Geostorm e una guida semiseria al film catastrofico
Una catastrofe ambientale si sta per scatenare sul nostro pianeta, a causa di un sistema di ingegneria del clima pensato per risolvere i problemi climatici che ci affliggono. Geostorm si inserisce nel filone dei disaster movie, con qualche buona idea e un po' troppi luoghi comuni.
STRANIMONDI – Prima di parlare di Geostorm, nuovo episodio del genere catastrofico-fantascientifico di Hollywood, una piccola premessa. Questo genere negli anni Novanta ha prodotto film che, pur non essendo dei capolavori d’autore, hanno però a modo loro segnato un’epoca: su tutti, Indipendence Day e Armageddon. Cast con stelle del cinema al culmine della fama (fra gli altri, Will Smith e Jeff Goldblum per il primo, Bruce Willis, Liv Tyler e Ben Affleck per il secondo), budget altissimi, grandi effetti speciali e registi specializzati nel genere (rispettivamente Roland Emmerich e Michael Bay). Passano gli anni e passano i colossal: ne citiamo alcuni come Godzilla, The Day After Tomorrow, 2012, anche il deludente sequel di Indipendence Day del 2016. Lo schema, il linguaggio, i personaggi e gli intrecci del cinema fantascientifico-muscolare di Hollywood non cambiano mai. Anche film come Avatar e Interstellar, che magari non appartengono in senso stretto al genere, per certe caratteristiche ne sono debitori. Geostorm è quindi l’ultimo prodotto hollywoodiano di questa dinastia fantascientifico-catastrofista. Se fossimo in ambito musicale, parleremmo dell’ennesimo disco musicale di un cantante che ogni due-tre anni se ne torna sulla scena costruendo le canzoni con lo stesso stile e gli stessi accordi di sempre. Ovviamente ciò non significa che le canzoni saranno necessariamente brutte, ed è pur vero che qualche piccolo elemento di novità lo si può trovare. Ma l’effetto déjà-vu – soprattutto se quel cantante lo si conosce bene – sarà comunque inevitabile. Questo stesso discorso vale per Geostorm che, per chi ha visto Indipendence Day e Armageddon, risulterà un roboante esercizio di stile, avvincente e a tratti divertente, ma spesso un po’ troppo prevedibile.
La trama
Si parte sempre da una grave crisi che minaccia l’umanità: in Armageddon era l’arrivo di un asteroide, in Indipendence Day gli alieni, nel primo film da regista di Dean Devlin è il appunto il geostorm, ovvero una catastrofe ambientale globale “autoindotta”, cioè causata da un sistema di ingegneria del clima che l’essere umano ha realizzato per superare la crisi climatica che stiamo vivendo. Nel film si immagina infatti un rapido peggioramento della situazione climatica attuale, che poi viene brillantemente risolto con un’invenzione globale di controllo del clima, chiamata Dutch Boy. Una rete di satelliti, coordinati dalla NASA e dagli Stati Uniti (e da chi, sennò) sulla Stazione Spaziale Internazionale, tengono sotto controllo tempeste, fenomeni estremi e siccità, garantendo la sopravvivenza al pianeta Terra. Questo sistema però pare avere dei malfunzionamenti: una improvvisa bufera di neve in Afghanistan uccide centinaia di persone, Hong Kong brucia, Rio de Janeiro ghiaccia. Per capire il guasto entra in scena il protagonista, ovvero Jake Lawson, interpretato da Gerard Butler. Ben presto scopriamo che qualcuno sta cercando di impadronirsi di Dutch Boy per controllare il clima e di conseguenza la politica mondiale: compito di Lawson e del fratello Max (Jim Sturgess) sarà di capire chi boicotta la macchina e impedire che un geostorm si abbatta sulla Terra.
Guida galattica per film catastrofici
Come in ogni buon disaster movie che si rispetti, il protagonista ha caratteristiche peculiari. Jake Lawson è il perfetto erede di Harry Stamper, il personaggio di Bruce Willis in Armageddon: è un genio scontroso e incompreso, burbero ma dal cuore d’oro, padre separato, e ha una figlia con la quale ha un rapporto difficile e altalenante. Lawson e Stamper hanno anche un pizzico di politicamente scorretto: Lawson non disdegna un paio di birre di primo mattino mentre ripara automobili, ma del resto Stamper sparava fucilate al povero AJ (Ben Affleck), reo di essere il fidanzato della figlia Grace. Tuttavia, quando ai protagonisti viene comunicato che il mondo è a rischio, tutti i lati controversi della vita si dissolvono poiché l’eroismo chiama. Inoltre, Geostorm propone una ricca carrellata di personaggi, dialoghi e situazioni perfettamente tipiche del film catastrofico. Abbiamo l’immancabile Presidente degli Stati Uniti, l’inevitabile consigliere cattivo che è il primo alleato della minaccia globale, i militari buoni, i militari cattivi, la sala controllo della NASA, il conto alla rovescia verso la catastrofe con i numeri rossi (ma c’è sempre il tempo per riorganizzarsi, tranquilli) e gli shuttle che partono. E ancora: le scene apocalittiche, la trama politica, l’importanza di stare tutti uniti contro il nemico comune, le inutili fughe in macchina, a piedi, o a piedi dopo essere scesi dalla macchina, le scene di panico nel Sud-Est asiatico, la vista dall’alto di una città che annuncia che presto quella città diventerà un cumulo di detriti. E i dialoghi: quelli profondi, quelli che annunciano un sacrificio, il momento comico, i dialoghi amorosi, la promessa, la promessa non mantenuta, la promessa in realtà mantenuta, il personaggio che avevamo visto andare via ma che in realtà è rimasto e torna a salvare il mondo quando tutto è perduto.
Variazioni sul tema
Qualche lieve variazione sul tema però c’è. Come abbiamo detto, Jake Lawson è un genio ma ha un caratteraccio. Per questo nelle fasi iniziali perde il lavoro di coordinamento del Dutch Boy, che passa a suo fratello Max; al contrario del fratello, Max è buono, riflessivo e politically correct. Questo personaggio è in effetti un co-protagonista: la sua linea d’azione si sviluppa sulla Terra mentre Jake torna a dirigere le operazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale. In altri film personaggi come Max sono meno sviluppati e caratterizzati, spesso sono affidati ad attori meno in vista e si limitano a essere la spalla del protagonista. Non è il caso di Max Lawson, che per larghi tratti del film è complementare al fratello. Anche i personaggi femminili, solitamente troppo periferici nei disaster movie, in Geostorm risultano un po’ di più al centro della scena. Il merito va soprattutto a tre figure femminili decisamente toste: una è l’agente segreto Sarah Wilson (Abbie Cornish), un’altra è la militare che coordina la Stazione Spaziale Internazionale insieme a Lawson, Ute Fassbinder (Alexandra Maria Lara) e l’altra è l’hacker Dana (Zazie Beetz), che non compare tantissimo ma è determinante per lo svolgimento della trama.
Il nemico alle porte
Geostorm parte parlandoci di un problema estremamente più concreto di Armageddon o Indipendence Day, perché asteroidi e cattivissimi alieni invasori non sono – fino a prova contraria, ovviamente – problemi così stringenti come il riscaldamento globale, che è un fatto. Un altro fatto è che noi, come genere umano, abbiamo un ruolo attivo in questo processo. Lo scenario apocalittico prospettato all’inizio del film che porta alla costruzione di Dutch Boy è collocato temporalmente nel 2019: una scadenza vicina, auspicabilmente irrealistica considerando i disastri che promette, ma che comunque ci inchioda alle nostre responsabilità. La reazione del genere umano immaginata nel film di Dean Devlin è molto creativa e resa anche molto bene sul piano estetico, con la rete di satelliti che protegge tutta la Terra visibile dallo spazio. La voce narrante ci spiega che sì, Dutch Boy è coordinato e ideato dagli USA, ma che è frutto di una grande cooperazione con la Cina sul piano tecnologico e scientifico. La gestione del complesso sistema, poi, passa attraverso una collaborazione internazionale che coinvolge tantissimi Paesi: in questo si rilegge – ma in modo meno banale delle cose dette prima – lo spirito di collaborazione che per esempio vediamo in Indipendence Day, dove una mobilitazione globale si rivela determinante per battere gli alieni. Il geostorm che minaccia di abbattersi sulla Terra verso la fine del film quindi si rivela essere un vero e proprio atto di terrorismo climatico successivo alla costruzione di Dutch Boy: non è un’inevitabile minaccia esterna (l’asteroide, gli alieni, Godzilla, la glaciazione) e nemmeno una conseguenza naturale a un’errata gestione umana delle risorse (come sembra essere la carestia che causa la missione di Interstellar) ma è una precisa responsabilità di pochi criminali che vogliono usare la più grande creazione dell’umanità per scopi politici. In un certo senso, questa manipolazione e questo uso deteriore di una grande tecnologia potrebbe essere la protagonista di un episodio di Black Mirror: un’idea tutt’altro che banale e avvincente. Peccato per quella enorme rete di luoghi comuni narrativi nella quale è intrappolata.
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