Nelle piante il fallimento di un individuo può portare al successo della popolazione
Un modello spiega come fanno a sopravvivere alcune specie di piante, che per difendersi dai parassiti rischiano di allontanare anche i loro insetti impollinatori.
SCOPERTE – Molte specie di piante rilasciano armi chimiche per difendersi dall’attacco degli insetti fitofagi che se ne nutrono. Queste sostanze però allontanano anche gli impollinatori responsabili della loro riproduzione. Una strategia che può sembrare dannosa, eppure queste piante sopravvivono senza problemi nella loro nicchia, si evolvono e la spuntano sulla concorrenza. Per molto tempo gli esperti non hanno saputo spiegare questa bizzarra contraddizione delle leggi di natura: tutti i modelli predittivi sull’evoluzione delle comunità di piante, insetti fitofagi e insetti impollinatori portavano a un’inevitabile estinzione delle piante che con le loro difese chimiche allontanano sia i predatori sia gli impollinatori.
In uno studio pubblicato su Nature Communications, Paul Glaum della University of Michigan e André Kessler della Cornell University descrivono un nuovo modello nel quale queste piante riescono a trovare l’equilibrio vincente che le porta a prosperare nel tempo.
La pianta protagonista del lavoro dei due ricercatori è un cugino del pomodoro: una varietà selvatica che cresce sui versanti delle Ande, in Perù, la specie Solanum peruvianum. La pianta è attaccata costantemente da diversi insetti fitofagi, mentre si affida alle api selvatiche per l’impollinazione. Per capire come la pianta riesca a compensare sia gli attacchi degli insetti parassiti sia le perdite degli impollinatori allontanati dalle loro stesse difese, i ricercatori hanno introdotto un nuovo parametro, la HIPL, herbivore-induced pollinator limitation, che in pratica descrive l’effetto indiretto degli insetti fitofagi sugli impollinatori.
Hanno così misurato da un lato i livelli di sostanze difensive emesse dai pomodori, composti organici volatili indotti dagli insetti fitofagi, dall’altro la frequenza delle visite da parte degli impollinatori misurata a diversi gradi di attacco predatorio subito dalle piante. Analizzando i dati con un nuovo modello, Glaum e Kessler hanno potuto constatare che le popolazioni di pomodoro selvatico possono mantenersi vitali grazie a cicli continui di espansione e contrazione delle colonie di pomodori e delle popolazioni di insetti fitofagi, che si mantengono in equilibrio nel tempo. In sostanza, I loro esperimenti dimostrano che il rilascio di sostanze difensive indotto dagli insetti fitofagi limita sì la crescita di una pianta e dei suoi impollinatori, ma allo stesso tempo riduce indirettamente lo sviluppo anche delle popolazioni di insetti fitofagi, a un livello sufficiente da mantenere la popolazione di pomodori vitale. Le perdite subite da una singola pianta, in altre parole, sono dannose per lei, ma non per l’intera popolazione, che anzi trae beneficio indiretto dal calo dei parassiti. “Abbiamo mostrato che l’inclusione di meccanismi come l’HIPL nei modelli genera il potenziale per inattesi effetti a livello di popolazione e comunità che possono ridurre la tendenza di estinzione e supportare la persistenza della comunità”, concludono in un comunicato gli autori.
E se è vero che è la prima volta che siamo in grado di spiegare come le piante che allontanano i loro stessi impollinatori riescano a reggere la sfida della sopravvivenza, non è certo una novità sapere della stretta interconnessione tra i membri di una popolazione di piante, dove un individuo da solo è fragile, ma “l’unione fa la forza”.
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