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Una nuova strategia contro la stella che devasta le barriere coralline

Gli scienziati hanno svelato il genoma e i feromoni di questi echinodermi invasivi, veri e propri "killer del reef". Ora vogliono sfruttarli per facilitarne l'eradicazione

Le stelle marine corona di spine vicine a dei coralli completamente sbiancati, sul reef. Fotografia Australian Institute of Marine Science

AMBIENTE – Il potenziale invasivo della stella marina corona di spine, che in una stagione riproduttiva può produrre oltre 100 milioni di larve, è pari solo a una cosa: il suo appetito. Questa stella, la specie Acanthaster planci, è infatti particolarmente ghiotta dei polipi, i “mattoncini” che formano molte delle barriere coralline più splendide del pianeta. Dopo il passaggio di questi echinodermi, degli un tempo variopinti e brillanti reef non restano che ammassi bianchi e grigi, detriti, morte. Come è successo alla barriera che circonda l’isola di Moorea, nel Pacifico meridionale.

Ma gli scienziati non si sono arresi di fronte all’impetuosa avanzata della stella – la lotta alle specie invasive è un tema cruciale oggi più che mai – e da una coppia di coniugi arriva una nuova speranza. Bernard Degnan e Sandie Degnan vogliono decimare questa nemica del reef usando quello che chiamano il potere dell’attrazione.

Come spiegano su Nature, le corone di spine si aggregano in punti specifici dell’oceano in risposta all’emissione di feromoni, le sostanze chimiche usate da molti organismi come segnali per comunicare. Le stesse che i gatti spargono per casa quando strofinano il muso su mobili e muri.

I due scienziati e il loro team (con ricercatori dell’Australian Institute of Marine Science, dell’Okinawa Institute of Science and Technology e della University of the Sunshine Coast) hanno “decodificato” questi feromoni e contano di sfruttarli per attirare le stelle dove vogliono loro, facilitandone così la cattura e sterminio.

Un’operazione che è stata tentata in ogni modo possibile ma senza essere mai davvero cost-effective. Finora sono stati investiti milioni e milioni di dollari. Nel 2015 anche con il robot COTSbot (da crown of thorns starfish, il nome in inglese della stella), un veicolo subacqueo addestrato per mesi a riconoscere le stelle corona di spine e dotato di un braccio pneumatico in grado di dispensare loro un’iniezione letale.

“Ora che abbiamo scoperto quali geni usano queste stelle per comunicare, possiamo iniziare a costruire delle esche che siano sicure per l’ambiente e possano ingannarle in modo da radunarle tutte in un posto”, spiega in un comunicato Bernard Degnan. Il team dei Degnan ha sequenziato l’intero genoma delle stelle A. planci e i loro feromoni, un’impresa della quale gli scienziati sono particolarmente fieri. “Quello che mi piace di più è che stiamo trovando una soluzione a un problema, non lo stiamo solo documentando”.

La stella vorace e il suo predatore, una grossa lumaca marina del genere Cheronia. Fotografia Oceanwide Images

L’approccio potrebbe essere tentato anche con altre specie invasive come le lumache marine. Ad esempio le rapana (Rapana venosa), grossi molluschi originari del Mar del Giappone che dai primi anni ‘70 del secolo scorso vivono stabilmente anche nell’Adriatico e, sporadicamente, spuntano in varie zone d’Italia.

Una strategia basata su un’esca “naturale” come questi feromoni non solo sembra vincente, ma è a portata di non-scienziato il che la rende un’ottima candidata per coinvolgere le popolazioni locali nella lotta alle specie invasive. La raccolta delle stelle marine da parte dei pescatori potrebbe essere ricompensata (anche se questi progetti vanno pensati con cautela) che beneficerebbero anche, per turismo e pesca diretta, da una barriera maggiormente in salute.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Il lungo viaggio delle larve che non basta a salvare le barriere coralline

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".