come Anomalia del Sud Atlantico, continua a crescere, destando qualche preoccupazione.
Il nostro pianeta è speciale. Probabilmente non unico, ma sicuramente raro. Una straordinaria combinazione di elementi e successione di eventi hanno creato le condizioni favorevoli alla vita, che si è evoluta in una grande varietà di specie, trasformandolo nel mondo che conosciamo.
Vista dallo spazio, la Terra lascia sempre meravigliati: il suo colore “blu pallido”, come lo aveva definito Carl Sagan, dovuto principalmente alla dispersione della luce solare nell’atmosfera e all’abbondante massa d’acqua degli oceani, non ha ancora trovato eguali nella ricerca dei pianeti extrasolari.
Ci sono molti fattori che concorrono per rendere la Terra abitabile ogni giorno: alcuni li abbiamo costantemente (e letteralmente) sotto il naso (come l’aria che respiriamo), altri sono meno tangibili ma altrettanto basilari. Uno di questi è il campo magnetico che dal centro del pianeta si propaga nello spazio creando una gigantesca bolla invisibile, la quale ci protegge dalle radiazioni esterne più nocive. Questo fenomeno fisico naturale è tutt’altro che scontato ed è molto dinamico: può cambiare intensità, forma e orientamento, a livello globale e locale.
Ora, una depressione magnetica che si estende dall’Africa al Sud America, nota fin dagli anni ’50, sta continuando ad espandersi, indebolendo il campo magnetico terrestre e causando problemi tecnici ai satelliti in orbita.
Il campo magnetico terrestre e l’Anomalia del Sud Atlantico
Il campo magnetico terrestre è alimentato dal nucleo di ferro liquido che si trova al centro della Terra. Qui, a circa 3.000 chilometri sotto i nostri piedi, il raffreddamento e la solidificazione del nocciolo più interno stimola il ferro liquido circostante, creando potenti correnti elettriche. Queste, a loro volta, generano il campo magnetico che avvolge la Terra, dando origine a quel meccanismo chiamato geodinamo (o dinamo autoalimentata). La sua struttura è assimilabile a quella di un dipolo magnetico, in cui i poli magnetici sono vicini ma non coincidenti con i poli geografici.
Non è chiaro come e quando sia nato ma alcune prove testimoniano la sua esistenza 4,2 miliardi di anni fa. Gli scienziati ne hanno dedotto l’intensità e l’età studiando le rocce all’interno delle quali, durante il processo di raffreddamento e solidificazione, i minerali magnetici si sono allineati con il campo magnetico globale.
È possibile che il motore sia stato inizialmente messo in moto dall’Intenso Bombardamento Tardivo, lo stesso grande impatto che generò la Luna.
Noi ci accorgiamo solo indirettamente della sua presenza nella vita quotidiana. Prima di tutto è alla base dei nostri sistemi di orientamento e navigazione da secoli, responsabile di far puntare l’ago della bussola verso nord. Molti animali lo percepiscono e lo usano per spostarsi durante le migrazioni. Oppure, alle alte latitudini terrestri, le aurore creano uno spettacolo unico nel cielo quando il vento solare, il flusso di particelle cariche provenienti dal Sole, riesce a penetrarlo, arrivando ad interagire con la ionosfera.
Il campo magnetico si estende efficacemente dal centro della Terra fino nello spazio, per diverse decine di migliaia di chilometri, e concorre, insieme ai campi magnetici secondari di origine esterna, a formare la magnetosfera terrestre. Questa è una sorta di scudo che ci protegge dai raggi cosmici e devia il vento solare che altrimenti divorerebbe la nostra atmosfera.
Al suo interno, tra l’orbita geostazionaria (l’orbita dei satelliti per le telecomunicazioni) e l’orbita bassa (l’orbita della Stazione Spaziale Internazionale – ISS), ci sono delle fasce di particelle altamente energetiche chiamate Fasce di Van Allen, dal nome dello scienziato che ne dedusse l’esistenza analizzando i dati trasmessi dal primo satellite americano, Explorer 1, nel 1958. Sono essenzialmente due toroidi molto dinamici che circondano la Terra in un’area che si estende per circa 65 gradi da nord a sud dell’equatore. Possono contrarsi, espandersi e sdoppiarsi. Intrappolano e scambiano plasma con lo spazio esterno, senza che questo raggiunga la superficie terrestre.
Oggi le conosciamo meglio perché, se è vero che è buona norma starne alla larga, due sonde gemelle della NASA, chiamate Radiation Belt Storm Probes (RBSP) o Van Allen Probes, ci hanno volato dentro per più di 5 anni.
La ciambella più interna è delimitata inferiormente dall’atmosfera terrestre, inizia a circa 1000 chilometri e si estende fino a 6.000 chilometri di quota; quella più esterna va dagli 8.000 ai 40.000 chilometri (che corrispondono a circa 7 raggi terrestri). Ma ci sono dei punti in cui la fascia inferiore si immerge fino a 200-800 chilometri, sfiorando la superficie.
