La fantascienza cinese, fra ottimismo classico e lucidità moderna
Una finestra su un mondo distante, che sta affrontando problemi simili ai nostri: Nebula è una raccolta di racconti di fantascienza di autori cinesi.
STRANIMONDI – “La fantascienza è una narrativa non tanto di personaggi, quanto di idee.” Così scrive lo scrittore e saggista Renato Giovannoli nel suo libro La scienza della fantascienza, un testo importante per chiunque sia interessato al rapporto fra science-fiction e scienza. “L’idea è il vero eroe”, affermava Philip K. Dick, anch’esso citato da Giovannoli insieme ad altri autori e studiosi.
Prendiamo Isaac Asimov: l’intero Ciclo della Fondazione si regge sull’idea della psicostoriografia, la scienza immaginaria che combina psicologia, statistica e sociologia per prevedere, a livello probabilistico, l’evoluzione della società umana. Allo stesso modo, il Ciclo dei Robot è fondato sulle Leggi della Robotica e sui loro paradossi.
Idea quindi intesa come l’assioma che regge una storia, in particolare un racconto che, sempre secondo Dick, è “la forma fantascientifica per eccellenza”.
Difficile non pensare a questi concetti dopo aver letto Nebula, la raccolta di racconti di fantascienza cinese pubblicata da Future Fiction, recentemente approdata anche al festival Stranimondi e a Bookcity. La raccolta, curata da Francesco Verso, scrittore e cofondatore di Future Fiction insieme all’amico Francesco Mantovani, è una finestra su un mondo distante, alle prese con i nostri stessi problemi: l’impatto dei social network, l’invecchiamento della popolazione, l’istruzione di massa, i cambiamenti climatici. Quattro temi di grande attualità, uno per ciascuno dei racconti che costituiscono l’antologia. Ognuno dei quali è fondato su un’idea forte.
Il primo di essi, Buddhagram, mescola spiritualità e informatica per parlare di social network, marketing, dipendenze tecnologiche, fino ad arrivare al controllo, al consumismo pilotato e alla percezione del reale. Chen Qiufan, classe 1981, lavora in una grande azienda informatica e dimostra di conoscere bene le dinamiche dei social e del mercato digitale, incluse le loro derive. Il suo racconto è forse quello più interessante dal punto di vista della scrittura e riesce a giocare con molti temi diversi mantenendo la tensione fino alla fine.
Xia Jia ha 33 anni, una laurea in fisica e un dottorato in letteratura comparata. È la prima cinese ad aver pubblicato una storia su Nature. Il suo racconto, L’estate di Tongtong, è una variazione sul tema dei robot che si focalizza sull’integrazione fra umano e meccanico. Ottimismo e malinconia convivono in questa storia, che parla della vecchiaia di un uomo vista dagli occhi della giovane nipotina, mentre sullo sfondo si percepisce il problema dell’invecchiamento di un’intera popolazione.
In Stampare un mondo nuovo, Wu Yan parla di istruzione usando una struttura da thriller e affidandosi a un protagonista con cui condivide nome e competenze (scienze dell’educazione). La storia racconta gli sforzi fatti da un’università mediocre per salvarsi dalla possibile chiusura, in un sistema scolastico estremamente competitivo e burocratizzato. Dal punto di vista narrativo il racconto è il meno riuscito della raccolta; colpa di un ritmo appesantito dall’abbondanza di spiegazioni e da alcune divagazioni che sembrano fuori fuoco rispetto al nucleo della vicenda. Interessante però è l’analisi del rapporto fra istruzione e innovazione, che pare quasi volersi porre come una sorta di manifesto.
Le bolle di Yuanyuan è l’ultimo dei racconti. Il suo autore è Liu Cixin, star della fantascienza cinese, che nel 2015 vinse il premio Hugo con The Three-Body Problem. Al centro della storia ci sono il rapporto fra un padre e sua figlia, e l’apparentemente inarrestabile processo di desertificazione che colpisce la loro città natale. Ma, soprattutto, il racconto è un elogio della leggerezza e della creatività. Un aspetto interessante, in una società che ci appare devota al pragmatismo e alla competizione come quella cinese. Questo contrasto emerge in maniera esplicita come conflitto generazionale, quando il padre di Yuanyuan realizza che “al giorno d’oggi, il successo richiedeva una creatività irrefrenabile; l’esperienza, il lavoro duro, la determinazione e così via, non erano più fattori decisivi. Inoltre, l’ostinazione e la serietà adesso sembravano idiozie.” La leggerezza non è solo concettuale ma anche stilistica; la narrazione è lieve e scorrevole ma senza diventare banale.
Quattro racconti, quattro idee forti. Tanto che i personaggi – a parte forse Yuanyuan e suo padre, gli unici capaci di generare un certo coinvolgimento empatico – non sono altro che strumenti narrativi, utili solo per fare emergere le suddette idee. Ad accomunare i quattro scritti c’è anche lo stile asciutto ed essenziale, che a tratti ricorda quello di Asimov o il Ted Chiang di Il ciclo di vita degli oggetti software, e che consente agli autori di narrare eventi che si svolgono su tempi lunghi, da alcuni mesi a svariati anni, focalizzandosi sui dettagli più rilevanti.
Queste caratteristiche rendono Nebula una raccolta molto interessante, utile per far conoscere al pubblico occidentale un approccio alla fantascienza che non può non risentire delle differenze culturali e politiche fra Occidente e Oriente. Un approccio che sembra recuperare un certo ottimismo proprio della fantascienza della Golden Age senza però perdere di vista i problemi attuali.
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