Letture estive III – Diluvia, governo ladro
Per rendere utili i modelli di evoluzione del clima, le serie di dati meteorologici richiedono una cura meticolosa, un tempo retribuita dalla Shell.
APPROFONDIMENTO – I media hanno parlato del rapporto IMPREX “Previsioni e gestione degli eventi idrologici estremi” seguito da altre previsioni sulle precipitazioni in Europa. Sì ma… quanto sono affidabili le osservazioni che “vincolano i modelli” di previsione a un minimo di realismo? Se ve lo siete chiesti, c’è una pubblicazione che vi piacerà anche se la spiegazione era così lunga che si trova su un sito a parte.
Piccola premessa storica
La serie più antica delle temperature è quella per l’Inghilterra centrale: il triangolo delle Midlands tra Lancashire, Londra e Bristol. Nonostante fosse stata compilata per secoli – quotidianamente dal 1772 – da proprietari terrieri, reverendi, segretari di duchi o contesse, membri di una Royal Society, filosofi naturali, padroni del vapore e mercanti, era piena di buchi e di errori.
Tappare i primi, correggere i secondi ha richiesto decenni di controlli nelle biblioteche e un finanziamento della Shell fino al 1974 quando Gordon Manley pubblicò la seconda versione – la precedente era del 1953 – delle medie mensili delle “Temperature dell’Inghilterra centrale [CET]” sul Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society.
Aggiornate e corrette più volte da allora, le medie sono riassunte in questo grafico del 2014
e in questo che, come si usa oggi in tutto il mondo, mostra non la temperatura assoluta ma le deviazioni annuali dalla media trentennale 1961-1990
Il primato doveva toccare all’Italia centrale: all’inizio del Seicento i Medici avevano creato una rete di misura delle temperature con i termometri high tech, bellissimi ma fragili di Galileo. Purtroppo l’esempio non ha attecchito in altre Corti, in Toscana è mancato il volontariato, fino all’Unità d’Italia ogni governante faceva – se faceva – di testa sua. E oggi… be’ oggi mancano i soldi per curare e rendere sfruttabili perfino le serie storiche moderne.
Controllo di qualità locale
Francesco Uboldi di Arianet, a Monza, e Cristian Lussana dell’Istituto meteorologico norvegese hanno ripulito e omogeneizzato – una fatica lunga più di cinque anni, spiegata qui – un insieme di dati sulle piogge lombarde raccolti a partire dal 1903. Ci vuole un’ostinazione insolita e anche, per dirla con Gordon Manley, “un esercizio del giudizio”: un senso per i dati da includere o escludere che nasce dall’esperienza del territorio, da una conoscenza di chi li raccoglieva e con quali strumenti.
Mentre c’erano, i due autori hanno analizzato i picchi e i cali del dataset rimesso in ordine. La conclusione del loro studio, scrivono sull’International Journal of Climatology,
è che per la prima volta in Italia, a quanto sappiamo, è stato trovato un cambiamento nel valore statistico delle piogge estreme […] nel periodo 1950–2005, rilevante per gli effetti del riscaldamento globale antropico.
Sul Nord-Ovest della Lombardia sopratutto, dal 1978 calano gli acquazzoni e aumentano i diluvi e le “bombe d’acqua”:
In climatologia questi cambiamenti hanno un’importanza pratica perché nell’ingegneria civile quando si stimano le frequenze dei massimi di pioggia annua, l’assunto di partenza è che esse restino stazionarie.
La Lega Nord, che gestisce la Regione, crede che l’era glaciale sia iniziata nel 1999 e vuole studi sui fiumi che si riducono a rigagnoli mentre sulle Alpi i ghiacciai crescono a vista d’occhio. Invece quando piove governo ladro, Cremona si allaga e a Milano il Seveso esonda e butta le auto in sosta giù per le scale del metrò.
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