È nota come Anomalia del Sud Atlantico o SAA (South Atlantic Anomaly) ed è un’area in cui il campo geomagnetico è caratterizzato da un’intensità inferiore rispetto al valore medio.
È una zona piuttosto vasta dove, ad esempio, i passeggeri dei voli a lunga percorrenza possono prendere un po’ di radiazioni in più e dove la nostra tecnologia ha grandi difficoltà. Nonostante le sue fluttuazioni rientrino ancora all’interno del range considerato “normale”, la navigazione via mare o via aerea è più complicata e le attività nello spazio ne sperimentano gli effetti. In passato, il satellite della NASA MODIS rimase inattivo per più di due settimane dopo aver attraversato la SAA; diversi astronauti dello Space Shuttle riferirono di computer in crash e di lampi luminosi in aria passando nell’Anomalia; mentre sulla Stazione Spaziale Internazionale, che attraversa la zona periodicamente durante le sue orbite, la schermatura è stata potenziata. Il telescopio spaziale Hubble spegne la strumentazione più sensibile ogni volta che la sorvola.
Dal 1970 al 2020, l’intensità di campo minima nella SAA è scesa da circa 24.000 a 22.000 nanoTesla, mentre l’area interessata si sta allargando e spostando verso ovest a un ritmo di circa 20 chilometri all’anno. Negli ultimi cinque anni, un secondo centro di minima intensità è emerso a sud-ovest dell’Africa, indicando che l’Anomalia del Sud Atlantico potrebbe dividersi in due cellule separate.
Fluttuazioni simili si sono verificate anche nel passato
Il campo magnetico terrestre viene spesso descritto come una potente barra magnetica posizionata al centro del pianeta e inclinata di circa 11° rispetto all’asse di rotazione della Terra. Le linee di forza generate, escono dal sud magnetico e rientrano nel nord magnetico. Tuttavia, la crescita dell’Anomalia del Sud Atlantico indica che i processi coinvolti sono molto più complessi e non possono essere spiegati con semplici modelli dipolari.
Lo studio di antichi manufatti africani di argilla che furono bruciati dalle tribù locali, mostrano i minerali magnetici rimasti allineati con il campo magnetico terrestre durante il raffreddamento, indicando che fluttuazioni simili si sono verificate anche nel 400-450 d.C., 700-750 d.C. e 1225-1550 d.C..
Esperimenti di tomografia sismica, una tecnica di imaging che studia l’interno della Terra tramite le onde sismiche prodotte da terremoti o esplosioni, hanno mostrato che il mantello terrestre non è uniforme ma ci sono delle zone simili a pennacchi di roccia densa caratterizzate da una forte riduzione di velocità delle onde di taglio S. Queste, che provocano oscillazioni perpendicolari rispetto alla direzione di propagazione delle onde sismiche, insieme alle onde P, longitudinali, descrivono le perturbazioni più profonde generate dai terremoti. Una di queste aree è proprio sotto il continente africano: si chiama African Large Low Shear Velocity Province e potrebbe concorrere o comunque essere legata all’indebolimento del campo magnetico globale.
Le agenzie spaziali monitorano costantemente la SAA
L’ESA ha una costellazione di satelliti dedicata allo studio del campo magnetico terrestre. I tre satelliti Swarm sono stati lanciati nel 2013 e resteranno operativi almeno fino al 2021. I loro dati stanno aiutando gli scienziati a comprendere meglio l’anomalia.
Jürgen Matzka, del German Research Centre for Geosciences, ha affermato: “il nuovo minimo orientale dell’Anomalia del Sud Atlantico è apparso nell’ultimo decennio e negli ultimi anni si sta sviluppando vigorosamente”. Ma cosa sta causando questa accelerazione? Matzka ci ha detto via mail che “ciò che abbiamo visto negli ultimi anni potrebbe, in linea di principio, essere spiegato dal fatto che campi magnetici erroneamente diretti nel nucleo stanno diventando più forti o l’area interessata sta diventando più grande, o più aree piccole simili si stanno unendo in una più grande”.
“L’anomalia osservata sulla superficie della Terra è causata da aree in cui il campo magnetico è diversamente orientato sulla superficie di ferro liquido del nucleo della Terra, dove viene prodotto il campo geomagnetico. L’origine va ricercata nel pattern del flusso del ferro liquido e nella struttura del campo magnetico interno al nucleo”. In pratica, nei metalli fusi che ruotano attorno al nocciolo solido, creando correnti elettriche e quindi il campo magnetico globale, ci sono delle zone invertite che ne riducono l’intensità e causano l’anomalia. E quanto è stato dedotto fin qui è davvero stupefacente, ha sottolineato Matzka, perché “possiamo comprendere quello che avviene nel nucleo terrestre con le nostre osservazioni! Il processo è complesso, governato da complicate equazioni fisiche e non molto prevedibile perché caotico”.
