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Cerchi nel grano: da progetto artistico a fenomeno globale

Sui giornali apparvero nel 1966, ma è solo dagli anni '80 che il "misterioso fenomeno" divenne popolare. Ispirando teorie pseudoscientifiche e dando vita, poi, a un nuovo genere di turismo.

Un cerchio nel grano in Svizzera. Fotografia di Jabberocky, Wikimedia Commons.

È ormai comprovato che i cerchi nel grano – le grandi figure geometriche realizzate appiattendo le piante dei campi coltivati – non siano altro che l’opera dell’essere umano e non di un’entità aliena inafferrabile o di misteriosi fenomeni atmosferici. Nonostante ciò, a più di 40 anni dalla loro comparsa, ci sono ancora gruppi di persone che credono che i cerchi nel grano abbiano un’origine “alternativa” a quella umana. È curioso pensare come un fenomeno così radicato nell’immaginario di mezzo mondo sia, in sostanza, il frutto di una delle migliori burle del Ventesimo secolo.

I primi crop circles

Nel 1966 i cerchi nel grano occuparono per la prima volta le pagine dei giornali quando a Tuggy, in Australia, l’agricoltore ventottenne George Pedley riferì alle autorità che aveva visto un’astronave aliena alzarsi in volo. L’UFO aveva lasciato una prova inequivocabile del suo passaggio: aveva impresso la sua sagoma – simile a “un piattino” – schiacciando le piante coltivate da Pedley.

La notizia dell’avvistamento e del riscontro fornito dal cerchio nel grano giunse anche a Doug Bower, un cittadino britannico emigrato nel Queensland. Più di dieci anni dopo, rientrato in Inghilterra, Doug Bower raccontò la vicenda all’amico Dave Chorley. Fu così che, dall’estate del 1978, diedero il via a un bizzarro progetto artistico: avrebbero impresso alcuni disegni geometrici sui campi dell’Inghilterra, con lo scopo di catturare l’interesse (e le speculazioni) dei media. All’inizio le aspettative di Bower e Chorley non vennero soddisfatte ma, dopo avere raffinato i loro strumenti per creare figure sempre più complesse, nel 1980 il fenomeno misterioso dei cerchi nel grano divenne sempre più popolare.

Da progetto artistico a fenomeno globale

Emersero due correnti di pensiero che non accettavano l’origine umana dei cerchi nel grano. Da una parte c’era chi, come il fisico e meteorologo Terence Meaden, riteneva che i cerchi fossero il risultato di particolari eventi naturali, come improvvise trombe d’aria, fulmini globulari o, addirittura, vortici di plasma. Dall’altra c’era la fazione, rappresentata dall’ingegnere Patrick Delgado, di coloro i quali affermavano che i cerchi fossero l’opera di un’intelligenza sconosciuta e inafferrabile.

I due artisti non avrebbero potuto immaginare che il loro esperimento sociale avrebbe guadagnato fama mondiale in poco tempo, anche grazie a un comportamento imitativo diffuso che spinse altre persone a creare di proposito complessi agroglifi sulle coltivazioni di mezzo mondo.

Le speculazioni sull’origine aliena dei cerchi nel grano prevalsero su quelle naturali e crebbero di pari passo con gli studi e le smentite degli scettici, nel corso di un dibattito incalzante portato avanti a colpi di esperimenti, testimonianze, prove e contro-prove. Una delle domande più frequenti era “come mai non c’è alcuna notizia di queste figure prima del 1980?”.

I seguaci delle teorie sull’origine non umana e non naturale degli agroglifi cercarono qualsiasi riscontro storico adatto a rafforzare la propria posizione. Trovarono ben poco. La più antica testimonianza di un agroglifo sarebbe contenuta nel manifesto inglese del 1678 intitolato “Diavolo mietitore”.

Nell’illustrazione un demone è impegnato a mietere le spighe di grano e a disporle in terra per formare vari cerchi. Le indagini storiche dimostrarono, però, che non c’era alcuna correlazione tra i cerchi nel grano contemporanei e quelli del manifesto. La vicenda del “Diavolo mietitore” non era altro che un racconto moraleggiante denso di allegorie, parte di un filone narrativo molto diffuso ai tempi.

Il volantino del 1678 raffigurante un “Diavolo mietitore”. Ma non c’erano riferimenti ai crop circles: probabilmente si trattava di un riferimento alla disparità tra ricchi e poveri in quell’epoca.

