Le più antiche tracce di orchidee in un frammento di ambra
All’inizio dell’Eocene, tra i 45 e i 55 milioni di anni fa, l'Europa era già popolata di orchidee, abili nell'attirare gli insetti impollinatori.
SCOPERTE – Il record fossile registra un nuovo avvincente ritrovamento: una testimonianza di un’orchidea dell’Eocene inferiore conservata in un frammento di ambra proveniente dalla zona del Mar Baltico. È la più antica traccia di orchidea mai descritta, risalente a un periodo compreso tra 45 milioni e 55 milioni di anni fa, ben oltre i 20-30 milioni di anni fa a cui è datato il precedente detentore del primato, un’altra traccia conservata in un’ambra dominicana. Il resto fossile è descritto sulle pagine del Botanical Journal of the Linnean Society, in un articolo firmato da un gruppo di ricerca guidato da George Poinar, professore emerito di entomologia del College of Science alla Oregon State University.
La famiglia delle orchidacee oggi non è solo uno dei gruppi più sorprendenti nell’ambito delle piante dotate di fiori, con quell’esplosione di adattamenti e forme creati dalla sua coevoluzione con gli impollinatori. Con le sue 28 000 specie descritte, è una delle famiglie più ricche di biodiversità dell’intero mondo dei viventi. Basti pensare che le specie di uccelli sono la metà, quelle dei mammiferi appena un quarto.
La scoperta del gruppo di Poinar dimostra che le orchidee non sono solo abbondanti ai giorni nostri, ma hanno popolato la Terra per un tempo incredibilmente lungo, la cui estensione potrebbe essere addirittura maggiore rispetto all’epoca del fossile appena descritto.
Non si conoscono resti completi di orchidee allo stato fossile, e le tracce conservate in ambra sono quanto abbiamo a disposizione per ricostruire il passato paleontologico di questa famiglia. È solo dagli ultimi anni che dall’analisi dei resti di ambra si è risalito alla presenza di alcune tracce di orchidee, resti di polline intrappolati insieme agli insetti impollinatori che li portavano con sé.
Il frammento di ambra appena studiato contiene le tracce di un insetto impollinatore, un antenato degli odierni moscerini dei funghi, talmente ben conservate da preservare persino una goccia di sangue sull’arto dell’animale. L’orchidea è testimoniata dalla presenza di strutture a forma di sacco contenenti il polline, chiamate pollinaria, rimaste appiccicate agli arti posteriori dell’insetto. L’orchidea aveva tentato di propagarsi in modo orizzontale nel suo habitat eocenico, ma i suoi pollini hanno invece fatto un lungo viaggio verticale nel tempo, regalandoci oggi un’immagine più definita dell’ambiente che esisteva allora. All’inizio dell’Eocene, e forse già alla fine della precedente Era Mesozoica, l’Europa era popolata dalle orchidee, e il frammento di ambra testimonia che già all’epoca questa famiglia era maestra nell’arte dell’inganno. “Forse non dovremmo dirlo a proposito di una pianta”, ha dichiarato Poinar. “Ma le orchidee sono molto astute. Hanno sviluppato modi per attrarre piccoli insetti volatori e la maggioranza delle ricompense che offrono sono basate sull’inganno.”
Le orchidee nel corso della loro lunga storia hanno evoluto tre principali strategie per procacciarsi i servigi degli insetti impollinatori. Molte specie fanno bella mostra di un’ampia varietà di colori, odori e l’irresistibile fascino del nettare per chiamare a sé gli insetti, che spesso s’illudono di poter trovare nutrimento per se stessi, per poi accorgersi che si trattava di un abile bluff. In altri casi le piante attraggono femmine in cerca di un sito idoneo per deporre le uova, e questo è tipicamente il caso delle femmine di moscerini dei funghi, attratte dall’imitazione dell’aroma olfattivo dei funghi. Potrebbe essere stata questa la causa dell’intrappolamento del moscerino nell’ambra, ingannato e pietrificato, anche se è solo un’ipotesi. Una terza strategia è infine quella di attrarre i membri del sesso maschile, in quelle specie in cui i maschi vagano in volo alla ricerca delle tracce olfattive delle femmine, magistralmente imitate da alcune specie di orchidee, su cui i maschi cercano invano di accoppiarsi.
“Sebbene l’inganno lavori in differenti modi, la morale è sempre la stessa, e cioè che un’orchidea è abile ad attrarre insetti impollinatori, che involontariamente raccolgono il polline che si attacca alle loro zampe e altre parti del corpo, per poi trasmetterlo ai fiori di orchidea successivi, che li attraggono nuovamente con l’inganno”, commenta Poinar. “Le orchidee, di fatto, sono astute”.
Non sappiamo di preciso cosa accadde al moscerino che finì intrappolato nell’ambra, ma possiamo farci un’idea. E certamente d’ora in poi i paleontologi hanno un riferimento più accurato sulla data minima della comparsa di questi fiori sorprendenti. Ma è solo l’inizio, perché le ricerche sulle tracce di pollini in ambra stanno prendendo piede sempre di più avvalendosi di metodi più efficaci, e saranno uno strumento prezioso a disposizione dei paleobotanici per ricostruire uno dei grandi misteri di Darwin, l’esplosione delle piante a fiore.
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