Carte, donne e scienza
Un gioco di carte per raccontare la vita e la carriera delle grande scienziate della storia.
STRANIMONDI – Lise Meitner fu allieva e assistente di Max Planck (che di solito respingeva tutte le donne che volevano seguire le sue lezioni), fu la prima donna a diventare professoressa di fisica in Germania e, insieme a Otto Hahn, guidò il gruppo di scienziati che scoprirono la fissione nucleare dell’uranio. Ma fu solo quest’ultimo a vincere il Nobel nel 1944 per questa scoperta. Alice Ball, prima donna afroamericana a laurearsi all’Università delle Hawaii, a soli 23 anni sviluppò un trattamento iniettabile molto efficace contro la lebbra ma morì l’anno successivo. Il suo lavoro venne continuato da Arthur Dean, presidente della stessa Università, che pubblicò i risultati prendendosene tutto il merito. La canadese Maud Menten fu una delle prime donne a ottenere un dottorato in medicina ma nel Canada di inizio Novecento alle donne non era permesso fare ricerca. Si trasferì prima negli USA e poi in Germania dove iniziò a collaborare con il biochimico Leonor Michaelis, insieme al quale diede un grande contributo allo studio delle cinetiche enzimatiche e sviluppò la famosa equazione di Michaelis-Menten, che descrive l’andamento della velocità di una reazione catalizzata da enzimi.
Storie del passato che riecheggiano nel presente, visto che il problema del soffitto di vetro nel mondo della ricerca scientifica – quella barriera invisibile che impedisce a molte donne di veder riconosciuti i loro meriti – nonostante gli innegabili passi in avanti continua a essere attuale. Come dimostra il recente caso Strumia al Cern e il fatto che ancora circoli la bufala sulla minore predisposizione delle donne per matematica e scienze.
Fra i tanti modi per tentare di contrastare questo problema, l’Advanced Molecular Biology Laboratory (AMBL) dell’Università della British Columbia ha sviluppato un gioco di carte in collaborazione con il Westcoast Women in Engineering, Science and Technology (WWEST). L’idea di base è molto semplice: per vincere bisogna ottenere punti utilizzando risorse per completare progetti di ricerca, ciascuno dei quali è rappresentato da una celebre scienziata. Lise Meitner, Alice Ball, Maud Menten e molte altre ricercatrici compaiono quindi nel gioco, ognuna con la propria carta che riassume i punti principali della carriera, una serie di simboli che rappresentano le risorse necessarie per “completare” il progetto e un valore in punti, corrispondente al numero di risorse richieste. Alla fine della partita, ogni giocatore guadagnerà quei punti se sarà riuscito a completare il progetto o li perderà se non ce l’avrà fatta.
Un meccanismo semplice, nel quale si può intervenire usando una serie di carte che rappresentano il cuore tematico del gioco, poiché includono eventi legati al tema della discriminazione nel mondo della ricerca. È così possibile ostacolare gli avversari – magari eliminando una loro risorsa tramite uno Stupid patriarchy oppure rallentando il completamento di un progetto con Prove it again and again… – ma anche ottenere vantaggi con un Mentors are awesome o Diversity makes better science.
Il progetto è molto interessante e la semplicità e immediatezza delle regole, unito alla sua natura open (può essere comprato ma anche stampato gratis), lo rendono facilmente fruibile.
L’unica perplessità è che un gioco del genere, rendendo così palesemente esplicito il suo intento educativo, verrà probabilmente giocato solo da chi è già abbastanza convinto dell’esistenza del soffitto di vetro, mentre chi liquida queste discussioni come rigurgiti di politicamente corretto e femminismo difficilmente ci si avvicinerà e ancor più difficilmente potrebbe cambiare idea sull’argomento. Insomma, riesce difficile immaginarsi Alessandro Strumia che ci gioca e poi ammette di essersi sbagliato.
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