Stranger Things 2. La mente sottosopra
La seconda stagione della serie saprà creare qualcosa di innovativo o continuerà sui binari sicuri della nostalgia?
STRANIMONDI – Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Così cantava Caparezza nel brano “Il secondo secondo me” del 2003. Se dalla musica passiamo alle serie tv, questo modo di dire può rimanere valido: come se la cava Stranger Things giunta alla seconda stagione? La serie ha avuto un successo clamoroso ed è diventata uno dei titoli più seguiti di Netflix. Michele Bellone, un anno fa sempre qui su Stranimondi, aveva individuato i tre elementi chiave che hanno fatto di una serie buona un vero e proprio cult: mostri, ragazzini e soprattutto nostalgia. La serie continua a spingere forte sull’acceleratore dei tre elementi: mostri sempre più mostruosi, squadra dei ragazzini che si amplia e nostalgia sempre alla massima potenza. Iconica, in tema nostalgia, è la scena dei quattro protagonisti vestiti da acchiappafantasmi per Halloween: più che una scena, un manifesto programmatico per la serie creata e diretta dai fratelli Matt e Ross Duffer. A suo modo, quella scena è una esplicita risposta a quella stessa domanda che ci ponevamo qui: la serie saprà creare qualcosa di innovativo o continuerà sui binari sicuri della nostalgia? La scelta è evidentemente ricaduta sulla seconda opzione.
Nostalgia che vince, non si cambia. Per ora
La seconda stagione di Stranger Things ripropone lo stesso tipo di intreccio e di svolgimento della prima. Per cui non si insiste solo sull’impalcatura generale, che sarebbe una scelta abbastanza ovvia. I Duffer ripropongono anche lo stesso svolgersi degli eventi che aveva caratterizzato la prima stagione: situazione di normalità, evento paranormale, soluzione all’enigma portato avanti parallelamente dai gruppi di protagonisti divisi per età e ruoli ed infine l’epilogo. Ciò non significa che le nuove puntate della serie siano brutte: al contrario, sono divertenti, appassionanti e dal ritmo estremamente sostenuto, come o più della prima. A ben pensarci, anche in questo aspetto Stranger Things 2 rende un tributo a un certo modo di fare cinema, piuttosto comune in alcuni film tra anni Ottanta e Novanta: il secondo episodio riprende la formula vincente del primo e la amplifica. Come a dire: non possiamo più sfruttare l’effetto sorpresa? Allora ci rifacciamo sulla trama e sugli avvenimenti, immaginando situazioni ancora più estreme di quelle che hanno portato il film o la serie al successo.
Qualche fisiologico elemento di novità c’è ed è offerto da tre personaggi: il nuovo compagno di Joyce Byers, di nome Bob, il reporter interessato a complotti governativi, Murray Baumann e una misteriosa ragazzina di nome Kali con il numero 8 tatuato sull’avambraccio (ne parleremo dopo, e attenzione agli spoiler). Un discorso a parte merita Eleven: la bambina con i poteri telepatici si consacra in questa seconda stagione come la protagonista assoluta della serie. Stranger Things per molte puntate non ha un vero e proprio protagonista, anzi, questo ruolo di puntata in puntata viene condiviso come il testimone di una staffetta. Ma con questa stagione il personaggio di El finisce per prendere il sopravvento, anche grazie a una scrittura che si concentra molto sul personaggio della bravissima Millie Bobbie Brown trascurando nei fatti gli altri, che rimangono abbastanza uguali a loro stessi evolvendo poco o nulla. Anche i nuovi personaggi sembrano più una variazione alla scenografia che una reale evoluzione della sceneggiatura. Ciò conferma la ferrea scelta conservatrice fra le due stagioni. Tuttavia, la sensazione è che la serie ora sia a un bivio più marcato rispetto a un anno fa: giocato il jolly della continuità su tutti i fronti, la terza stagione (annunciata ufficialmente) dovrebbe optare per un maggiore cambiamento. E forse sarà costretta a farlo giocoforza, visto che i protagonisti avranno un anno in più e un aspetto sempre meno fanciullesco. Questo probabilmente costringerà gli sceneggiatori a un balzo temporale più ampio dell’anno che separa prima stagione e seconda, ambientate rispettivamente nel 1983 e nel 1984.
Il potere della mente (spoiler)
Stranger Things 2 continua a riservare un ruolo centrale alla scienza, presentata in maniera un po’ piatta in scienza buona e in scienza cattiva. Quella cattiva nella prima stagione aveva il volto del villain interpretato da Matthew Modine. In questa seconda stagione un nuovo team di scienziati che orbita intorno alla misteriosa società elettrica di Hawkins avrà, se non altro in principio, un ruolo antagonistico nei confronti del gruppo dei protagonisti. La scienza buona continua invece a essere incarnata nel personaggio del professore di scienze, Scott Clarke, che più di un docente è un amico dei quattro protagonisti Will, Mike, Lucas e Dustin. A lui è affidato il compito di spiegare il tema scientifico della stagione. Nella prima stagione Clarke spiegava ai ragazzi l’idea che stava alla base del Sottosopra, ovvero l’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica di Hugh Everett.
Nella stagione 2 i temi scientifici vengono esplicitati tramite una lezione di scienze in cui il professor Clarke parla del caso di Phineas Gage (1823-1860), un operaio americano che nel 1848 fu protagonista di un cruento incidente sul lavoro. La testa di Gage fu letteralmente trapassata da una barra di ferro che gli perforò il cervello. Danneggiò gravemente il suo lobo frontale senza tuttavia ucciderlo. Le conseguenze dell’incidente furono del tutto inaspettate: Gage cambiò completamente il suo carattere, diventando irascibile, aggressivo e senza alcun freno inibitore. Il caso di Phineas Gage è ritenuto uno dei casi più significativi delle neuroscienze e del filone di ricerca sul legame tra cervello, personalità ed emotività.
Ulteriore avviso: da qui in poi, attenzione agli spoiler! Se nella prima stagione la resa narrativa dell’interpretazione multimondi di Everett era di fatto il Sottosopra, nella seconda stagione la sbarra di metallo diventa metaforicamente il mostro che mette sotto controllo il povero Will Byers, che rapidamente, come Gage, cambierà personalità trasformandosi in un braccio operativo dei mostri del Sottosopra. Fantascienza e neuroscienze si abbracciano anche nel caso del collegamento telepatico che Eleven riesce a stabilire con alcune persone, contattandole e dialogando con loro, talvolta in una strana struttura spazio-temporale, richiamando anche un po’ certe atmosfere di The OA i collegamenti e i diversi poteri dei personaggi di Sense8. Personaggio chiave di questo filone è Kali, la ragazzina con il numero 8 tatuato sull’avambraccio. La linea narrativa di Kali, strettamente legata a quella di Eleven, si interrompe bruscamente per poter riportare la protagonista sul teatro principale degli avvenimenti (ovvero il soccorso a Will Byers e la battaglia contro i mostri del Sottosopra) ma è assai probabile, oltre che auspicabile, che nella prossima stagione ne sapremo di più.
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