È più probabile morire tra dicembre e gennaio?
Durante le feste di Natale si osserva spesso un aumento nel numero di morti per cause naturali. E le temperature fredde non sembrano essere responsabili.
SALUTE – A tavola antipasti, primi, secondi di carne, secondi di pesce, contorni, dolci, dolcetti e litri di vino. Traffico intenso nelle strade, code interminabili nei negozi alla ricerca di quell’ultimo regalo, innumerevoli messaggi di auguri a cui rispondere, incontri a cui presenziare e aperitivi con i colleghi da organizzare. L’atmosfera frenetica e gioiosa che accompagna le festività natalizie è inconfondibile. Nonostante ciò è proprio in quel periodo dell’anno, tra il 25 dicembre e i primi giorni di gennaio, che è più probabile morire.
Un picco nel numero di decessi per disturbi coronarici venne identificato per la prima volta nel 1999 e che fu confermato quindici anni più tardi con la pubblicazione su Circulation, una delle riviste della American Hearth Association, del primo studio su larga scala. I ricercatori confrontarono i dati, opportunamente scremati, sul numero di decessi attesi in base al mese e alla stagione e scoprirono un aumento significativo in coincidenza delle feste natalizie. Un fenomeno che da allora prese il nome di Christmas holiday effect (effetto feste di Natale).
Le cause indicate per spiegare un simile risultato sono molteplici e non riguardano solo l’eccessivo consumo di cibo e alcol. Altri fattori che probabilmente fanno sì che a Natale e a Capodanno si muoia più facilmente sono lo stress emotivo, il posticipare visite mediche urgenti a dopo le feste, una minore disponibilità di personale negli ospedali, il rientro occasionale in casa di persone che durante il resto dell’anno risiedono in strutture attrezzate a prestare assistenza medica. In questo elenco manca quella che dovrebbe essere la causa più ovvia: le rigide temperature invernali.
Sarebbe scontato pensare che, in questo caso specifico, l’esposizione al freddo rappresenti il motivo principale del picco di mortalità. Gli scienziati, d’altra parte, avevano spesso messo in discussione l’influenza del clima nel causare un aumento così significativo dei decessi. Una posizione che ha trovato conferma in una ricerca pubblicata alla fine del 2016 sul Journal of the American Hearth Association. Un gruppo di ricercatori delle università di Melbourne, Auckland e del Queensland ha riprodotto lo studio del 2004 usando i dati sulla mortalità della Nuova Zelanda dove si festeggia il Natale in estate. I ricercatori hanno utilizzato lo stesso metodo dello studio precedente, studiando le 197 109 morti registrate all’anagrafe neozelandese del periodo 1988-2013 e hanno riscontrato un aumento della mortalità del 4,2% nel periodo natalizio. Un dato che conferma le tesi precedenti e che esclude il gelido clima invernale tra le cause del Christmas holiday effect. La correlazione tra clima stagionale e il picco di decessi natalizio sembra quindi essere stata smentita, ma rimangono ancora alcuni dubbi sulle effettive cause del fenomeno.
Secondo quanto riportato da Ariana Eunjung Cha sul Washington Post, secondo Josh Knight, ricercatore all’Università di Melbourne e coautore dello studio, potrebbe darsi che i malati terminali tengano duro per passare le vacanze con i loro cari per poi sentirsi pronti a lasciarsi andare. “L’abilità degli individui di posticipare il decesso in base a ricorrenze significative è stata sia confermata che smentita in altri studi”, ha dichiarato il ricercatore al Washington Post, ” In ogni caso rimane una possibile spiegazione per questo effetto vacanze”.
C’è ancora molta ricerca da fare per comprendere tutte le sfaccettature e le circostanze che provocano un aumento della mortalità sotto Natale. Senza dubbio acquisire uno storico di dati più ampio e considerare i cambiamenti in corso in ogni aspetto nella nostra quotidianità aiuterà a capire quanto e se il Christmas holiday effect sia solo un fenomeno tipico dell’epoca in cui viviamo.
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