WASP-12b, il puntino nero che fa luce sugli esopianeti
L'esopianeta WASP-12b quasi non riflette luce, ma da semplice puntino nero su una stella ha permesso agli astronomi di scoprire nel dettaglio l'inaspettata composizione della sua atmosfera, più simile a quella di una piccola stella che di un pianeta.
WASP-12b è stato scoperto nel 2008 e da allora non ha smesso di stupire. Attualmente l’esopianeta, che si trova a 1400 anni luce dal Terra e ha una massa pari a 1,4 volte quella di Giove, tanto da rientrare nella classificazione dei giovani caldi, è quello studiato più nel dettaglio. Di lui sappiamo che percorre l’orbita intorno alla sua stella WASP-12 in appena un giorno terrestre e che la vicinanza è tale da essere quasi cannibalizzato, tanto che la sua forma somiglia a quella di un uovo piuttosto che ad una sfera, e che la temperatura superficiale nel lato diurno sfiora i 2600 gradi Celsius.
Ora, grazie alle ricerche coordinate da Taylor Bell della McGill University e alle osservazioni dello strumento Space Telescope Imaging Spectrograph, STIS, del telescopio spaziale Hubble Space della NASA, gli astronomi hanno scoperto importanti dettagli sulla sua atmosfera, che è talmente incandescente da non riflettere quasi luce. L’albedo di WASP-12b infatti è pari ad appena 0,064, prossimo cioè allo zero. Un valore davvero basso se si considera che l’albedo, cioè il potere riflettente di un corpo celeste, è una misura che va da 0 a 1. Valore che è la metà di quello della nostra Luna, che ha albedo pari a 0,12, come spiega Bell: “Un albedo così basso ci dice che abbiamo ancora molto da imparare su WASP-12b e su altri esopianeti simili a lui”.
Ma quale potrebbe essere la causa di tanta oscurità? Per il gruppo di astronomi la risposta sarebbe proprio nell’attuale temperatura superficiale. Esopianeti con albedo molto scuri infatti sono più freddi del corpo celeste oggetto della ricerca e gli astronomi ipotizzano che l’assorbimento della luce sia dovuto alla presenza nelle loro atmosfere di nubi e di metalli alcalini.
Queste spiegazioni, però, non possono valere per WASP-12b, dove la temperatura è tale che la formazione di nubi è impossibile e dove i metalli alcalini sono completamente ionizzati. Anzi, la temperatura è tale che l’idrogeno nell’atmosfera del gioviano caldo non si trova in forma molecolare, ma solo in forma atomica. Una composizione atmosferica dunque più simile a quella di una stella a bassa massa che di un pianeta.
Le misurazioni dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Astrophysical Journal Letters, sono state eseguite nell’ottobre 2016 sfruttando un’eclissi, cioè il passaggio del pianeta dietro* al suo Sole. Questo metodo si è rivelato migliore rispetto a quello del transito, utilizzato per identificare l’esistenza degli esopianeti intorno alle loro stelle, perché 10 volte più preciso dato che permette misurazioni dirette della luce riflessa.
Gli astronomi, avvalendosi dello strumento in dotazione al telescopio spaziale Hubble, sono stati in grado di misurare l’albedo di WASP-12b in differenti lunghezze d’onda, ottenendo così uno spettro completo. “Dopo aver misurato l’albedo lo abbiamo comparato con i modelli spettrali atmosferici precedentemente ipotizzati per il pianeta”, ha spiegato Nikolay Nikolov, co-autore dello studio e ricercatore dell’University of Exeter. “Abbiamo scoperto che i dati non rispecchiano nessuno dei due modelli attualmente proposti”.
L’analisi dei dati ha permesso di stabilire che l’atmosfera è composta principalmente da atomi di idrogeno e di elio. Inoltre è stato possibile stabilire che, al contrario del pianeta HD 189733b – l’unico altro gioviano caldo di cui lo spettro dell’albedo è stato completamente risolto, che ha una colorazione sul blu scuro – WASP-12b non riflette alcuna lunghezza d’onda, anzi ha un colore rosso dovuto all’emissione di luce per le sue alte temperature superficiali, simile al colore che assumono i metalli incandescenti.
Bell ha sottolineato che il fatto che i primi due esopianeti con albedo spettrale misurato mostrino delle differenze così significative indica che abbiamo ancora molto da imparare su questi corpi celesti all’apparenza simili e che anche tra i pianeti classificati come gioviani caldi possiamo trovare una grande diversità di caratteristiche e composizioni. Ma soprattutto ci mostra come un “semplice” puntino nero su una stella possa diventare un faro che fa luce su tutti quei “cugini” della Terra e degli altri pianeti del Sistema Solare che ancora non abbiamo scoperto e di cui conosciamo ancora troppo poco.
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*per errore era stato scritto “davanti”, corretto il 25 settembre 2017