Sense about Science: perché le evidenze contano
Sofie Vanthournout, direttrice della sezione europea di Sense About Science ci racconta le iniziative in corso.
ATTUALITÀ – Negli ultimi giorni la notizia di un nuovo test sanguigno capace di individuare precocemente fino a otto tipi di tumore sta facendo pulsare la comunità, scientifica e non. Lo studio, apparso su Science il 18 gennaio, sta suscitando un’enorme eccitazione e la speranza che, un giorno, test simili possano venire usati per controlli di routine contro il cancro. C’è chi però mette da subito l’accento sull’importanza di informare anche sui caveat di uno screening simile: è l’organizzazione no profit Sense about Science, che dal 2002 sorveglia “usi ed abusi” dell’evidenza scientifica nella società.
Sense about Science nasce nel 2002 nel Regno Unito da un’iniziativa di Dick Taverne, membro del partito laburista e ministro dal 1966 al 1970. La sua missione è quella di sostenere l’onestà e la trasparenza della ricerca, incoraggiare l’interazione tra gli scienziati e il pubblico e difendere il rispetto dell’evidenza nei dibattiti pubblici e politici. In quindici anni di impegno ha combattuto varie battaglie ed è oggi ben nota nel dibattito pubblico scientifico in Gran Bretagna, tanto che nel 2010 la direttrice generale Tracey Brown è stata nominata dal Times una delle dieci persone più influenti sul tema. Negli ultimi anni la no profit si è allargata, creando una sezione USA nel 2014, e aprendo un ufficio europeo a Bruxelles nel maggio 2016.
Sofie Vanthornout è entrata in carica come direttrice della sezione europea proprio nell’epoca in cui post-thrut e fake news vengono scelte come parole dell’anno 2016 e 2017, rispettivamente dai dizionari Oxford e Collins. Ma come c’è finita, su questa sedia? Dopo una formazione in botanica e un po’ di tempo passato in un laboratorio di ricerca, Sofie ha realizzato che le era difficile concentrarsi su di un argomento molto specifico. Così, quando le si è presentata l’opportunità di lavorare nel mondo delle Accademie delle Scienze, gli istituti nazionali degli stati membri, che forniscono consulenza scientifica indipendente alle istituzoni dell’Unione, l’ha colta al balzo. Sofie ha lavorato in prima battuta per l’Accademia Belga, poi per l’ EASAC (European Academies Science Advisory Council), una struttura che supporta e coordina il network europeo delle Accademie. Nello stesso ruolo, ha passato alcuni mesi al fianco di Anne Glover, scientific advisor del Presidente della Commissione Europea dal 2012 al 2014.
La Vanthournout ci parla con orgoglio del ruolo giocato dall’EASAC nel migliorare la legislazione che ruota intorno ai neonicotinoidi, nel 2015, raccontando che in quel caso il dibattito è stato soddisfacente sia con i politici che con gli industriali coinvolti nel tema. Ma non sempre va così. Nel suo periodo al fianco di Anne Glover ha trovato molto difficile dialogare con le varie parti a proposito degli OGM. Così, quando è venuta a conoscenza di Sense about Science, ha deciso di prenderne la rotta. L’ufficio di Sofie si propone di migliorare il dibattito sulle questioni di politica europea tra decisori, scienziati, e società.
“I politici fanno fatica a capire l’incertezza intrinseca alla ricerca, ma devono imparare a farci i conti. Vorrebbero prendere delle decisioni basandosi su evidenze nette e in tempi brevi, il che non sempre è possibile. Dall’altra parte, gli scienziati dovrebbero essere capaci di dare indicazioni utili anche nonostante l’incertezza.” Insomma, imparare a essere un po’ meno cauti, a sbilanciarsi un po’ di più. E il processo ai sismologi dell’Aquila? Sofie non ne conosce i dettagli, ma ritiene che sia necessario discutere della responsabilità degli scienziati che fanno consulenza e che rendono un servizio alla società senza averne l’obbligo. Se le conseguenze di un errore sono troppo vaste, dice, semplicemente spariranno gli scienziati disposti a dare consulenze scientifiche.
Ma la comunicazione deve migliorare anche ad altri livelli. “La ricerca dovrebbe prestare più ascolto alla società. Se le domande che i politici pongono agli scienziati spesso non hanno risposta, è anche perchè la ricerca non sempre si plasma a sufficienza sui reali bisogni della società”. E quest’ultima a sua volta, può far sentire la sua voce nel dibattito tra scienza e politica.
Il 21 giugno 2017, con la campagna “Evidence Matters in EU”, Sense about Science ha portato 100 cittadini al Parlamento Europeo, dove alcuni di essi hanno esposto le ragioni per cui le evidenze contano nella loro vita. L’azione ha voluto opporsi all’idea, sempre più diffusa nella cosiddetta società postfattuale, che per il pubblico i fatti siano irrilevanti e le evidenze trascurabili. Cittadini provenienti da tutta Europa e dal percorso molto vario (tra di loro, una produttrice di latte, un cacciatore, un insegnante, una cuoca, un ingegnere…) hanno richiesto ai membri del Parlamento il loro impegno a dare il giusto peso alle evidenze.
Sulla stessa linea, con la campagna “Ask for evidence” Sense about Science incoraggia i cittadini a mettere in discussione le affermazioni dubbie. Quelle dei politici, ma non solo: pubblicità di prodotti miracolosi e cure mediche alternative vengono regolarmente passate al vaglio attraverso il loro sito.
Un’iniziativa simile esiste anche a casa nostra: è il sito “chiedileprove.it”, ispirato proprio da “Ask for evidence” e gestito dal CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze). La campagna di Sense About Science si propone anche di aiutare i non addetti ai lavori a capire se una serie di dati è solida, se un’affermazione è credibile e giustificata o meno. A questo fine l’organizzazione ha pubblicato nel corso degli anni una serie di mini-guide, che si propongono di chiarire il dibattito a proposito di allergie, radiazioni, statistica, prodotti chimici… solo per citare alcuni temi.
Negli ultimi due anni la campagna è stata corredata di alcune lezioni video per adolescenti, volte a stimolare un approccio critico a quanto leggono in internet e non solo. Un obiettivo attuale è quello di fornire al pubblico elementi per la comprensione dei “grandi dati”, e per valutare la qualità di decisioni che si avvalgono di algoritmi informatici, utilizzati in sempre più ambiti (dalla preselezione nei colloqui di lavoro, al calcolo delle offerte di credito, fino ad arrivare a contesti medici e giudiziari), e per la loro complessità difficili da scrutinare.
Un altra campagna pezzo forte di Sense about Science è la petizione “Alltrials”, attiva dal 2013. Attraverso di essa, l’organizzazione ha mobilitato i cittadini per chiedere al governo di legiferare verso una maggiore trasparenza dei test clinici. “I risultati dei test, soprattutto quelli negativi, troppo spesso non vengono pubblicati, generando un bias che peggiora le decisioni mediche a valle.” La petizione chiede che tutti i test clinici debbano venire registrati, e che i loro risultati debbano per legge essere resi pubblici; è stata firmata ad oggi da oltre 90.000 persone e 735 associazioni. La legge Europea, modificata nel 2014, prevede che i risultati di tutti i nuovi test clinici vengano resi pubblici entro un anno dal completamento. “Un storia di successo”, secondo Sofie. Lo è davvero? A noi la caccia alle evidenze.
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