Un esperimento sfuggito di mano guadagna l’IgNobel

Anno dopo anno, Bower e Chorley si erano resi conto che il loro esperimento era del tutto sfuggito di mano e, nel 1991, decisero di rivelare al mondo la verità. Davanti alle telecamere dell’emittente South Today, si dichiararono gli unici responsabili dell’origine del fenomeno e diedero una dimostrazione di come operassero per imprimere le figure sulle coltivazioni.

La confessione valse ai due artisti la vittoria del Premio IgNobel del 1992 e fece il giro del mondo, contribuendo a rendere i cerchi nel grano ancora più popolari e a fomentare ulteriormente gli imitatori: nel corso degli anni ’90 migliaia e migliaia di forme comparvero sui campi di grano di tutto il mondo, in molti casi come splendidi esempi di land art e in altri come trovata pubblicitaria.

A screditare ancor di più le teorie sull’origine non umana furono alcune ricerche. Individuavano i fattori che, senza ombra di dubbio, avevano una forte influenza sulla distribuzione spaziale dei cerchi di grano: la vicinanza a strade ad alta percorrenza, la prossimità ad aree densamente popolate e a luoghi d’interesse culturale e turistico.

Il turismo dei crop circles non passa mai di moda: in foto un gruppo di persone visita il cerchio vicino a Avebury Manor, nel Regno Unito. Fotografia di Brian Robert Marshall CC BY SA 2.0

Mai e poi mai è stato trovato un agroglifo in una zona difficilmente accessibile, un dato che ha fatto vacillare anche chi, mettendo da parte la teoria sull’origine aliena, sosteneva che i cerchi nel grano fossero “disegnati” dal laser estremamente potente di un oscuro satellite artificiale della NASA.

Dopo tanti anni l’intera vicenda dei cerchi nel grano si è guadagnata uno dei posti d’onore nell’olimpo della mitologia pseudo scientifica. Nonostante si tratti di un tema ormai “fuori moda”, nel mondo persistono ancora poche comunità di believers, che includono i cerchi nel grano nel vastissimo e difficilmente catalogabile universo delle pratiche New Age.

La vita moderna dei cerchi nel grano

Secondo queste persone gli agroglifi sono legati all’evoluzione spirituale dell’umanità, in altri casi nientemeno che il canale tramite il quale un essere superiore comunica con noi. O ancora, i segnali d’allarme lanciati dalla nostra madre-terra. Un elemento comune di queste interpretazioni è il considerare i cerchi come un luoghi di culto, dove organizzare ritrovi molto partecipati.

Oltre ai cultisti, i cerchi di grano ancora oggi attraggono un buon numero di turisti e curiosi che accorrono verso quei luoghi dove sono più diffusi. Una delle aree dove abbondano gli agroglifi è il Wiltshire, contea del sud-ovest dell’Inghilterra già celebre per la presenza del sito neolitico di Stonehenge. Spesso gli agricoltori e i proprietari terrieri del luogo non tollerano queste visite nei loro terreni, a causa dei danni che subiscono le coltivazioni.

Nel 2000, ad esempio, Mattew Williams è stato il primo cittadino britannico a essere multato per avere prodotto un agroglifo dopo essere entrato nella proprietà privata di alcuni agricoltori particolarmente poco propensi a ricevere queste visite inaspettate. Il turismo legato ai cerchi nel grano rappresenta un fenomeno latente e costante, come fosse un’eredità lasciata da chi, molti anni prima, aveva per primo dato il via a questo fenomeno.

Doug Bower è scomparso a 94 anni il 21 luglio 2018, dopo molti anni vissuti assieme ai suoi cari nel piccolo paese di Twyford, nel Berkshire. In sua memoria è stato istituito un fondo per le donazioni a Action on Hearing Loss, un’associazione inglese che si occupa di ricerca contro i problemi dell’udito che avevano colpito Bower negli ultimi anni.

Tra i donatori figura Wessex skeptics, il gruppo di ricercatori composto da Robin Allen, Martin Hempstead, Chris Nash e molti altri che per primi affermarono l’origine umana dei cerchi nel grano. La loro dedica è nei confronti del “primo grande circlemaker e artista”: un piccolo ma sincero ringraziamento a colui il quale, con la sua giocosa intuizione, ha messo in scena uno degli scherzi più memorabili di sempre.

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Gianluca Liva
Giornalista scientifico freelance.