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Benefici del mare: è davvero l’aria a farci stare meglio?

Abbiamo avuto tutti un parente che, da bambini, al mare ci diceva “Respira, che ti fa bene!”. Ma a contribuire all'effetto benefico ci sono alimentazione e abitudini diverse.

Nei secoli passati l’aria di mare era vista come una panacea per (quasi) tutti i mali, dalla depressione alla tubercolosi. È anche vero che 200 anni fa i medici non avevano molte altre alternative da proporre, e a livello aneddotico sono numerose le persone che possono riferire di aver tratto beneficio nel soggiornare al mare.

In un’intervista al Wall Street Journal Thomas W. Ferkol, presidente dell’American Thoracic Society e pneumologo pediatrico alla Washington University di St. Louis, esprime il suo scetticismo riguardo al fatto che i miglioramenti vadano ascritti interamente all’aria che si respira.

A differenza di quando si è a casa, in spiaggia si è più fisicamente attivi, cosa che smuove la situazione e ci fa sentire meglio. Il rumore del vento e dell’avvicendarsi delle onde può rilassarti […], al punto da risultare in migliori abitudini di riposo”.

Respirare in riva al mare: serve davvero per lo iodio? (Cortesia immagine: Pixabay)

Questione di iodio

Si potrebbe quindi trattare di un insieme di fattori, unito al cambio sostanziale che la nostra routine quotidiana subisce quando siamo in vacanza. E per lo iodio? Secondo uno studio della dottoressa Caterina Mian, dell’Unità Operativa Complessa di Endocrinologia dell’Azienda ospedaliera e Università di Padova, l’eliminazione di iodio nelle urine – indice della quantità di sostanza assunta – è minore a Sottomarina, località balneare del Veneto, rispetto a Padova, città che non può certo vantare un affaccio sul mare.

Il professor Luca Chiovato, responsabile della U.O di Medicina generale ed Endocrinologia dell’IRCCS Maugeri di Pavia e ordinario di Endocrinologia all’Università di Pavia, sottolinea come lo iodio sia molto volatile: l’aerosol di questo elemento arriva al massimo a 3-4 metri dal bagnasciuga, può variare a seconda delle onde, del vento, ma – tenuto conto delle quantità inalate – una persona dovrebbe rimanere lì 24 ore su 24 per avere qualche effetto.

“Se si vanno a cercare degli studi solidi, gli unici che ne hanno realizzato uno sono gli irlandesi, che hanno confrontato le persone che stavano in una località di mare con quelle che invece stavano nel centro dell’Irlanda. Non ci sono grandi differenze, fatta eccezione – e questo è il punto fondamentale – per le zone di mare dell’Atlantico dove ci sono gli accumuli di alghe sulla spiaggia o sugli scogli”.

“A mano a mano che marciscono”, prosegue Chiovato, “le alghe rilasciano nell’atmosfera grandi quantità di iodio, che è quindi concentrato rispetto a quello che esce dal mare naturalmente. Le uniche differenze vere sono state trovate nelle esposizioni ai vapori delle alghe, cosa che normalmente nelle nostre spiagge non avviene. Quindi è vero che un minimo di iodio in più viene assimilato respirando l’aria di mare, ma questo non è sufficiente ad apportare la quantità che sarebbe consigliata.”

Essere al mare, però, può davvero apportare dei benefici alla quantità di iodio che assumiamo: qui è più frequente mangiare pesce o molluschi, che ne sono ricchi, oppure alimenti coltivati su terreni in cui abbonda. Si tratta di un elemento indispensabile per la sintesi di ormoni tiroidei.

Questi svolgono un ruolo determinante nelle fasi dello sviluppo e nel mantenimento dell’equilibrio metabolico dell’organismo, l’introduzione ottimale con la dieta è di circa 150 microgrammi al giorno, come suggerito anche dall’Istituto Superiore di Sanità nella sua brochure “Iodio e salute”, disponibile sul sito dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia.

Se non ne si assume abbastanza la conseguenza più conosciuta è il gozzo – l’ingrandimento della tiroide -, ma si può arrivare anche a danni a carico del sistema nervoso centrale e periferico, per il cui sviluppo gli ormoni tiroidei sono essenziali. Carenze anche lievi durante la gravidanza, l’allattamento e l’infanzia possono avere effetti dannosi per lo sviluppo del bambino.

Si stima che in Italia circa sei milioni di persone soffrano di gozzo, ovvero più del 10% della popolazione. Secondo la World Iodine Association sono circa due miliardi i soggetti che hanno un deficit di questo elemento, mentre per l’Organizzazione Mondiale della Sanità “La carenza di iodio è la più diffusa, per quanto facilmente prevenibile, causa di danni cerebrali al mondo”.

Sì, perciò, a sale iodato, pesce, crostacei, frutti di mare e latte.

Malattie polmonari

Esistono alcuni dati, però, sul fatto che respirare aria salmastra possa aiutare a ripulire i polmoni: in Australia le persone affette da fibrosi cistica hanno più volte riportato ai propri medici che riuscivano a respirare meglio dopo aver fatto surf.

I ricercatori hanno deciso di approfondire questo aspetto una decina di anni fa, somministrando ai pazienti soluzione salina ipertonica (con una concentrazione di sali superiore allo 0,9%, quindi a quella delle nostre cellule) per via inalatoria per 48 settimane. I risultati vennero pubblicati nel 2006: i malati avevano meno infiammazioni a livello polmonare e necessitavano di un minor utilizzo di antibiotici.

L’impiego della soluzione ipertonica di sale è stata infatti ipotizzata come utile alla fluidificazione dei secreti per il suo effetto “osmotico”, cioè per il richiamo di acqua che l’alta concentrazione salina induce all’interno delle vie aeree. Secondo una revisione sistematica della Cochrane Collaboration, però, l’efficacia sarebbe stata provata solo sul breve termine.

Alcuni pazienti di fibrosi cistica avevano riscontrato miglioramenti facendo surf (Immagine: Pixabay)

Altre ricerche avevano cercato di stabilire se ci fossero dei benefici anche per la bronchiolite, ma i risultati non erano stati chiari: secondo alcuni studi ci sarebbero stati dei miglioramenti, ma non c’è una comprensione chiara sul perché inalare aria salata potrebbe essere vantaggioso per patologie diverse dalla fibrosi cistica. L’idea che l’aria salata sia carica di ioni negativi in grado di influenzare la pressione sanguigna e migliorare l’umore è, invece, solo una credenza popolare.

Per chi è affetto da malattie respiratorie croniche, più che dall’aria di mare in sé, il vero aspetto positivo è rappresentato dalla presenza nelle località marine delle nostre coste di un clima temperato di tipo mediterraneo, relativamente stabile nel corso dell’anno, senza differenze termiche estreme, con estati non troppo calde e inverni non particolarmente freddi. Questo è estremamente prezioso per chi, come questi malati, risulti così sensibile agli sbalzi di temperatura.

Inquinamento

Questo non significa che il mare non abbia effetto benefico sull’organismo: il sole e l’aria ricca di ossigeno sono sicuramente salutari. Soprattutto se ci si reca in località marine piccole e lontane dalle grandi città, dove l’inquinamento è sensibilmente ridotto e la quantità di agenti irritanti e potenzialmente dannosi che vengono introdotti nelle vie aeree è minore.

Meno smog, meno polveri sottili, meno ozono (potente irritante delle vie aeree prodotto in grandi quantità dall’irraggiamento solare nelle città industriali calde e inquinate): questo contribuisce senza dubbio a fare la differenza.


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Giulia Negri
Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti.