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Polonia: nuove ombre e limitazioni sul diritto all’aborto

Una proposta di legge vuole vietare l’aborto anche nel caso in cui il feto sia colpito da una malattia incurabile o da una grave malformazione. Ne parliamo con Krystyna Kacpura, direttrice di Federation for Women and Family Planning

Da anni in Polonia si manifesta per tutelare i diritti delle donne, ma la direzione politica sembra essere quella opposta. Fotografia di Kuba Bożanowski, CC BY 2.0

APPROFONDIMENTO- Meno di una settimana fa, in più di 60 città della Polonia, migliaia di donne sono scese in piazza per difendere il diritto all’aborto, manifestando a gran voce contro il nuovo tentativo del Governo polacco di rendere più restrittiva la legge che, dal 1993, approva l’interruzione volontaria di gravidanza entro la 24a settimana, in specifiche circostanze. Le donne polacche possono ricorrere all’aborto solo in tre casi: 1. quando la gravidanza mette a repentaglio la vita o la salute della donna incinta; 2. quando esami prenatali e analisi indicano la presenza di una grave malformazione del feto o il rischio di una malattia incurabile che ne minaccia la vita; 3. nel caso in cui il feto sia stato concepito a seguito di un abuso.

Ora si prospetta un nuovo panorama, fatto di restrizioni e di leggi atte a minare ancor più il libero arbitrio. Solo pochi giorni fa il Parlamento polacco ha respinto l’ennesima proposta per la liberalizzazione dell’aborto. La cosiddetta “legge Salva donne” avrebbe consentito di abortire senza restrizioni fino alla 12a settimana di gravidanza, offrendo un migliore accesso alla contraccezione d’emergenza, alle cure mediche e all’educazione sessuale. Un piccolo passo verso la civiltà e il rispetto dei diritti respinto dal Parlamento e ignorato dai deputati dell’opposizione, tra i quali molti astenuti o assenti in aula al momento del voto, accusati dall’opinione pubblica di aver tradito le donne polacche.

Ma non è tutto. A stringere il cerchio è la nuova proposta di legge “Stop Abortion”, già presentata in Parlamento dal partito polacco di maggioranza di destra Diritto e Giustizia (PiS), volta a vietare l’aborto anche nel caso in cui il feto sia colpito da malattia incurabile o grave malformazione (vedi punto 2). Mentre le proteste continuano e le tensioni aumentano, la Polonia, come in un amaro déjà vu, rivive i timori che, solo nel 2016, portarono al susseguirsi delle cosiddette “Proteste in nero”, a causa dell’approvazione di un disegno di legge – poi respinto – volto a vietare l’aborto in qualsiasi circostanza e che, qualora fosse stato approvato, avrebbe reso nuovamente illegale tale procedura.

Una raccolta di firme per la “legge Salva donne” che ha ottenuto oltre 500 000 adesioni. Fotografia di Federation for Women and Family Planning

Per comprendere meglio cosa sta accadendo in Polonia, abbiamo intervistato Krystyna Kacpura, direttrice di Federation for Women and Family Planning, un’organizzazione non governativa polacca attiva nella difesa della salute e dei diritti riproduttivi, che da 25 anni è in prima linea per le pari opportunità tra uomini e donne e la tutela del diritto ad una genitorialità consapevole.

Di cosa si occupa esattamente Federation for Women and Family Planning?

L’organizzazione cura molti aspetti che riguardano: l’accesso alla contraccezione; l’educazione sessuale; il diritto ad una diagnosi prenatale di qualità e alla cura del feto; il diritto all’aborto legale e sicuro; il miglioramento della qualità dell’assistenza medica delle donne in termini di salute riproduttiva, compreso l’accesso ai servizi di pianificazione familiare, ai trattamenti per la fertilità e alla prevenzione delle malattie ginecologiche.  Adeguando le politiche statali agli standard internazionali di salute riproduttiva – per esempio, rispettando le raccomandazioni del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite – sosteniamo le donne che affermano i propri diritti all’interno del sistema di giustizia polacco o internazionale. Inoltre, interveniamo attivamente nel caso in cui alle donne venga rifiutato l’accesso a servizi medici nel campo della salute riproduttiva e, nello specifico, quando a una donna viene negato l’accesso all’aborto legale. Con tutti gli strumenti in nostro possesso e attraverso campagne mediatiche istruiamo le donne, le aiutiamo ad affrontare i procedimenti giudiziari – sollecitiamo i giuristi e chiediamo giustizia -, interveniamo affinché possano godere dei loro diritti, sostenere le proprie iniziative, organizzarsi in movimenti.

Cosa sta accadendo il Polonia? Il diritto all’aborto è a rischio?

I politici hanno annunciato che intendono vietare l’aborto – oggi consentito – nel caso di grave malformazione del feto o del rischio di una malattia incurabile che ne minaccia la vita. Si tratta della motivazione alla base del 95% degli aborti legali praticati al momento in Polonia. La scorsa settimana è stata avanzata una proposta di legge “Stop Abortion” con questo obiettivo, alla quale i parlamentari stanno già lavorando. Il disegno di legge deve essere sottoposto ancora a due voti della Camera bassa, poi alla votazione della Camera alta e, infine, all’approvazione del presidente che, come ha già dichiarato, firmerà l’emendamento. La gente manifesta per le strade a gran voce: questo cambiamento equivarrebbe a un divieto totale dell’aborto. Ci sono state proteste in oltre 50 città. Solo a Varsavia hanno manifestato circa 4mila persone. La gente invia lettere aperte ai partiti dell’opposizione ritenuti in parte responsabili, a causa dell’assenteismo in aula e dell’astensione dal voto, del respingimento in prima lettura del disegno di legge “Salva donne”, che avrebbe consentito una liberalizzazione dell’aborto e maggiore tutela. Uno dei partiti dell’opposizione (Nowoczesna) ha promesso di ripresentare il disegno di legge come proposta di legge parlamentare. Nowoczesna ha proposto anche una propria legge, che non è liberale come la “Salva donne” ma accende la speranza di un dibattito più basato sui fatti in Parlamento. Con l’attuale clima politico non esiste alcuna possibilità di liberalizzazione dell’aborto ma dobbiamo continuare a lottare. Dalla Protesta nera del 2016 si è registrato un aumento storico del sostegno pubblico a favore di una legge più liberale.”

In Polonia l’aborto è stato considerato a lungo illegale. Quando nacque la prima legge a riguardo?

Fino al 1932 l’aborto fu vietato in Polonia senza alcuna eccezione. In quell’anno il nuovo codice penale autorizzò il ricorso all’aborto solo in caso di valide ragioni mediche e – per la prima volta in Europa – quando la gravidanza era il risultato di un atto criminale. Questa legge rimase in vigore dal 1932 al 1956, eccezione fatta per i periodi relativi all’occupazione tedesca e alla Seconda guerra mondiale. Nel 1956 il Sejm sancì che l’aborto potesse essere consentito nei casi in cui la donna viveva in condizioni difficili. Un’interpretazione restrittiva della legge portò, anni dopo, fino al 1993, all’autorizzazione dell’aborto solo su richiesta.

Cosa prevede oggi la legge sull’aborto?

L’attuale legge sull’aborto risale al 1993 e prevede che l’interruzione di gravidanza possa essere eseguita solo da un medico quando: 1) la gravidanza mette a repentaglio la vita o la salute della donna incinta; 2) esami prenatali o altre condizioni mediche indicano che esiste un’alta probabilità di un handicap grave e irreparabile del feto o di una malattia incurabile che ne minacci la vita; 3) ci sono motivi per sospettare che la gravidanza sia il risultato di un atto illecito. In pratica, l’accesso all’aborto è ancora più limitato a causa di procedure arbitrarie e illegali degli ospedali, esecuzione abusiva dell’obiezione di coscienza, mancanza di informazioni adeguate per i pazienti, criminalizzazione dell’aborto, ambiente stigmatizzante e un forte “effetto intimidatorio” sui medici.

