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Wu Jianxiong, la grande fisica del Novecento che nessuno (o quasi) conosce

Il suo lavoro ha contribuito a raggiungere importanti scoperte nell'ambito della fisica nucleare della prima metà del Novecento, ma senza ricevere il dovuto riconoscimento.

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Wu Jianxiong, Y.K. Lee, and L.W. Mo alla Columbia University. Crediti immagine: Smithsonian Institution, Wikimedia Commons

Immaginate di nascere in Cina all’inizio del Novecento, studiare fisica, trasferirvi negli Stati Uniti, lavorare con scienziati del calibro di Emilio Segrè e Ernest O. Lawrence, specializzarvi in fisica nucleare, contribuire al Progetto Manhattan e infine condurre un esperimento fondamentale per la formulazione del cosiddetto Modello standard. Non avete nulla da invidiare a Richard Feynman o Stephen Hawking, ma il grande pubblico non ha idea di chi voi siate. Vi chiamate Wu Jianxiong (Wu è il cognome, che in cinese precede sempre il nome) e di certo la difficoltà di pronuncia complica le cose, ma in più siete una donna. Il premio Nobel per la Fisica, che vi spetterebbe di diritto, viene assegnato a due vostri colleghi uomini. Potete consolarvi con numerosi premi minori e, soprattutto, con soprannomi come “la Marie Curie cinese”, “la regina della ricerca nucleare”, “madame Wu” o “la first lady della fisica”.

Wu Jianxiong (o Wu Chien Shiung, a seconda del sistema di traslitterazione usato) nasce a Liuhe, nei pressi di Shanghai, il 31 maggio 1912, pochi mesi dopo la caduta dell’ultimo imperatore della Cina. Da bambina ha la possibilità di frequentare una scuola femminile – una delle prime scuole cinesi aperte alle ragazze – fondata dal padre. Entrambi i genitori sono a favore della parità di genere e incoraggiano la figlia a perseguire i propri interessi con coraggio e determinazione. Nel 1930, la giovane Jianxiong è ammessa all’Università di Nanchino, una delle più antiche e prestigiose istituzioni cinesi. Inizia a studiare matematica, ma dopo essere venuta a conoscenza delle scoperte di Marie Curie decide di passare alla facoltà di fisica. In quegli anni la Cina sta attraversando un periodo di grandi rivolgimenti politici; Jianxiong viene eletta leader studentesca e partecipa a diversi sit-in di protesta presso il palazzo presidenziale di Nanchino, dove ha l’opportunità di incontrare Chiang Kai-shek.

Dopo la laurea, nel 1934, Wu Jianxiong trova lavoro come assistente presso il laboratorio di fisica dell’Academia Sinica dove, sotto la supervisione della professoressa Gu Jing-Wei, conduce una ricerca sperimentale sulla cristallografia a raggi X. Incoraggiata da Gu Jing-Wei, decide di proseguire i propri studi negli Stati Uniti. Nel 1936 lascia la Cina con l’idea di iscriversi all’Università del Michigan, dove aveva studiato Gu Jing-Wei. Tornerà nel suo Paese natale solo nel 1973, dopo la firma degli accordi che segneranno la fine delle ostilità fra gli Stati Uniti di Nixon e la Repubblica Popolare Cinese di Mao. Prima di trasferirsi in Michigan visita l’università di Berkeley, dove ha l’opportunità di conoscere Ernest O. Lawrence, il fisico che di lì a poco avrebbe ricevuto il premio Nobel per l’invenzione del ciclotrone, il primo acceleratore circolare di particelle atomiche. Colpita positivamente dall’ambiente internazionale e dopo aver saputo che all’Università del Michigan le donne non possono usare l’ingresso principale per accedere alle aule, la Wu decide di restare in California. A Berkeley, sotto la supervisione dello stesso Lawrence e di un altro futuro Nobel, il fisico italiano Emilio Segrè, si specializza in fisica nucleare; si occupa del cosiddetto decadimento beta, una delle reazioni nucleari attraverso cui gli elementi chimici radioattivi si trasformano in altri elementi con diverso numero atomico, teorizzata da Enrico Fermi. Lo studio del decadimento beta segnerà la sua carriera; Beta Decay, un suo libro del 1965, è considerato ancora oggi un testo irrinunciabile per i fisici nucleari.

