ESTERI

India, milioni di antibiotici non approvati sul mercato

Fra il 2011 e il 2012 due terzi delle formulazioni antibiotiche a dose fissa vendute in India non erano in realtà state approvate dall’ente regolatorio nazionale perché potenzialmente responsabili di aggravare il fenomeno della farmaco-resistenza

L’india ha oggi uno dei maggiori tassi di consumo di antibiotici a livello mondiale. Crediti immagine: Pixabay

ESTERI – Nei giorni scorsi un articolo a firma di un team di ricercatori della Queen Mary University of London and Newcastle University e pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology, ha denunciato un fatto gravissimo che sta accadendo in India: fra il 2011 e il 2012 due terzi delle formulazioni alla base degli antibiotici venduti in India non erano in realtà state approvate dall’ente regolatorio nazionale perché potenzialmente responsabili di aggravare il fenomeno della farmaco-resistenza, che come sappiamo sta mettendo in ginocchio parte della ricerca scientifica. In generale, l’articolo parla di milioni di antibiotici venduti fra il 2007 e il 2012, e non serve dire che quasi tutte queste formulazioni sono illegali anche in paesi usati come confronto quali Regno Unito e Stati Uniti.

I ricercatori hanno incrociato i dati sulle autorizzazioni dei farmaci da parte dell’ente regolatorio con quelli relativi alle vendite di antibiotici ottenute da PharmaTrac®, un database commerciale delle vendite farmaceutiche indiane comprendente i dati di vendita mensili di circa 5.000 aziende farmaceutiche, 18.000 distributori e grossisti, 32.000 sotto-produttori, 500.000 rivenditori e ospedali e dispensatori di medicinali in 23 regioni dell’India.

Sono state esaminate formulazioni a dose fissa (farmaci contenenti due o più formulazioni in un unica pillola) e formulazioni a dose singola. Primo risultato: nel periodo 2007-2012 in India si sono registrate ben 118 diverse formulazioni antibiotiche a dose fissa presenti sul mercato. Per fare un paragone, in Gran Bretagna e Stati Uniti se ne commercializzano solo 5 tipi. Secondo risultato, di queste 118 formulazioni il 64% (cioè 2 su 3) non era stato approvato dalla Central Drugs Standard Control Organisation indiana. Per contro – va detto – quasi tutte le formulazioni a dose singola vendute sono state approvate regolarmente.

Terzo fatto: ad averci messo lo zampino anche le multinazionali farmaceutiche, che sarebbero responsabili di aver prodotto 53 delle 118 FDC formulazioni, e per un terzo di queste non ci sarebbe approvazione. Solo 4 – infine – sono le formulazioni liberamente commercializzate nel Regno Unito e Stati Uniti perché approvate da EMA e FDA.
Queste 118 formulazioni a dose fissa hanno dato luogo infatti a ben 3307 prodotti di marca fabbricati da 476 produttori, di cui 464 indiani e 12 multinazionali. Le FDC con il maggior numero di prodotti erano: ofloxacina + ornidazolo (382 prodotti di marca realizzati da 279 produttori), amoxicillina + acido clavulanico (293 prodotti, 189 produttori) e ciprofloxacina + tinidazolo (208 prodotti, 147 produttori)

L’india ha oggi uno dei maggiori tassi di consumo di antibiotici a livello mondiale. Le vendite sono aumentate complessivamente del 26% da 2056 milioni di unità nel periodo 2007-08 a 2583 milioni di unità fra il 2011 e il 12, in particolare grazie ai farmaci a cose fissa, appunto, le cui vendite sono aumentate del 38%.

Quello dell’antibiotico resistenza è tuttavia un problema globale che difficilmente rimane entro i rigidi confini nazionali, e gli esperti sono concordi nell’affermare che per affrontare il problema è necessario che nessuno remi contro.

Certo, in casi come questo il problema non finisce qui. “È necessario – spiegano gli autori – un migliore accesso all’assistenza sanitaria per ridurre le vendite senza prescrizione, e capire perché i medici complicano i problemi prescrivendo antibiotici non approvati.”

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.