L’aborto è previsto entro la 24° settimana. In ogni caso la donna ha bisogno di un certificato rilasciato dal medico (nei casi 1 e 2) o da un pubblico ministero (caso 3) che confermi il diritto all’aborto legale. Pochi ospedali hanno procedure scritte per ammettere le donne che hanno il diritto di interrompere legalmente la propria gravidanza. I medici che non vogliono emettere un parere o effettuare un aborto creano i propri “regolamenti” ai quali fare riferimento, pretendendo nuovi documenti non necessari. Esigono nuovi esami, non richiesti dalla legge, che per la donna si traducono in ulteriori spese, dal momento che non tutti i test sono rimborsabili e molti prevedono liste d’attesa lunghe, se contemplati dal servizio sanitario pubblico. Così, con il dilatarsi dei tempi, si supera il termine entro il quale poter interrompere la gravidanza per legge. Ma non è tutto. Di solito le donne devono cercare un ospedale disposto ad ammetterle in reparto. Nel 2016 sono stati segnalati solo 47 aborti legali avvenuti in ospedale, che rappresentano circa il 10% di tutte le unità di assistenza sanitaria che hanno contratti con il Fondo sanitario nazionale per servizi relativi alla ginecologia e alla maternità.

Quali sono le tecniche utilizzate in Polonia per praticare un’interruzione di gravidanza?

L’aborto legale viene eseguito in diversi modi, in relazione al periodo nel quale occorre interrompere la gravidanza. Si procede con l’assunzione di pillole abortive fino alla 7a settimana, poi, fino alla 12a, con intervento chirurgico (“Metodo di Karman o del vuoto” o curettage dell’utero). Nelle settimane a seguire si pratica l’aborto terapeutico. Quando si vuole abortire ma il proprio caso non rientra tra quelli previsti dalla legge, le donne più informate o ricche si recano all’estero, in cliniche specializzate, oppure ordinano pillole abortive tramite l’organizzazione no-profit Women on Waves. Se non conoscono fonti attendibili si rivolgono al mercato nero, senza alcuna certezza di ricevere reali pillole abortive. Le più povere o svantaggiate, relegate in piccole città o villaggi, disperate, fanno ricorso a metodi domestici davvero poco sicuri.

Esiste una normativa riguardante la contraccezione?

Gli organi dell’amministrazione pubblica e i governi locali non sono riusciti a garantire ai cittadini un facile accesso ai metodi di procreazione consapevole. La contraccezione non è sovvenzionata dallo Stato, a parte un farmaco ormonale ormai ritenuto scientificamente obsoleto. Non esistono centri di pianificazione familiare. I contraccettivi orali e le pillole del giorno dopo sono prescritti solo per legge e tali prescrizioni vengono spesso negate dai medici obiettori di coscienza. Il costo relativamente alto dei contraccettivi moderni è aggravato dal costo di una visita medica privata e da qualsiasi test medico necessario. Inoltre, i farmacisti (che non hanno diritto all’obiezione di coscienza) hanno negato alle donne l’accesso alla contraccezione e alla contraccezione d’emergenza. Il costo della contraccezione per un mese varia da 6 euro a 12 euro, a seconda del metodo. La sterilizzazione è vietata. La contraccezione d’emergenza è solo su prescrizione al costo di 30 euro.

Si può dire che le donne polacche godono degli stessi diritti delle altre donne europee?

Le donne polacche non godono della stessa libertà delle donne europee. Non hanno potere decisionale sui propri corpi e gli viene negato persino un servizio di base come la prescrizione di un contraccettivo. L’opinione e la strada intrapresa dai politici polacchi esprime un’idea molto chiara, che va al di là della mera legge: pertiene l’etica, le opinioni cattoliche personali sulla famiglia e sul ruolo della donna nella società.

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Milly Barba
Science Writer e Marketing Communications Director in ambito Informatico e tech. Copywriter e event planner, con oltre dieci anni di esperienza nell'organizzazione e promozione di festival ed eventi quali il Festival della Scienza di Genova. Activist @SingularityU Milan. Laureata in Letteratura Italiana e Linguistica, sono specializzata in Comunicazione della Scienza. Per OggiScienza curo la rubrica #SenzaBarriere dedicata a inclusione, accessibilità e ricerca.