TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA

Ricerche più flessibili grazie ai glider

Elena Mauri, dell'OGS, ci racconta come, studiando le correnti, la salinità e altre caratteristiche fisico-biogeochimiche dei nostri mari, possiamo comprendere efficacemente fenomeni come il cambiamento climatico.

I glider sono particolari robot che permettono di compiere ricerche sottomarine. Crediti immagine: OGS

TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA – Il 70% del nostro pianeta è coperto dal mare. Nonostante questo, a oggi conosciamo molto poco della Terra rispetto a quello che sappiamo di altri pianeti, proprio perché non riusciamo ad campionare adeguatamente le caratteristiche delle masse che stanno sotto alla superficie coperta dall’acqua.

Eppure, è proprio studiando le correnti, la salinità e altre caratteristiche fisico-biogeochimiche dei nostri mari che possiamo comprendere efficacemente fenomeni come il cambiamento climatico e arginare eventuali disastri ambientali.  Con quest’obiettivo, l’Istituto Nazionale di Oceanografia si è dotato da tempo di una flotta di glider, particolari robot che permettono di compiere ricerche sottomarine e studiare parametri come temperatura, salinità, ossigeno disciolto e concentrazione di clorofilla dell’acqua. Grazie a queste tecnologie è stato possibile studiare aree chiave del Mediterraneo, come la fossa del Sud Adriatico, dove si possono osservare i processi convettivi di formazione dell’acqua profonda del Mar Mediterraneo e valutare eventuali cambiamenti della circolazione.

“I nostri studi prendono in esame alcune aree del Mediterraneo, in particolare il sud Adriatico, perché è un punto di grande interesse per capire i meccanismi di formazione dell’acqua profonda. In inverno qui, grazie all’evaporazione e alla perdita di calore, l’acqua diventa più densa e sprofonda. Quest’acqua influenza poi il Mediterraneo intero; si tratta di processi molto importanti da considerare anche in relazione ai cambiamenti climatici”, spiega Elena Mauri, ricercatrice OGS.

I glider sono strumenti estremamente sofisticati, che possono essere guidati da remoto e vengono utilizzati solitamente da OGS lungo il transetto tra Bari e Dubrovnik. “Vengono effettuate due rilevazioni annuali, una autunnale e la seconda primaverile. I dati vengono poi confrontati con quelli degli anni precedenti, al fine di valutare cambiamenti su scala temporale. Negli anni precedenti al 2017, ad esempio, abbiamo registrato la presenza di due picchi di elevata salinità lungo la colonna d’acqua che risultano essere anomali rispetto al profilo medio dell’Adriatico. L’anno scorso, dopo il processo convettivo, il profilo di salinità è rientrato nella norma ma non il continuo aumento della salinità del bacino. Stiamo ora cercando di comprendere le ragioni che possono aver determinato la presenza di queste masse d’acqua molto salate a varie quote di profondità rispetto agli anni precedenti”, spiega Mauri. Grazie ai dati satellitari e a quelli relativi alla circolazione delle acque dell’Egeo e dello Ionio, i ricercatori stanno cercando di spiegare quest’anomalia, che si è verificata per 2-3 anni di fila, ma le cui cause non sono ancora del tutto chiare.

I glider permettono un approccio molto dinamico alla ricerca, rispetto a una nave oceanografica. Sono pilotabili lungo rotte modificabili attraverso la comunicazione satellitare e hanno un’autonomia di 4 mesi trasmettendo via satellite i dati raccolti alla stazione a terra. Si spostano dalla superficie fino a un massimo  di 1000 m di profondità, coprendo fino a 24 km in un giorno “I glider possono essere messi a mare anche con condizioni meteorologici non ottimali. Raccolgono dati relativi alla colonna d’acqua fino a mille metri, che non vengono influenzati dalle condizioni meteo esterne. Permettono di abbattere i costi di utilizzo, rispetto a navi da ricerca, in quanto i glider sono strumenti messi a mare con piccole imbarcazioni e riutilizzabili per diversi anni.”

Grazie alla sofisticazione di questi strumenti, Mauri e colleghi hanno visto per la prima volta nella storia delle ricerche oceanografiche in Adriatico un fenomeno eccezionale, noto come onda interna. Si tratta di un’onda di gravità che oscilla all’interno dell’acqua invece che sulla sua superficie. Affinché un tale tipo di onda possa esistere, il fluido deve essere stratificato, vale a dire che la sua densità deve decrescere in modo discontinuo con la profondità a causa di variazioni nella temperatura; “l’oscillazione rilevata ha un  periodo di circa 24 ore e un’altezza di circa 50 m. Con una nave oceanografica, non avremmo potuto registrare dati così dettagliati, a causa della diversa frequenza spazio-temporale del campionamento”, spiega Mauri.

Il team si sta preparando alla prima missione 2018 nella regione meridionale dell’Adriatico, appena saranno terminati i campionamenti effettuati nell’area a sud di Cipro. “I ricercatori dell’OGS ritornano quest’anno a  lavorare strettamente a contatto con un team di ricerca israeliano, per raccogliere molti più dati per studiare le dinamiche della circolazione costiera e di mare aperto e per una migliore la previsione della piovosità in un area particolarmente assetata come quella medio-orientale”, conclude Mauri.

CARTA D’IDENTITÀ

Nome: Elena Mauri
Nata a: Trieste
Lavoro a: OGS
Formazione: “Master´s of Science“ in Marine Science”  presso il Moss Landing Marine Laboratories, San Jose State University (SJSU), California, USA e Laurea in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Trieste.
Il mio gruppo di ricerca: Gruppo di sistemi oceanografici remoti, Mobile Autonomous Oceanographic Systems Group
Cosa amo più del mio lavoro: la possibilità di studiare l’ambiente marino e i processi in esso coinvolti attraverso l’utilizzo di sistemi estremamente sofisticati e innovativi. Strumenti che rivoluzionano il modo di campionare e permettono di vedere cose mai viste prima.
La sfida principale del mio ambito di ricerca:  capire i processi che connettono l’ambiente costiero che quello di mare aperto e le loro ricadute in termini ecologici, economici e più in generale ambientali.

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Sara Moraca
Dopo una prima laurea in comunicazione e una seconda in biologia, ho frequentato il Master in Comunicazione della Scienza della Sissa di Trieste. Da oltre dieci anni mi occupo di scrittura: prima come autore per Treccani e De Agostini, ora come giornalista per testate come Wired, National Geographic, Oggi Scienza, La Stampa.