In verità, l’Anomalia del Sud Atlantico non è l’unica anomalia perché il campo magnetico terrestre ha perso circa il 9% della sua forza media globale negli ultimi 200 anni. Alcuni ritengono che questo sia indice di un’imminente inversione dei poli magnetici. Tali eventi si sono verificati molte volte nella storia del pianeta, all’incirca ogni 200.000 – 300.000 anni, con qualche eccezione.
L’inversione del campo magnetico
I poli magnetici si trovano abbastanza vicino ai poli geografici ma, lentamente, si muovono in continuazione. A intervalli irregolari, in media di diverse centinaia di migliaia di anni, il campo magnetico terrestre si inverte e il nord e il sud magnetico si scambiano di posto. Così, mentre i poli geografici sono saldamente fissati nella loro posizione sul globo terrestre, i poli magnetici vagano e si capovolgono.
Dal 1831, gli scienziati hanno assistito a un graduale cambiamento della posizione del nord magnetico e la deriva ha accelerato negli ultimi 30 anni. Il polo sembra andare verso la Siberia a una velocità di circa 50/60 chilometri all’anno. Per fare un confronto, durante le prime osservazioni, il nord magnetico si spostava tra 0 ed i 15 chilometri all’anno. Da allora, ha percorso circa 2.250 chilometri.
Spostamento del campo magnetico e satelliti
Una delle conseguenze pratiche è che il World Magnetic Model, la rappresentazione globale del campo magnetico terrestre, elemento chiave dei sistemi di navigazione e GPS, deve essere aggiornato più frequentemente. La versione recente del modello era stata rilasciata nel 2015 e sarebbe dovuta durare fino a quest’anno. Ma, i repentini cambiamenti, hanno reso l’errore troppo grande tanto da obbligare una revisione prima del tempo.
Nel 2016, sempre i satelliti Swarm dell’ESA rilevarono un’improvvisa accelerazione non prevista sotto il Sud America settentrionale e l’Oceano Pacifico orientale, forse riconducibile alle onde idromagnetiche che si formano nel nucleo quando il materiale risale verso l’alto. Analogamente, il movimento rapido del polo nord magnetico potrebbe essere collegato a dei getti profondi di ferro liquido ad alta velocità.
Gli scienziati credono che i poli magnetici continueranno a vagare almeno per i prossimi decenni ma per andare dove?
Si ritiene che il fenomeno di deriva del polo magnetico possa essere spiegato dalla formazione di due lobi di forza magnetica discordante nel nucleo, uno in corrispondenza del Canada, l’altro sotto la Siberia. Questi sarebbero generati da patch di discontinuità, simili a quelle che producono l’Anomalia del Sud Atlantico ma, in questo caso, lotterebbero l’una contro l’altra in una sorta di tiro alla fune, nel quale per ora sta vincendo la Siberia.
Nell’ottobre 2017, il polo nord magnetico ha attraversato l’International Date Line (la Linea internazionale del cambio di data che segue il 180º meridiano a UTC +12 o UTC -12, ogni nuova data viene contata dal suo versante occidentale) ed è entrato nell’emisfero orientale, passando entro 390 chilometri dal polo nord geografico.
Secondo i modelli, continuerà la sua traiettoria attuale, spostandosi verso sud. In molti ritengono che tutto questo faccia parte del processo di inversione, già osservato nel corso della storia. Non si sa esattamente cosa accada nel nucleo terrestre ma si stima che l’ultima sia avvenuta circa 780.000 anni fa e abbia richiesto più di 22.000 anni. In ogni caso, un’inversione lenta è auspicabile perché ci darà il tempo di prendere tutte le precauzioni necessarie a mitigarne gli effetti; dall’altro lato, sarà un male perché, come stiamo già sperimentando, il campo magnetico terrestre si indebolisce durante il processo per cui saremo maggiormente esposti alle particelle energetiche dannose provenienti dallo spazio, per un periodo più lungo.
Secondo le simulazioni, il polo nord magnetico si spostò verso la Siberia anche nel 1300 a.C. Ma negli ultimi 7000 anni, sembra muoversi caoticamente attorno al polo geografico, senza mostrare una preferenza precisa. Nessuno, quindi, può predire con certezza se e quando l’ago della bussola punterà il nord verso l’Antartide.
In un futuro molto, molto lontano, il nucleo solido interno alla Terra diventerà troppo grande ed il ferro liquido esterno sarà sopraffatto. Di conseguenza, la convezione che innesca la dinamo planetaria sarà meno efficiente e il campo magnetico terrestre perderà gradualmente la sua efficacia.
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