Lunga vita ai tardigradi, gli ultimi abitanti della Terra
La vita sulla Terra è esplosa in una miriade di forme, ma non durerà in eterno: la stretta dipendenza con il Sole obbliga ogni specie vivente e il pianeta stesso a fare i conti con gli eventi trasformativi della nostra stella.
RICERCA – Oggi il Sole si trova nel mezzo del cammin della sua “vita”, e ogni giorno ci fornisce con regolarità la sua energia. Ma fra cinque miliardi di anni il suo tepore accogliente si convertirà in una deflagrazione di calore infernale, prima, e in una fredda e opaca emanazione, poi.
In tutto questo, il genere umano non potrà più trovare asilo sulla Terra. Non possiamo sapere se saremo in grado di colonizzare altri mondi sfuggendo l’inevitabile, ma è certo che il nostro pianeta si spopolerà gradualmente di ogni sua forma di vita, prima di dissolversi lui stesso, assorbito dal caro vecchio Sole divenuto una terribile Gigante Rossa.
Ma tra tutti gli organismi che oggi abitano la Terra, ne esistono alcuni davvero speciali, in possesso di capacità di sopravvivenza quasi fantascientifiche. Numerosi sono i batteri estremofili, ma ancora più sorprendente è il caso dei tardigradi, invertebrati acquatici grandi al massimo mezzo millimetro, con un aspetto abbastanza bizzarro da meritarsi il nomignolo di “orsetti d’acqua”.
I tardigradi sono già ben noti come campioni di resistenza e resilienza, oggetto di studio per le loro numerose performance da record. Ma nelle prossime ere geologiche potranno davvero superare se stessi, riuscendo con ogni probabilità nell’impresa di sopravvivere alle peggiori calamità cosmiche. Lo hanno dimostrato gli scienziati delle Università di Oxford e Harvard, in un articolo pubblicato su Scientific Reports.
Gli orsetti d’acqua sanno resistere fino a 30 anni in totale assenza di acqua e cibo, non si scompongono neanche se la temperatura esterna raggiunge i 150 gradi Celsius, e non temono né gli abissi oceanici né il vuoto dei gelidi spazi siderali.
I ricercatori hanno simulato gli effetti sui tardigradi di tre tra le più temibili catastrofi astrofisiche: l’impatto di un grande asteroide, l’esplosione di una supernova e il bombardamento di raggi gamma.
Esistono solo una dozzina di asteroidi e pianeti nani con una massa sufficiente grande da poter potenzialmente portare a ebollizione gli oceani terrestri in caso di impatto. È il caso ad esempio di Vesta e Plutone, ma nessuno di questi intercetterà mai l’orbita terrestre. I tardigradi sono pertanto abbastanza equipaggiati da sopravvivere a qualunque impatto che avverrà in futuro, anche quelli che porteranno all’estinzione di numerose forme di vita.
Per poter far bollire gli oceani, l’esplosione di una supernova deve avvenire al massimo a una distanza di 0.14 anni luce dalla Terra. La stella più vicina a noi si trova però a quattro anni luce dal Sole, e la probabilità che avvenga un’esplosione stellare in grado di uccidere ogni forma di vita sulla Terra nell’arco del ciclo solare è trascurabile.
Un’esplosione di raggi gamma è un fenomeno ancora più raro delle supernove, e per portare a ebollizione gli oceani dovrebbe avvenire a una distanza di non più di 40 anni luce. Una circostanza, questa, abbastanza poco probabile da poter tirare un sospiro di sollievo per gli orsetti d’acqua.
La vita, insomma, è un miracolo di resistenza e resilienza, e una volta che emerge è difficile da estirpare.
La scoperta, già notevole di per sé, potrebbe avere implicazioni ancora più ampie, che vanno oltre i confini del nostro pianeta. Se è vero infatti che esistono forme di vita, anche piuttosto complesse, così tenaci qui da noi, perché mai non dovrebbero essercene anche altrove, su corpi celesti che presentano condizioni ambientali al limite della sopravvivenza?
Se lo chiede anche Abraham Loeb, professore di astronomia all’Università di Harvard, tra gli autori dello studio. “È difficile eliminare tutte le forme di vita da un pianeta abitabile. La storia di Marte indica che una volta aveva un’atmosfera che poteva supportare la vita, anche se sotto condizioni estreme. Organismi con un simile grado di tolleranza alle radiazioni e alla temperatura come i tardigradi potrebbero sopravvivere a lungo al di sotto della superficie a queste condizioni. Gli oceani sotterranei che si ritiene esistano su Europa ed Enceladus sembrano avere condizioni simili a quelle degli abissi oceanici terrestri, dove i tardigradi sono stati trovati, vicino a camini vulcanici che forniscono il calore necessario in un ambiente privo di luce. La scoperta di organismi estremofili in questi luoghi extraterrestri sarebbe un importante passo in avanti verso la comprensione del range di condizioni adatte alla vita in pianeti che orbitano attorno ad altre stelle”.
E forse i tardigradi alla fine non rimarranno soli nell’universo.
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