Meteo spaziale, un nuovo metodo per le previsioni di tempeste geomagnetiche
Il vento solare e le tempeste geomagnetiche mandano in tilt satelliti, Gps e reti elettriche: una nuova tecnica per previsioni a corto termine
SCOPERTE – Immaginate un flusso di particelle cariche che viaggia dal Sole verso la Terra. Un vento che è in grado di interagire con il campo magnetico terrestre, inducendo fenomeni geomagnetici. Uno di questi, e sicuramente il più spettacolare per l’uomo, sono le aurore boreali. Il cielo del polo che si tinge di onde di colori emozionanti. Ma il vento solare, proprio come quello terrestre, può portare anche tempeste geomagnetiche. Fenomeni che non solo interagiscono col campo magnetico terrestre, ma possono distruggere la tecnologia elettronica: danneggiamento di satelliti in orbita, problemi di Gps e anche blackout delle reti elettriche a terra.
Da cosa sono causate le tempeste magnetiche?
Il meteo spaziale influisce fortemente sulle nostre vite e da tempo i ricercatori hanno manifestano l’esigenza di nuovi modelli per prevedere l’arrivo di questi fenomeni e la loro intensità. A produrre le tempeste magnetiche sono le esplosioni di plasma che si verificano sulla superficie del Sole, i brillamenti solari. Si tratta di espulsioni di massa che spediscono letteralmente il plasma nello spazio e le cui particelle cariche emesse raggiungono la Terra devastando il nostro campo magnetico.
Fenomeni come i brillamenti e le eruzioni solari sono eventi casuali, motivo per cui prevedere le tempeste geomagnetiche è ancora più difficile per gli scienziati. Uno studio guidato da Reik Donner del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania e pubblicato sulla rivista Chaos del gruppo AIP Publishing offre ora una nuova tecnica per migliorare le previsioni a breve termine dell’arrivo di una tempesta di questo tipo.
Il nuovo metodo
Il nuovo metodo è basato sullo studio dei sistemi che non sono in equilibrio e che descrive in modo fedele il campo magnetico terrestre, letteralmente spazzato e le cui linee di campo vengono modificate dal vento solare. Questi sistemi lontani dal punto di equilibrio sono dunque soggetti a improvvisi cambiamenti, analogamente a quanto accade nell’atmosfera, quando da uno stato di quiescenza si passa a una tempesta improvvisa.
In particolare, lo studio ha utilizzato i valori orari dell’indice Dst, Disturbance storm-time, che è una misura diretta della variazione della componente orizzontale del campo magnetico terrestre e permette di monitorare il livello di tempesta magnetica su scala globale. La deviazione di questo indice si verifica dunque quando una grande scarica di particelle cariche arriva dal Sole e indebolisce il campo magnetico terrestre. I valori Dst formano così un singolo flusso noto come “serie di tempo” e riformulando questi dati in immagini a 2D o a 3D è possibile tracciare un grafico per le future previsioni.
Gli autori dello studio hanno così creato un grafico noto come “grafico di ricorrenza” dei dati costruiti, cioè un insieme di punti tipicamente distribuiti in modo non uniforme partendo dall’analisi dati di due tempeste geomagnetiche che si sono verificate nel 2001 dopo un intenso brillamento solare avvenuto due giorni prima del loro arrivo sulla Terra.
Il passo seguente è stato applicare l’analisi della quantificazione della ricorrenza, un metodo matematico che ha permesso di visualizzare in un grafico delle lunghe linee che indicano un comportamento geomagnetico prevedibile. Proprio questa analisi gli ha permesso di distinguere i diversi tipi di fluttuazioni che interessano il campo geomagnetico terrestre, fornendo così le basi per una tecnica in grado di migliorare la nostra capacità di previsione dell’arrivo di una tempesta geomagnetica a corto termine.
Poter prevedere l’arrivo di un evento di questa portata è molto importante non solo per gli scienziati, ma per l’intera popolazione. Le tempeste magnetiche infatti provocano disturbi alle comunicazioni radio, ai satelliti Gps e alle reti elettriche che possono fortemente influenzare il nostro stile di vita ormai pervaso da queste tecnologie. Per questo motivo la ricerca si orienta sempre più verso lo studio di nuovi modelli per le previsioni del meteo spaziale e il risultato ottenuto da Donner e colleghi si dimostra decisamente promettente.
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