Malgrado l’ambiente di Berkeley sia più aperto rispetto a quello di altre università, le donne – soprattutto se di origine asiatica – non sono ben viste e non hanno molte opportunità di fare carriera. Dopo aver conseguito il dottorato, la Wu si trasferisce sulla costa atlantica e trova lavoro come insegnante presso lo Smith College, un’università privata femminile del Massachusetts. Qui le cose vanno anche peggio, soprattutto perché non ha la possibilità di proseguire le sue ricerche. Solo dopo l’intervento di Lawrence, lo Smith College concede a Wu un posto come professore associato e un piccolo aumento di stipendio. Impossibilitata a portare avanti le sue ricerche, in quegli anni la Wu si dedica interamente all’insegnamento, alternando il lavoro allo Smith College con uno simile alla Princeton University. La svolta avviene nel 1944, quando viene coinvolta nel Progetto Manhattan. Entra a far parte di un gruppo di scienziati della Columbia University che lavora allo sviluppo di rilevatori di radiazioni e alla produzione di un isotopo – ovvero un atomo con lo stesso numero atomico dell’elemento chimico corrispondente, ma con una massa differente, dovuta al diverso numero di neutroni presenti nel nucleo – che sarà poi utilizzato per la bomba atomica: l’uranio-235. Pochi mesi dopo, Enrico Fermi ed Emilio Segrè utilizzano gli studi della Wu per identificare la causa dell’improvviso spegnimento del B-Reactor di Hanford, reattore nucleare per la produzione di plutonio su larga scala; si tratta dello xenon-135, un altro isotopo radioattivo analizzato dalla Wu durante gli anni trascorsi a Berkeley.

Dopo la guerra, Wu Jianxiong continua a lavorare alla Columbia University e ha la possibilità di riprendere le sue ricerche. In quegli anni ottiene la prima conferma sperimentale della teoria sul decadimento beta elaborata da Fermi nel 1933, in cui viene descritta una delle quattro forze fondamentali della natura, l’interazione debole. Nel 1956, i fisici teorici Tsung Dao Lee e Chen Ning Yang si rivolgono a lei per l’ideazione di un esperimento che dimostri la violazione della legge di conservazione della parità nei processi di interazione debole. Si tratta di un concetto estremamente complesso e difficile da spiegare: in fisica, per conservazione della parità si intende la capacità di un fenomeno di ripetersi identico “allo specchio”, ovvero invertendo le sue coordinate spaziali. Fino a quel momento, si pensava che la parità riguardasse tutte e quattro le interazioni fondamentali, ma l’ipotesi di Lee e Yang mette in discussione questo assunto. Wu realizza un sofisticato esperimento – che porta il suo nome – attraverso il quale, analizzando il decadimento dell’isotopo radioattivo cobalto-60, dimostra la violazione della parità in caso di interazione debole. Da quel momento, il Modello standard – ovvero la teoria fisica che descrive tre delle quattro forze fondamentali – includerà l’interazione debole come una interazione asimmetrica di scala, che vìola la parità. Per questa scoperta, nel 1957 Lee e Yang ricevono il premio Nobel per la Fisica, mentre il lavoro di Wu Jianxiong non viene riconosciuto.

Nei decenni successivi la Wu ha continuato a lavorare alla Columbia, dedicandosi a importanti ricerche, non sempre connesse alla fisica nucleare; tra le altre cose, si è occupata dei cambiamenti molecolari che causano la deformazione dell’emoglobina nell’anemia falciforme. Nel corso della sua carriera, a parziale compensazione del mancato Nobel, ha ottenuto svariati riconoscimenti, tra cui il primo Premio Wolf per la Fisica, nel 1978. Parallelamente all’attività scientifica, Wu Jianxiong ha portato avanti le istanze di uguaglianza tra i generi e lottato per il riconoscimento dei diritti umani in Cina. Le sue ceneri sono conservate nel cortile della Mingde, la scuola che aveva frequentato da bambina, fondata da suo padre.


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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.