SALUTE

“Incoraggiamo la maternità e l’allattamento dopo il cancro al seno”

Un nuovo studio internazionale lo conferma: nessun maggiore rischio di recidiva in donne operate che sono diventate mamme dopo il tumore. Ma serve un counselling efficace.

Le donne che hanno avuto un tumore al seno non sembrano correre il rischio di una recidiva in caso di gravidanza dopo le cure. Crediti immagine: David J Laporte, Flickr

SALUTE – Per troppo tempo le donne che ricevevano una diagnosi di cancro alla mammella hanno sentito che oltre a quel peso da affrontare ce ne era anche un altro: la negata possibilità di diventare mamme dopo la malattia. Nel 2013 la svolta: uno studio internazionale a cui ha partecipato anche l’Italia e pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, per la prima volta ha studiato un campione di 333 donne malate – quindi cospicuo – che avevano sostenuto una maternità dopo la fine delle cure, mettendo nero su bianco che non vi è nessuna controindicazione nel diventare mamme dopo la malattia per un eventuale rischio di recidiva a 5 anni dall’inizio dai trattamenti.

La maternità non rende le donne più vulnerabili a rischio di recidiva del cancro. Anzi, nel caso delle pazienti con tumore ER negativo la sopravvivenza delle donne che erano diventate in seguito mamme era addirittura aumentata, per diverse possibili ragioni da approfondire. Dopo lo studio del 2013, gli stessi scienziati hanno proseguito le indagini per capire se anche a 10 anni dalle cure la mortalità di queste donne rimanesse invariata. La risposta è stata positiva, come hanno mostrato gli ultimi dati presentati di recente al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) negli Stati Uniti. Risultati che verranno pubblicati nei prossimi mesi.

“È una notizia molto importante – commenta a OggiScienza Fedro Alessandro Peccatori, dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, uno degli autori dello studio – che aggiunge un tassello alla cultura della maternità dopo il cancro, che abbiamo iniziato a diffondere all’indomani dello studio del 2013. In un contesto di fertilità più fragile come quello della donna che ha avuto un tumore alla mammella, che ha in media maggiore difficoltà a concepire rispetto alla donna che non ha mai avuto un tumore, è particolarmente importante veicolare l’idea che l’esito delle cure, in termini anche di recidive, non dipende in alcun modo dalla maternità” prosegue Peccatori. “Anche l’allattamento – prosegue l’esperto – è perfettamente fattibile nelle donne operate, in particolare dalla mammella sana, sia come qualità del latte che come quantità”.

La paura è sempre stata radicata in particolare fra le donne con tumore al seno ER positivo, per cui si è sempre erroneamente pensato che i livelli degli estrogeni durante la gestazione potessero favorire la crescita di cellule tumorali rimaste occulte.
Le evidenze mostrano invece che questo non è affatto vero: anche fra le donne ER positivo che hanno avuto un figlio dopo il tumore non si notano neanche dopo 10 anni delle variazioni di mortalità e di recidiva rispetto alle donne operate che non avevano avuto figli. Lo studio infatti, oltre alle 333 donne che erano diventate madri dopo il cancro, ha previsto anche un ampio gruppo di controllo di 600 donne operate che però non avevano avuto figli.

Certo, il problema fertilità fra le ex-operate al seno rimane. Sebbene metà delle giovani donne con una diagnosi di questo tipo si dichiari propensa a diventare mamma, meno del 10% riesce a rimanere incinta. “Va detto che circa il 70% dei tumori mammari sono ormono-responsivi, un fatto che comporta una terapia ormonale per 5 o 10 anni, per cui se si sceglie di avere un figlio è necessario attendere almeno 5 anni per evitare eventuale malformazioni dovute a gravidanze durante le terapie ormonali”, precisa Peccatori. “La chemioterapia inoltre di fatto danneggia il numero di gameti, pertanto è sicuramente importante per le donne che al momento della diagnosi dovessero decidere di avere figli pensare subito alla preservazione dei gameti – prosegue l’esperto – per un’eventuale intervento di procreazione medicalmente assistita dopo le cure.”

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.