SCOPERTE

Lo Hobbit di Flores rivela le sue vere origini

Secondo le ultime ricerche l'Homo floresiensis non ha nulla da spartire con l'Homo sapiens e l'Homo erectus.

SCOPERTE – Nell’isola indonesiana di Flores, in un periodo compreso tra circa 190.000 e 54.000 anni fa viveva un ominide dalla taglia talmente minuta da guadagnarsi il nomignolo di ‘Hobbit di Flores’. Homo floresiensis venne scoperto nel 2003, e si guadagnò sin da subito l’attenzione della comunità scientifica non solo per le sue ridotte dimensioni, ma soprattutto per il dilemma relativo alla sua origine. Sino a oggi si sono susseguite teorie fra loro contrapposte, senza mai riuscire a mettere d’accordo tutti. Ma sulle pagine del Journal of Human Evolution ha appena fatto capolino un articolo che ha già destato un certo scalpore tra gli addetti ai lavori.

La capacità cranica relativa dell’Homo floresiensis è tra le più ridotte tra i membri del genere Homo. Crediti immagine: Ryan Somma, Wikimedia Commons

Secondo i risultati delle analisi compiute, lo ‘Hobbit di Flores’ testimonia un’origine molto antica, che non ha nulla da spartire con le due altre specie di ominidi che popolavano l’isola all’epoca – Homo sapiens e Homo erectus – e che si contendevano la palma di suo antenato diretto. Homo floresiensis non solo non era un discendente di nessuna delle due specie sopracitate, ma proveniva da antenati lontani nel tempo e nello spazio, di origine africana e che possono essere fatti risalire a un’epoca addirittura precedente a quella di Homo habilis, il più antico rappresentante del genere Homo, capostipite del ramo evolutivo che ha portato alla nostra umanità attuale.

Ma per meglio capire la portata della scoperta facciamo un passo indietro, ricapitolando i passi compiuti dagli studi dei paleoantropologi sin dai primi ritrovamenti fossili.

I primi resti furono ritrovati nel 2003 da un team australo-indonesiano nella grotta di Liang Bua, che diede alla luce i fossili di una decina di individui. Gli scopritori furono immediatamente colpiti dalla loro bassa statura, che superava appena il metro, ma senza riuscire a chiarire da subito se si trattasse effettivamente di una specie sconosciuta alla scienza. Le datazioni sembravano inoltre indicare che la specie fosse riuscita a sopravvivere fino a tempi molto recenti, aumentando ulteriormente lo stupore, con alcuni resti che sembravano risalenti addirittura a 12.000 anni fa, alle porte dell’epoca storica.

La presentazione ufficiale alla comunità scientifica avvenne con la pubblicazione del primo paper su Nature, datato 28 ottobre 2004. Mentre già era iniziato a circolare il nickname ‘Hobbit di Flores’, fu ipotizzato di inserire il riferimento alla saga di J. R. R. Tolkien persino nel nome scientifico, con la proposta di Homo hobbitus. Nella prima bozza presentata ai revisori per l’ominide era stato proposto addirittura un nuovo genere, Sundanthropus, ma in sede di revisione la struttura del cranio fu considerata in linea con quella dei membri del genere Homo, con la definitiva pubblicazione sotto il nome di Homo floresiensis, nomenclatura valida tuttora.

Nell’articolo furono messe in risalto le caratteristiche che più di altre sono prerogativa di questa specie: non solo la bassa statura ma anche la capacità cranica relativa, che è tra le più ridotte tra i membri del genere Homo. In più furono elencati quei tratti morfologici del cranio che secondo gli autori permetterebbero di per sé di differenziare questa specie da Homo sapiens, quali la forma dei denti, l’assenza di un mento, la minore ampiezza dell’angolo della testa dell’omero.

Homo floresiensis, riesumato a migliaia di anni dalla sua estinzione, poco tempo dopo la sua scoperta era già una star, da molti considerato l’ominide del secolo. Ma le conclusioni pubblicate nella descrizione ufficiale non sono mai bastate a portare chiarezza sulla sua natura e sulla sua origine, scatenando anzi tutto una serie di dibattiti e di nuovi approcci di studio volti a tentare di far luce sull’origine di questa specie.

Per alcuni esperti le differenze anatomiche non sarebbero sufficienti a giustificare l’attribuzione a una specie a sé stante, sostenendo che gli ‘Hobbit’ non siano altro che il frutto di una deriva patologica di una popolazione di esseri umani rimasti isolati, e a essere chiamata in causa è in particolare la microcefalia.

Altri autori confermarono l’ipotesi della nuova specie, identificando i fattori che permetterebbero di risalire alla sua origine evolutiva a partire da Homo erectus, la specie di ominide che nel corso del Pleistocene colonizzò gran parte del continente asiatico, giungendo anche sull’isola di Flores.

Una visione ulteriormente diversa è quella proclamata recentemente da Ian Tattersal, tra i più illustri divulgatori della paleontropologia, che sostiene la necessità di fare un passo indietro, ricollocando la specie in un genere diverso da Homo, per via delle sue caratteristiche troppo arcaiche.

Alla fine del 2015, tuttavia, uno studio sembrava aver fortemente riavvicinato H. floresiensis a H. erectus, quale suo diretto antenato, grazie a un’analisi accurata svolta sulla morfologia dei denti. Un lavoro pubblicato l’anno successivo aveva ulteriormente confermato la discendenza da H. erectus, dando l’illusione che si potesse mettere fine alla questione.

Questo era lo stato dell’arte prima dell’ultimo lavoro coordinato da Debbie Argue dell’Australian National University e pubblicato sul Journal of Human Evolution. Lo studio arriva un po’ come un fulmine a ciel sereno e cambia ancora una volta le carte in tavola, lasciando molti di sasso. E lo fa in termini altisonanti, dichiarando che si tratta del tassello definitivo in grado di mettere qualsiasi altra teoria a tacere.

Gli autori questa volta hanno messo nel calderone un po’ tutti gli ominidi potenzialmente affini a H. floresiensis, e hanno preso in esame una lista ampia e molto varia di fattori analitici, che per la prima volta provengono non solo dal cranio e dalla mandibola ma anche dallo scheletro postcraniale: ossa di braccia, spalle e gambe.

Dopo aver messo a confronto i diversi ominidi tramite raffinati approcci statistici multivariati, i ricercatori hanno concluso che le origini di H. floresiensis devono essere fatte risalire all’epoca di H. habilis, andando ben a ritroso nel tempo, fino a circa 1.75 milioni di anni fa. Secondo i ricercatori gli ‘Hobbit di Flores’ sarebbero insomma i probabili discendenti di un antenato in comune con il più antico membro del genere Homo. L’esistenza di H. floresiensis testimonierebbe pertanto un episodio di migrazione ‘out of Africa’ avvenuto precocemente nella nostra storia evolutiva.

E quanto a H. erectus? Gli autori affermano in modo perentorio che la discendenza da H. erectus è a questo punto “completamente rifiutata”, con un’affidabilità del 99 percento, aggiungendo che l’altra ipotesi contesa in precedenza, quella della malformazione di H. sapiens, può essere esclusa con una certezza che sfiora il 100 percento.

Nulla da eccepire, dunque? Il bello della ricerca scientifica sta anche nella possibilità di essere continuamente sorpresi e vedere tutto ribaltato più volte. Staremo a vedere.

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